Urge ripensare Cremona non solo come meta turistica, ma come luogo da vivere, da abitare

21 Luglio 2025

Prendo spunto dall’intervento del sindaco di Casale Cremasco, Antonio Grassi, sul tema della desertificazione commerciale di Cremona, per condividere alcune riflessioni personali.

Passeggiando lungo corso Campi o Garibaldi, o sbirciando dietro i portoni dei palazzi storici del centro, è impossibile non notare l’inquietante sequenza di cartelli “vendesi”: segnali inequivocabili della lenta agonia che sta colpendo la nostra città.

Non mi soffermerò sul potere attrattivo dei centri commerciali ai margini della città: grandi parcheggi, ambienti climatizzati, un’offerta vasta di negozi, cinema, bar e ristoranti. Sono luoghi dove si va per trovare tutto — anche ciò che non serve — e dove, spesso, si trascorrono interi fine settimana. Mi torna in mente il racconto di un’insegnante di lettere delle medie che, dopo aver chiesto ai suoi studenti di descrivere i loro weekend in famiglia, ricevette per lo più temi dedicati alle giornate trascorse nei centri commerciali.

Chi, come me, ha superato la “mezza età” — quella celebrata con ironia da Marcello Marchesi — ricorderà una Cremona ben diversa: viva, pulsante. Le “vasche” in Galleria con centinaia di ragazzi in cammino rigorosamente in senso antiorario, evitando con scaramanzia lo stemma a terra per timore dell’interrogazione del giorno dopo. I negozi di quartiere, dove il salumiere conosceva la tua spesa a memoria e consegnava ai nonni che non potevano scendere. Gli oratori affollati, il Supercinema e i palchetti del Politeama per i primi timidi baci, le partite degli studenteschi di basket con cori da stadio nella “Spettacolo” gremita. Una città di prossimità, dove il vicino ti ritirava la posta, ti annaffiava i fiori e si offriva di accompagnare il nonno a fare la spesa. Una Cremona che oggi sopravvive solo nei  “Te Ricòordet quant…?”.

Quella città non c’è più. I negozi di vicinato sono stati messi in ginocchio dalla concorrenza della grande distribuzione. I 3 cinema storici resistono eroicamente come il soldato giapponese Hiroo Onoda, ignaro della fine della guerra. Le famiglie si sono ristrette, i giovani se ne vanno, e i nonni – un tempo pilastri della casa – ora sono ospiti nelle RSA.

Ma non è solo nostalgia. La situazione attuale è oggettivamente preoccupante: la città si sta svuotando. I nostri figli, dopo la laurea, partono per Milano o per l’estero. Le scuole registrano meno iscritti e, presto, caleranno anche gli ospiti delle case di riposo. Gli oratori si svuotano o si aggregano, le banche chiudono sportelli e i depositi calano.

Eppure, alcuni segnali incoraggianti ci sono. L’offerta universitaria sta crescendo, attirando studenti da tutta Italia e dall’estero. Il Ponchielli e l’Auditorium Arvedi propongono stagioni culturali di altissimo livello. Le manifestazioni di piazza e i concerti estivi attraggono migliaia di persone. I nostri musei, la liuteria, le chiese, le piazze e la Cattedrale — autentico gioiello — sono ricchezze inestimabili. Anche l’Ente Fiera si sta espandendo con il progetto Infinity 1 Event Space.

Tuttavia, se tutto questo bastasse, il centro città non apparirebbe così svuotato come denuncia il sindaco Grassi. La verità è che chi viene a Cremona spesso lo fa per una visita “mordi e fuggi”, fermandosi per una giornata o una sera, senza radicarsi.

E allora è urgente ripensare Cremona non solo come meta turistica, ma come luogo da vivere, da abitare. Puntare sulla residenzialità è forse l’unica strada per invertire il declino. Due i pilastri su cui agire.

  1. Università e giovani

Abbiamo studenti che restano in città tra i 12 e i 36 mesi. Offriamo loro case, studentati, bar, locali serali, abbonamenti scontati per palestre, canottieri, sport, corsi e tirocini tramite le associazioni di volontariato. Costruiamo un ecosistema che li faccia sentire parte della comunità.

