Barnabo’ Visconti era un potentissimo signore di Milano, possedeva ben 5.000 cani e
obbligava le famiglie più facoltose della città a prendersene cura in casa propria. Era sposato con Regina della Scala, della potentissima dinastia scaligera veronese, talmente devota alla Veronica da far costruire una splendida chiesa sulle rovine della piccola chiesa di Santa Veronica, chiesa che poi dedicò alla Vergine e a se stessa, chiamandola Santa Maria della Scala. Era il 1380 circa, e la chiesa crebbe per prestigio e dimensioni per tutta l’era
degli Sforza, fino a quando 400 anni dopo gli austriaci ne decretarono la demolizione per far
posto ad un nuovo teatro ducale, che prendesse il posto di quello andato a fuoco presso palazzo reale. Nasceva così il Teatro alla Scala, due anni dopo la posa della Madonnina sul
Duomo di Milano. Era il 1776 e quel Teatro è divenuto probabilmente il più famoso e prestigioso del mondo, così come l’aggettivo scaligero è sopravvissuto alla dinastia
veronese che lo aveva generato ed è oggi sinonimo mondiale del Teatro.
Realizzato dal Piermarini in uno stile che sta tra il neoclassico e il barocchetto lombardo, ma
fedele alla severa austerita’ che gli Austriaci imposero a tutta la città, è divenuto uno degli edifici più iconici di Milano, pur essendo stato rimaneggiato pesantemente più volte. Le sue famose tappezzerie di seta broccata hanno cambiato colore dal blu al verde prima di
approdare al rosso scuro di oggi, e anche il suo famigerato foyer in marmo giallo di Siena e
grandi colonne classiche è in realtà un rifacimento degli anni 30 dell’ingegner Carlo Secchi, che
mise mano al precedente grazioso salone in stile rococò per dargli una solennità più in tono con le vanaglorie fasciste.
Devastato dai bombardamenti alleati del 1943 fu ricostruito quasi completamente dal grande
sindaco Greppi nel 1947.
Nel 2002 il Comune di Milano, proprietario del Teatro, commissiona un ambizioso progetto di allargamento e ristrutturazione complessiva, affidato
all’architetto italo svizzero Mario Botta, che aggiunge sul teatro con audacia misurata e pulita una grande forma cubica ed una ovale, sposando perfettamente antichità e
contemporaneità e rendendo ancora più iconico l’edificio.
Durante quei lavori vengono rinvenute negli interrati, murate nelle fondamenta del teatro,
delle antiche, semplici e belle colonne di granito quasi certamente risalenti al complesso religioso di Santa Maria della Scala, che vengono portate, assieme ad altri numerosi capitelli e marmi vari, nei magazzini comunali di Niguarda.
Proprio in quei magazzini alcuni anni dopo verrà realizzato il nuovo polo archivistico del
Comune, quella Cittadella degli Archivi che chi scrive ha l’onore di dirigere e che qualche
anno fa ha rinvenuto i marmi sotto una coltre di vegetazione che li aveva completamente
nascosti.
In occasione della settimana dell’arte 2025, alcuni di quei marmi verranno esposti negli spazi
di Cittadella assieme ad una monumentale installazione degli oltre 250 faldoni che
contengono tutto il progetto di Botta, in dialogo ispirato con tre artisti contemporanei che si
sono dedicati al libro di pietre della Scala attraverso pittura, scultura e disegno.
Mauro Baio, Federico Ferrarini e Matteo Nuti vi aspettano lunedì 31 marzo dalle 18.30 in
Cittadella degli Archivi, dove la storia inghiottita dal tempo trova anche stavolta una
occasione di riemergere e farsi conoscere dai contemporanei.
Francesco Martelli
sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
docente di Archivistica all’Università degli studi di Milano