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Una Primula sotto la pioggia

9 Febbraio 2024

Nei primi anni Sessanta, per i giovani che abitavano in località lontane da mari e monti, all’arrivo dell’estate diventava un problema come trascorrere le ore della domenica. Le vacanze estive erano iniziate, i campionati di calcio conclusi e di eventi, come tornei amatoriali di tennis o gare di nuoto nelle piscine delle locali società canottieri, neppure l’ombra. A Cremona, le sale da ballo solitamente aperte nei pomeriggi domenicali a causa del caldo restavano chiuse. All’epoca, era preclusa la possibilità di incontrare ragazze: la morale comune imponeva che le signorine di buona famiglia dovessero restare in casa. Tutt’al più, ottenevano il permesso dai genitori di recarsi, sotto controllo, da qualche amica.

I giovani non potevano fare altro che starsene, per ore, seduti ai tavolini all’aperto dei bar. Per vincere la noia, c’era chi, disponendo della macchina di famiglia, percorreva le vie cittadine di ogni ordine e grado nell’illusoria ricerca di fare qualche conoscenza femminile. Solo o con un amico inanellava giri su giri nella città vuota, a bassa velocità, perlustrando le vie principali e i vicoli secondari, all’epoca ancora percorribili dalle auto, con la speranza di scorgere qualche ragazza a cui offrire un passaggio. Pia illusione, a causa della mentalità comune di allora, che imponeva alle giovani un rigido comportamento sociale e uno stile di vita che vietava di accettare inviti anche da conoscenti. Quei giovani che, speranzosi, andavano in cerca di qualche ragazza, erano dei puri idealisti perché, nonostante fosse loro evidente lo scarsissimo successo dell’iniziativa, continuavano a cercare un incontro percorrendo le vie cittadine per l’intero pomeriggio.

Un tale, di nome Giancarlo, che lavorava nella tipografia del padre, a bordo dell’Autobianchi Primula coupé di color verde pisello, si vantava di detenere il record di 130 chilometri percorsi in un pomeriggio vagando per la città senza aver incontrato neppure una ragazza. Era uno dei più accaniti “cacciatori” ma, fallimento dopo fallimento, verso la fine di agosto si era dato delle regole da seguire per avere, secondo lui, qualche probabilità in più di successo. Non ne faceva mistero e le stava elencando, in una domenica d’agosto, agli amici seduti attorno a un tavolino del solito bar, quando si accorse che si stavano rapidamente addensando sulla città nubi cariche di pioggia. Il temporale, che stava scoppiando all’improvviso, di colpo pose fine alle spiegazioni. Giancarlo si alzò di scatto, raggiunse la macchina di corsa e, passando di fianco agli amici, si fermò, abbassò il finestrino e urlò: “Quando piove è il momento migliore” e partì accelerando.

Incominciavano a cadere i primi goccioloni e Marina, che lavorava come commessa in un negozio di abbigliamento in corso Mazzini, cercava di ripararsi sotto la sporgenza di un balcone. Aveva 23 anni, bruna, labbra sottili, occhi scuri e un corpo invitante, caratterizzato da gambe leggermente arcuate, che nella rozza immaginazione popolare erano interpretate come vogliose di abbracciare gli arti inferiori del maschio. La pioggia s’infittiva e Marina, per non bagnarsi i capelli che, cotonati secondo la moda dell’epoca, davano l’idea che avesse in testa un colbacco, accettò l’invito e salì a bordo della Primula. Dopo lo scambio dei nomi, Giancarlo si disse disposto ad accompagnarla a Casalbuttano, dove abitava. Si comportò da gentiluomo e ottenne un appuntamento per il martedì successivo, all’ora della chiusura dei negozi. Salendo a bordo la ragazza disse di essere diretta in stazione dove avrebbe preso il treno per tornare a casa. Lui prima sostò all’imbocco della Paullese, dove s’apriva uno spiazzo erboso lontano dagli sguardi, poi, a operazione ultimata, fatta inversione di marcia, imboccò la provinciale per Casalbuttano.
Al bar non lo si vedeva più. Riapparve una domenica di metà ottobre, annunciando agli amici che si doveva sposare in fretta e, distribuendo manciate di confetti che trasse da una tasca ricolma, risalì in macchina dove c’era la ragazza in attesa.

 

Sperangelo Bandera

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