  1. Lavoro e attrattività

Il lavoro è l’altro grande nodo. Il masterplan 3C Ambrosetti ha individuato sei filiere su cui puntare: agroalimentare, metallurgia, cosmetica, servizi alla persona, bioenergie, musica. Investire in questi settori può attrarre imprese e nuovi residenti.

Ma il vero cuore della sfida è rendere Cremona appetibile per viverci. Non abbiamo il clima della Liguria, è vero, e la pianura padana ci penalizza con la qualità dell’aria. Ma Cremona è tranquilla, vivibile, a misura d’uomo. Provate ad andare in bici a Roma o Milano. Da noi non esistono ingorghi di un’ora, né semafori sincronizzati per farti fermare ad ogni incrocio. Al pronto soccorso, o in reparto, trovi ancora umanità. La sanità cremonese, con il nuovo ospedale in progetto, può davvero fare un salto di qualità.

Anche i costi sono più accessibili: gli affitti e le case costano meno che a Milano. Abbiamo 34 RSA con rette tra le più basse della regione, e strutture ben gestite. Le nostre “Canottieri” offrono svago e sport in spazi verdi e rilassanti.

Cosa possiamo fare di più?

  • Trasporti: la realizzazione del doppio binario tra Mantova e Milano, il ripristino delle corse su Piacenza e una rete di trasporto pubblico più efficiente possono incentivare i pendolari a vivere qui.
  • Scuole e nidi: Cremona ha una buona offerta educativa, dalle scuole superiori fino ai nidi. È un punto di forza da valorizzare.
  • Smart working: va favorito con infrastrutture tecnologiche adeguate.

Serve una strategia mirata che parli a target specifici: giovani coppie, famiglie con bambini, anziani in cerca di tranquillità, dirigenti che lavorano in città più grandi ma desiderano una qualità della vita migliore.

E serve soprattutto comunicazione. È fondamentale investire in un’immagine positiva della città. Bene ha fatto l’Amministrazione a promuovere Cremona in fiere e eventi. Ma oggi servono anche spot, campagne sui social, collaborazioni con cinema e tv. Penso al video di Lena Yokoyama sul tetto dell’Ospedale: ha fatto il giro del mondo, commuovendo milioni di persone. Cremona ha bisogno di raccontarsi così, con emozione, verità e bellezza.

Concludendo

Serve un manager della comunicazione cittadina, una figura che coordini strategie di marketing, interagisca con istituzioni, aziende, associazioni, Camere di Commercio ed eventi fieristici. Solo così potremo tornare a far germogliare quel “giardino fiorito” che oggi rischia di diventare un deserto.

Con speranza e amore per la nostra città,

 

Claudio Bodini

13 risposte

  1. Finalmente qualcuno che , oltre a prendere atto della situazione drammatica in cui versa la città, propone anche qualche cosa per smuovere il grande macigno. Perché tutti vediamo, le critiche abbondano, chi scrive sottolinea le responsabilità gravi dei politici nostrani. Nessuno cerca qualcosa che potrebbe essere utile. Almeno si può provare. Anche se è davvero dura, durissima. Ma il dottor Bodini sembra crederci ed è persona affidabile. Lo ascolteranno? Speriamo

  2. Tutto positivo, e apprezzabile l’ottimismo con cui il dottor Bodini individua gli ambiti su cui lavorare. Non ho capito l’accenno al nuovo ospedale: potrebbe essere motivo di richiamo a Cremona? Perché no: la nostra città potrebbe diventare una città in cui venire a curarsi, una metà di turismo sanitario. Visto che l’ospedale sarà l’ottava meraviglia del mondo, una specie di luna park, un centro commerciale e luogo di intrattenimento e relax… davvero perché no? I cremonesi senza assistenza territoriale, ma l’ospedale richiamo per altri. Solo per vedere la mirabolante struttura, però, perché dentro il personale se ne sarà andato tutto!

  3. Finalmente qualcuno che, evidentemente innamorato della nostra città, fa delle proposte senza alimentare le solite lagnanze, giustificatissime quanto inutili. Girava voce insistentemente che individuava il dottor Bodini come sindaco. Poi è arrivato il silenzio. E poi il nulla.

