Sshhh..! fate silenzio, e state attenti a non far rumore calpestando le frasche. Venite, venite con me in questo bosco, ma con religioso rispetto, perché qua stiamo entrando in un bosco sacro con spiriti inquieti e inquietanti! (foto 1 centrale). Anzi, il più sacro di tutti, e non solo per il nostro pianeta, ma anche per l’intero universo. “Fate silenzio” dunque, come disse agli umani la Veggente del Voluspa’,mentre raccontava a Wotan (Odino) la storia della creazione del mondo, ma anche la sua fine tremenda, il crepuscolo degli dei. Fate silenzio perché qua si parla di Yggdrasill, l’albero più venerato di tutti, asse e sostegno del mondo, la sua colonna reggente, il gigantesco frassino primordiale, ben anteriore alla nascita dell’uomo, anzi suo progenitore.
Più ancora l’Albero Cosmico, delle cui vicende narra lo scrittore islandese Snorri Sturgesson (1179-1241) nell’Edda, grandiosa opera di mitologia norrenica. Culto diffuso, quello dell’Albero Cosmico, vedi l’Irminsul (l’Universalis columna quasi sustinens omnia) della mitologia dei sassoni/germani.
Fate silenzio dunque, perché in questo bosco vivono i suoi discendenti, alberi poderosi alti fino a 45 metri e longevi fino a 300 anni, quelli della specie più eccelsa e maestosa (Fraxinus excelsior L.). Ma prestate bene attenzione, non solo alle insidie del bosco, ma anche a questi alberi perché non è facile trovarli. Essi infatti non amano fare boschi puri, bensì confondersi con le altre essenze che qua sono prevalenti, in particolare il noce (Juglans ssp) e l’acero (Acer campestre L.). Il noce tra l’altro potrebbe anche ingannarci, simulando di essere l’albero sacro per le foglie dispari (imparipennate): diverse coppie di foglie alternate con una singola all’apice, ma non tanto nella specie tipo ,Juglans regia L., (foto 2) ,che ha le foglie più grandi e con margine intero e spesso arrotondato all’apice, quanto nella specie americana Juglans nigra L., le cui foglie hanno il bordo seghettato come quelle del frassino nel quale tuttavia sono opposte. Il frutto del noce poi ancora sui rami o già caduto sulle foglie del sottobosco, dirimerà ogni dubbio.(foto 3)
Ecco ci siamo, finalmente l’abbiamo trovato il nostro frassino (foto 4 /5)
Bosco sacro dicevo perché qua ogni foglia, ogni gemma, ramo del frassino trasudano divino, e si realizza quella privilegiata comunicazione tra 1) l’abisso 2) la terra abitata dagli umani e 3) l’Empireo, la dimora celeste degli dei, perché l’albero, con la sua verticalità, percorre e unisce tutti questi mondi. Nell’abisso Yggdrasill affonda le sue tre radici. La terza arriva fino a Niflheim, la dimora dei morti ove scaturisce la fonte Hverlgemir, origine di tutti i fiumi che irrigano la terra e la rendono abitabile.
L’acqua sotterranea proviene dunque dal Regno dei morti. Ma l’albero cosmico sa produrre l’acqua anche in maniera stupefacente attirando il fuoco, cioè i fulmini, che portano le tempeste con le loro piogge torrenziali.
Sotto la seconda radice scorre la sorgente di Mimir, che dà scienza e conoscenza, ma l’accesso ad essa è proibito dal suo geloso custode.
E’ sotto la prima, tuttavia, che scorre la fonte più sacra di tutte, e su cui veglia Urdhr, la più vecchia delle Norne, le inquietanti Filatrici, simbolo dell’ineluttabilità del destino che solo loro possono determinare e di cui il nostro frassino è testimone. Inizialmente Urdhr era unica, poi comparve in tre come le Moire greche e le Parche romane: assimilazione del mito nelle diverse culture. Analogamente rappresentano le tre fasi lunari: 1) crescente 2) piena 3) calante , che scandiscono la vita della natura e corrispondono alle tre età della vita: 1) giovinezza 2) maturità 3) vecchiaia.
