Wenders: un uomo solo e la poesia delle piccole cose

24 Gennaio 2024

Da uno a dieci… Dieci. Vedere un film di Wim Wenders è già essere consapevoli di trovarsi di fronte a un’opera d’arte. Non è come sedersi e assistere alla proiezione di un film qualsiasi. Così si sprofonda nel buio della sala e in quello delle immagini sullo schermo gigante: poche parole, tanti chiaro scuri, ombre, luci, azioni, rituali che si ripetono a sottolineare la vita di un uomo che pulisce i bagni pubblici della città. Non sono bagni qualunque, sia chiaro, sono un’opera di design che li rende accattivanti, sono il simbolo della cultura dell’accoglienza giapponese, ci si dimentica dell’uso a cui sono destinati. Alcuni a due passi dalla natura, altri immersi nel caos della metropoli; sono il luogo in cui un uomo svolge la propria mansione con attenzione e dedizione, quasi un culto quotidiano.

Le giornate del protagonista sono scandite da operazioni scrupolose: il letto da ripiegare, le piantine da spruzzare, i baffi da spuntare in uno spicchio di specchio, la colazione che cade in lattina da un distributore automatico. Quando si alza, Hirayama guarda fuori dalla finestra e cerca il cielo; quando apre la porta lo cerca con lo sguardo e abbozza un sorriso. Da fuori la sua casa è misera, nulla a che vedere con gli scintillanti grattacieli di Tokyo; dentro è una poesia di decoro e pulizia. La telecamera ce la mostra all’inizio buia e parziale, l’essenziale per sottolineare le azioni ripetute dall’uomo. Poi indulge in sempre più numerosi particolari e i libri e la musica la colorano in modo ordinato. Legge Faulkner ma anche le scrittrici giapponesi. Conosce le parole gentili dei commercianti e dei ristoratori del quartiere. Ascolta tanta musica degli anni ’70, utilizzando nastri che le giovani generazioni non sanno come infilare nel mangiacassette, oggetti tanto sconosciuti quanto rivalutati al botteghino dei negozi di vinile.

Parla poco Hirayama, sorride agli alberi, fotografa gli alberi, sogna gli alberi in bianco e nero: la dimensione onirica occupa lo spazio dei suoi riposi. Coglie una piccola piantina spuntata su un tronco per prendersene cura e salvarla insieme a sé stesso, quasi un Marcovaldo a Tokyo. La torre più alta della città lo skytree cambia colore e svetta sulla vita di tutti, ma a Hirayama non sfugge il più piccolo germoglio, il disagio di un barbone, il pianto di un bambino, l’affetto inaspettato di una nipote che preferisce la sua piccola casa piena di cura e di libri e fotografie stampate da un rullino all’agio della limousine guidata dall’autista della madre.

La poesia delle piccole cose, la sicurezza di un mondo di persone varie e umili fanno la vita di un uomo che sembra solo, ma che in realtà sa essere compagno garbato persino di uno sconosciuto mentre insieme calpestano le ombre in un estremo rigurgito di vita.

 

Alessandra Fiori

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