  4. E ‘ una vita che il cambiamento “urge” ma nessuno muove un dito da decenni. Mentre mi complimento per la lucida e ottimistica analisi, devo anche sottolineare la pusillanimità della classe dirigente. E questo non alimenta sicuramente il mio ottimismo.

  5. Il dottor Bodini fa, con merito, testimonianza e proposta in un testo che trasuda amore e bellezza per la città. La crisi del commercio cittadino ha radici profonde, che difficilmente potranno essere guarite, con ricette domestiche, a meno che la città non diventi un riferimento anche per città vicine, per un qualche segmento tipico di interesse che abbia anche un richiamo popolare, di massa, la musica, per esempio, facendone un brand, da piazzare con strategie di marketing territoriale.
    Così ripensare tutti gli spazi, per giovani sì, senza trascurare la parte più anziana della città, che è rimasta a presidiarne i luoghi. Fa tanto caldo in questi giorni, perché non trasformare luoghi inospitali in piazze climatiche sull’esempio di Bologna (dove ce ne sono 15) e altre città? Con servizi in dedicati, a partire dall’aggregazione, la salute, la cultura. Luoghi presidiati e sicuri. Sicuri.
    Potrei andare avanti, il Dr Bodini con il suo ottimismo è ispirante. Unica cosa: non credo basti un manager della comunicazione. Serve una task force. Una rete. Perché non la coordina lei Dr Bodini? Lei ha profondamente capito il senso di accudire e amare la comunità. I servizi della sua associazione si strutturano su una consapevolezza profonda della comunicazione e del coordinamento. Fa corsi di formazione di alto profilo. Allarghi la maglia, crei una costola, uno spin off, sulla comunicazione territoriale, la sua esperienza è preziosissima e dovremmo solo farne tutti tesoro. Con gratitudine.

    1. e ci risiamo… c’è sempre “un salvatore della patria” … colui che per tutti risolve i problemi.. e tutti i “leoni di tastiera” fanno complimenti e auguri a chi solo dice “bisogna far questo, bisogna far quello”, ma poi se ne stanno a casa, o a prendere il sole… tutto l’anno, non sprecando un’ora del proprio tempo per fare con altri ciò che credono sia possibile possa fare una persona che dicono “illuminata e generosa”. Prova ne è che “fare politica dal basso”, perchè è questo che i cremonesi fanno sempre meno, è faticoso, ma doveroso se si vuole uscire dalla palude nella quale Cremona metaforicamente e materialmente sta sprofondando.