Le Norne bagnano in continuazione il frassino affinché non abbia a seccarsi, e nella fonte tutto torna alla purezza e al candore primigenio: è la fonte dell‘eterna giovinezza, attorno a cui gli dei si radunano a consiglio.
Ma l’albero cosmico è continuamente minacciato dal gigantesco serpente Nioggrh che ne rode la terza radice, a sua volta attaccato dall’aquila, protettrice del frassino, che vigila anche l’orizzonte dall’alto dei suoi rami per avvertire gli dei dell’arrivo dei giganti, i loro eterni nemici. Fantastica metafora del mondo quale ambito della lotta perenne tra le forze della Vita e quelle della Morte , tanto più acerrima quanto più si respira la sacralità e che trova tragica conferma in quanto sta accadendo nei luoghi ritenuti i più santi della Terra.
Ma che significa Yggdrasill? Significa corsiero di Ygg, altro nome di Wotan che è innanzitutto dio della guerra, ma che è diventato anche dio della saggezza e della conoscenza occulta. Per acquisire questi poteri ha dovuto morire a se stesso, attraverso tre prove iniziatiche, due delle quali in stretto rapporto col frassino, la prima e la terza.
Per accedere alla fonte della conoscenza di Mimir, lui già monocolo ha dovuto cedere l’ unico occhio a Mimir diventando cieco. Secondo altri invece gli avrebbe ceduto l’occhio destro, venendo così rappresentato come il dio guercio.
Ma è la terza prova, la più spettacolare. Wotan si impicca all’albero sacro per nove giorni e nove notti finché si trafigge mortalmente con la lancia. S’è vista un’analogia col sacrificio del Cristo crocifisso, trafitto dalla lancia del centurione. Gesù però muore per redimere il mondo, Wotan invece per acquisire poteri magici.
“E allora se Yggdrasill è il corsiero di Wotan, la cima del frassino diventa la sua cavalcatura, ma anche il suo patibolo!” Perciò il frassino è chiamato l’albero degli impiccati. E infatti le vittime sacre a Wotan venivano impiccate agli alberi.
Con la sua morte Wotan scopre le Rune, il linguaggio segreto dell’aldilà. Dall’alto dell’albero “guarda e spia sotto”. Ma come, visto che è cieco o privato di un occhio? In realtà lui guarda con gli occhi dell’anima, l’unica parte vitale in grado di scoprire i segreti dell’universo. Wotan è diventato quindi un veggente, che per tradizione era cieco. Così è rappresentato Omero, il più grande cantore dell’antichità. La cecità d’altronde era la “condicio sine qua non” per diventare veggenti, ma anche castigo per aver visto ciò che non si doveva vedere. Tiresia fu fatto cieco dopo aver visto la dea Atena al bagno. Edipo si cavò gli occhi dopo aver visto i suoi crimini. Singolare poi che in un noce che fa compagnia al frassino nel nostro bosco, fu trasformata la profetessa Carya da cui prende il nome un genere di questa pianta. Non so se fosse anche cieca.
Grazie alle rune Wotan risusciterà, ma poi morirà definitivamente, durante il cataclisma universale Ragnarok, divorato dal lupo Fenhir. Anche il grande frassino trema ma sa resistere alla grande tempesta, finché non compariranno cieli e terra nuovi. Non solo, Yggdrasill porta in gestazione un uomo e una donna, i progenitori di una nuova umanità, che nasceranno dal legno del frassino primordiale.
L’uomo si chiama Askr che significa frassino e la donna Embla che significa olmo. La nascita dell’umanità dal legno, associato spesso alla Pietra sacra , è un mito comune in molte civiltà. Albero e roccia sono stati a lungo considerati “serbatoi di spiriti pronti ad incarnarsi”, ma mentre la pietra è statica, soggetta alla graduale frantumazione, l’albero è soggetto a cicli di vita e di morte, essendo dotato “dell’incredibile dono della perpetua rigenerazione”. Simbolo dunque della vita dinamica.
” Serbatoi di spiriti” , mmh.
