Antonio Grassi, alla vigilia delle elezioni regionali, con il suo editoriale, ci invita a riflettere su un tema intrigante: ha un futuro l’unità del nostro territorio provinciale e, nel caso, quali sono le modalità più idonee a garantirlo? Il differente tessuto economico e i conseguenti molto concreti interessi, non sempre convergenti, dei comprensori casalasco, cremonese, soresinese e cremasco, possono ancora trovare una sintesi in seno alla Provincia di Cremona? Una Provincia – per altro – depotenziata dalla “riforma” Del Rio, che l’ha resa…un’anatra zoppa, un ente di secondo livello, privato dell’elezione diretta degli organi istituzionali – con l’astruseria dei consiglieri eletti (dagli amministratori, non dal popolo) ogni due anni e del presidente eletto, invece, con la medesima modalità, ogni quattro – e con numerose competenze trasferite alle Regioni. A tal riguardo, l’auspicio è che il nuovo parlamento renda operativi alcuni condivisibili pronunciamenti di autorevoli esponenti del centrodestra – oggi maggioranza di Governo -, mettendo finalmente mano a una riforma che ridia un senso alle Province; diversamente, meglio andare fino in fondo e abolirle, restare a metà del guado non serve, anzi porta con sé solo inefficienze e costi.
Tornando al cuore del problema posto da Antonio Grassi, occorre far tesoro di un dibattito già intervenuto e già archiviato – senza che, almeno per ora, abbia portato frutti significativi -: quello relativo alle ‘aree vaste’, tema che, nel 2016, vide confrontarsi la classe politica locale, con i fautori della ‘Provincia del Po e del Mincio’ (Cremona-Mantova, qualcuno pensava di inserire pure Lodi), coloro che vagheggiavano un’area (poco) vasta costituita dall’aggregazione tra il Cremasco e l’attuale Provincia di Lodi, i sostenitori dell’ingresso del Cremasco, sempre unitamente alla Provincia di Lodi, nell’Area Metropolitana di Milano, per i lodigiani un…ritorno a casa.
Ebbene, nulla di tutto ciò è decollato e, in assenza di una nuova cornice normativa che lo consenta, nulla si concretizzerà anche in futuro; certamente, credo di poter dire che molte vicende ed esperienze, nel frattempo intervenute su diversi versanti, abbiano dimostrato come lo sviluppo dell’intera Provincia di Cremona passi attraverso un suo rafforzamento politico ed economico in seno al contesto regionale e, quindi, nel rapporto con il capoluogo lombardo, con Milano, più che con il Sud della Lombardia e con Mantova, la quale, fatalmente, continuerebbe a depauperare, in termini di ruolo e di funzioni, la stessa città di Cremona.
Consiglio, quindi, ai consiglieri regionali uscenti che si ricandidano e a coloro che si propongono per la prima volta, a chi in Regione Lombardia ha avuto rilevanti responsabilità anche grazie all’apporto elettorale del Soresinese, del Cremonese, del Casalasco e delle relative categorie economiche, di contenere i ‘voli pindarici’ e, semmai, di dare attuazione, non solo nel Cremasco, all’art. 9 dello Statuto dell’Ente di area vasta, costituendo “aree omogenee” similari in tutti i comprensori di cui si compone la Provincia di Cremona, per esaltarne le specificità e promuoverne le istanze. Del resto, si tratterebbe di recuperare – mutatis mutandis – una tradizione consolidata, nel nostro contesto provinciale e regionale: ai tempi della DC si chiamavano ‘circondari’, oggi ‘aree omogenee’.
Antonio Agazzi