  6. Troppe cose ci sarebbero da dire in merito alla lunga analisi di Claudio Bodini sulla città di Cremona. Vorrei limitarmi a parlare di ciò che di queste “variabili” conosco meglio, per averci lavorato quasi 40 anni e per essermi dedicato in questi due ultimi anni a contrastare la scelta dei politici nostrani e dei dirigenti sanitari pro-tempore della costruzione di un nuovo ospedale a Cremona.
    Ciò che emerge dallo studio prima, dopo e durante dei progetti per riqualificare l’attuale Ospedale e la successiva decisione di costruirne uno nuovo, è l’assoluta incoerenza dei dati tecnici-sanitari ed economici che hanno portato, per quanto ci è dato di sapere dalle carte che sono state fino ad ora rese pubbliche, ad escludere una riqualificazione, e a scegliere un progetto faraonico, tutto da dimostrare, ottimale e funzionale alle attività sanitarie di un ospedale, fino ad arrivare ad un ridimensionamento in questi ultimi mesi del progetto riducendo i piani da 9 a 7, diminuendo di 150 i posti letto disponibili e togliendo due aree omogenee di degenza. Tutto senza che nessuno, tranne il nostro “movimento per la riqualificazione dell’attuale Ospedale di Cremona” sollevasse obiezioni o chiarimenti e si chiedesse se a fronte di tali modifiche ci fossero ragioni sanitarie od economiche che a maggior ragione potrebbero, per noi del movimento, far ridiscutere il progetto in funzione di una migliore scelta per i cremonesi di un recupero integrale dell’attuale Ospedale, con gli stessi risultati tecnico-funzionali sanitari dell’ospedalino ora previsto a fronte di una spesa inferiore di circa 200 milioni.
    Dissento fortemente da Claudio Bodini, la comunità cittadina e nel nostro caso la comunità provinciale non è una azienda privata, non c’è bisogno come lui dice di un “manager della comunicazione cittadina” per “comunicare a senso unico ai clienti/sudditi” decisioni fondamentali che riguardano tutti indistintamente come l’adeguamento o la costruzione di un ospedale. La positività che lui auspica per la città che deriva dalla costruzione di un nuovo ospedale non è a nostro avviso una prospettiva a cui si debba arrivare con un nosocomio inteso come fabbrica della salute che “vende sul mercato prestazioni” per le quali poveri diavoli che nel loro territorio non possono usufruire decentemente del Servizio Sanitario Nazionale debbano migrare a Cremona, non certo città invidiabile e con un ambiente salubre, ma come centro sanitario efficiente e costantemente all’avanguardia sanitaria del suo personale e non attrattivo grazie al laghetto di 100 metri di diametro o alla pista ludico sportiva che dal piano campagna sale ai 35 metri del suo tetto.
    Chi si eccitava davanti al primo progetto dell’arch. Cucinella, anche per le suddette “novità fondamentali per un ospedale”, sa che ora nel progetto ridimensionato non è più stato citato ne il laghetto ne la pista d’atletica? Nessun dubbio?
    Per la sanità il manager che Claudio Bodini auspica c’è già: il Dr Ezio Belleri, Direttore Generale dell’Asst di Cremona, dal suo insediamento nel gennaio 2024 sta applicando le più sofisticate regole della comunicazione, che in realtà sono vecchie come il mondo. Per convincere, evita di affrontare “indistinti interlocutori ove si possono annidare potenziali nemici” ma sceglie accuratamente gli interlocutori, con incontri di settore.
    Informa di cose che sai loro gradite ed evita un dibattito. Belleri e Pizzetti hanno sentenziato “non si può tornare indietro”, “ora non è indubbio se fare, ma come fare”. Cadranno prima questi slogan e con loro chi li ha pronunciati o l’attuale Ospedale pubblico di Cremona? I cremonesi tutti hanno l’attiva responsabilità dell’evento.
    grazie

  7. Ho sentito ieri al TG regionale che Pavia ha incrementato e continuerà a incrementare il numero degli studenti universitari che decidono di iscriversi. Città meno grande e caotica di Milano e soprattutto meno cara come affitti e costi in generale. Per Cremona potrebbe essere altrettanto. Riempire la città di studenti di passaggio per rivitalizzarla. Vengono, restano tre, quattro, cinque anni, frequentando i centri commerciali uniche attrazioni esistenti, se si ammalano forse ( dipende dalla patologia) potranno contare su un ospedale luna park ma comunque con pochi medici, e se ne vanno dove trovano lavoro. Ci vivono finché studiano e scappano dove possono incominciare la loro vita adulta. Meglio di niente? Certo, intanto c’è chi ha già fiutato l’affare degli affitti. E chi non ha case da affittare…resta a morire senza poter contare in una città che offre qualcosa in più, in una città che muore pure lei.

  8. Ho letto con immenso piacere questo articolo!
    Da un anno e mezzo vivo a Cremona, mi sono trasferita quì, da Milano, alla ricerca di una città più vivibile, in cui poter essere serena.

    Ho 28 anni, lavoro unicamente da remoto, e ho optato per vivere a Cremona data la posizione strategica ed il costo di vita inferiore, rispetto a Milano.

    Dopo i 18 mesi passati in questa città, ciò che mi salta all’occhio è lampante:

    – Mancano posti e strutture pensate per lo smart working, o incontri di networking tra professionisti

    – I cittadini non sono pronti ad accogliere nuovi cittadini, provenienti da altre città o regioni.
    E di questo, ne ho parlato anche con alcuni coetanei nativi di Cremona.

    (Tralasciando il fatto che spesso mi è stato fatto notare che il mio accento non è Cremonese, e a questa domanda ne sono seguite molte altre, che andavano tutte verso la stessa direzione: da quando a Cremona non ci sono più solo i cremonesi, la città sta peggiorando).

    – Fare amicizia è difficile. È difficile inserirsi in un contesto sociale, mancano attività che stimolino questa azione.