Ad un certo punto in questo bosco quando andai la prima volta mi sentii pervaso da una sorta di disagio interiore, l’emozione incominciava a salire, inspiegabilmente. Era come se qualcuno “mi guardasse e mi spiasse” dall’alto. E in effetti mi accorsi che tanti occhi stavano puntati verso di me.
Occhi? Ma certo, ecco l’occhio di Wotan scolpito nell’albero sacro (foto 6). Alcuni sovrapposti. Che fossero gli occhi dei volti straziati delle sue vittime, a lui sacrificate per impiccagione? (foto 7) (foto 8). Queste incisioni umanoidi del legno per contagio si estendevano dal frassino agli altri alberi del bosco. Quest’altra poteva rappresentare il volto martoriato di Ettore (foto 9), il grande eroe troiano trafitto a morte con una lancia di frassino da Achille. Una lancia talmente pesante che solo un semidio come lui poteva sollevare e far vibrare nell’aria.
Quest’altra ancora poteva sembrare il drago Fafnir ucciso da Sigfrido con Gramr, la “spada nella roccia” in realtà un ceppo di frassino, la roccia. Spada donata da Wotan a chi lui solo Sigfrid sapeva estrarla dal ceppo per poi uccidere il drago. (foto 10).
Questi altri occhi potevano rappresentare le vittime dei sismi cagionati da Poseidone, dio greco del mare e a cui il frassino era consacrato, nel tentativo di riappropriarsi di quella terra che invece dal padre era stata donata a Zeus. (foto 11/12)
E quest’ultima gli occhi furiosi della dea Nemesi, (foto 13) ” colei a cui non si può sfuggire “, mito ereditato dalla ninfa Adriastea. Nemesi, la dea del frassino ma anche della vendetta o meglio della “giustizia divina” , che implacabile colpiva chi aveva violato impunito le sue leggi.
Rimasi di sasso, ma tutt’altro che angosciato da queste apparizioni, grazie anche alle quali avevo compreso che la profonda e perenne sacralità stava nell’esistenza dei boschi stessi, delle loro essenze arboree, meravigliosa opera della Creazione, perché senza di loro non ci sarà sopravvivenza per l’umanità.
Stefano Araldi
6 risposte
Lettura piacevole e istruttiva che richiama antichi miti ormai dimenticati, ma che sottolinea l’importanza della sacralità degli alberi e della natura.
Grazie all’autore che attraverso la mitologia ci ha regalato una lettura accattivante.
Concordo pienamente con la conclusione dell’articolo: la vera “sacralità” sta nell’esistenza dei boschi, fondamentali per l’equilibrio naturale e quindi per la nostra stessa sopravvivenza.
Che cos’ è, un lunghissimo sogno in cui riaffiorano gli approfonditi studi dell’ autore? Una favola? La storia di qualcuno che inoltrandosi in un bosco si trova a contatto con esseri viventi del regno vegetale? Le conoscenze sono molte e molto particolari.
La ringrazio per le sue domande. E’ un po’ tutto quello che dice, contenuto nella mitologia della natura antica, vichinga in particolare , relativa al frassino e che è volta a recuperare il senso della sacralità della natura , nell’integrazione tra tutte le specie viventi, uomo compreso, di cui s’è perso il valore nella civiltà moderna e delle cui conseguenze era ben consapevole il famoso antropologo Claude Lévi-Strauss che, da buon profeta, venne a dire : “Isolando l’uomo dal resto della creazione,l’umanesimo occidentale l’ha privato di una vernice protettiva” , quella della conoscenza dei propri limiti, per cui ” credendosi onnipotente, s’è messo a distruggere se stesso”.
Una bella passeggiata tra botanica e mitologia.Mi è piaciuta.
Un altro articolo molto suggestivo, caratterizzato dall’abilità dell’autore di condurre il lettore ad esplorare mondi differenti: dall’epica alla botanica!!!! Grazie anche perchè il racconto rivela grande competenza e qualità e ciò fa sì che la lettura sia sempre molto scorrevole e alquanto piacevole!