    – Mancano attività e locali, soprattutto in centro, che facciano venire voglia di andare in centro.
    Una ludoteca, una creperia a tematica, un lavoratorio di ceramiche.
    Sarebbe bello se il comune o qualche ente potesse incentivare l’apertura di nuove realtà come quelle descritte, al fine di invogliare e fidelizzare anche i più giovani a visitare e restare nella città: negozi di vestiti e bar li abbiamo già al CremonaPo!

    Spero che questo commento abbia aperto delle valide prospettive.
    🙂

    1. Anni ’50. Arrivo da Roma per lavorare in un ufficio pubblico. Il mio accento tradisce la mia non cremonesita’. Ero solo, ma ho trovato moglie a Cremona, e dopo qualche anno ci siamo trasferiti nella capitale e lì abbiamo trascorso la nostra vita.Lei ora non c’è più, e io sono molto anziano. Ricordo ancora che mi è capitato di andare dal tabaccaio per acquistare le sigarette e, pur parlando in italiano, mi di faceva capire che non ero comprensibile con quell’accento forestiero. Sono stati anni duri che poi la mia futura moglie e la sua famiglia mi hanno aiutato ad affrontare. Sentire che Cremona, che è stata pur sempre un luogo importante in senso positivo per me, è ancora così mi sgomenta. Eppure ne è passato del tempo…

    2. Per chi vive a Cremona il primo vero problema, irrisolto e soprattutto ignorato ed aggravato dalla politica, è quello di continuare a vivere e a vivere in salute. La provincia di Cremona vanta valori di PM2,5 cinque volte oltre il livello massimo fissato dall’ OMS, una concentrazione senza pari in tutta la Pianura Padana (Rapporto Agenzia Eu. dell’ Ambiente 24) responsabile per la stessa ASST cremonese di oltre 100 decessi l’anno nella sola città di Cremona. Il quadro è quello descritto dall’indagine epidemiologica del dottor Paolo Ricci da cui risulta che la città registra rispetto alla provincia, che pure è al top in Europa per morti precoci da polveri sottili , “ospedalizzazioni per patologie respiratorie +14% e + 33% nei comuni limitrofi, incidenza di tumore al polmone +7%, mortalità per tumore al polmone +17% a Cremona e nei comuni limitrofi, incidenza di leucemie +23% e +47% nei comuni limitrofi, nascite pre-termine +26%, patologie tutte compatibili con l’esposizione a polveri sottili e a contaminanti ambientali”.

  9. Che descrizione di noi e della nostra città! Che tristezza! Ma purtroppo veritiera. Bisogna ammettere che Cremona e i cremonesi sono da sempre chiusi a chi arriva da fuori, prima da altre regioni, poi dal sud, e ora che i tempi sono cambiati in peggio e i problemi sono gravissimi a maggior ragione. Comunque che Cremona non offra nulla di quello di cui i giovani hanno bisogno dovrebbe fare riflettere chi pensa di risolvere tutto con gli arredi e qualche manifestazione.

  10. “Serve una strategia mirata che parli a target specifici: giovani coppie, famiglie con bambini, anziani in cerca di tranquillità, dirigenti che lavorano in città più grandi ma desiderano una qualità della vita migliore” è quello che scrive Claudio Bodini che prova a lanciare il cuore oltre l’ostacolo, ma è un salto nel vuoto perchè per rilanciare Cremona il problema non è trovare le giuste strategie e i giusti target in quanto chi desidera una qualità della vita migliore non può prescindere dalla valutazione della qualità dell’ambiente. Ed è proprio l’ ambiente il tallone d’Achille di Cremona. Nessuna strategia comunicativa può modificare il tragico dato statistico che qui ci si ammala e qui si muore come da altre parti non ci si ammala e non si muore di morte precoce, di tumori, di patologie plurime che colpiscono tutti e in particolare le fasce più fragili della popolazione bambini compresi, come documentato ampiamente dalle indagini epidemiologiche condotte tanto sulla popolazione pediatrica che su quella adulta dall’ ATS Val Padana. Non ci sono deus ex machina da invocare e cui affidarsi né ci sono soluzioni facili e comunque, prima ancora. occorre l’onestà e il coraggio di misurarsi con i dati al netto dei quali le proposte sono narrazioni o propaganda.

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