Non è necessario girare un capolavoro per offrire ad un gran numero di spettatori un serial gradevole e coinvolgente, che si propone di contribuire anche, senza fare la voce grossa, ad un miglioramento del clima culturale e della sensibilità civile del pubblico. Bastano l’aggancio ad un luogo comune della letteratura per i giovani (il legame di una banda di ragazzi con il loro quartiere, un piccolo mondo stile I ragazzi della via Paal), la presenza di cattivi ben definiti socialmente ed economicamente (un gruppo di speculatori che vogliono smantellare il quartiere, il Barrio, cioè la Barona a Milano), un pizzico di magia e un vago sentore di horror che si accentuerà nella prossima serie, il fantasy di un ragazzo che può diventare invisibile, ed un modello cinematografico ben consolidato, Il ragazzo invisibile, appunto, di Gabriele Salvatores. Ne deriva Zero, il bel serial presente sulla piattaforma Netflix, che può contare su altri punti di forza: uno humor gradevole, e un modo molto suggestivo di filmare Milano, nei suoi luoghi deputati, visti dal protagonista mentre percorre vicoli e piazze sulla sua bicicletta da rider.
Zero è tutto questo, in una confezione presentata con eleganza, ed abile nel provocare empatia verso un milieu di emarginati, che in strada non degneresti di uno sguardo: e da qui il soprannome che il protagonista – un nero islamico – si è imposto: Zero, appunto.
Ma la di là del piacere del racconto, gli sceneggiatori e i vari registi che si sono alternati, si sono posti un’altra, e più alta, ambizione, che di fatto costituisce il cuore ‘civile’ della serie, e la distingue da un semplice prodotto di consumo.
In Zero, la storia d’amore è rigorosamente interrazziale, con una protagonista deliziosa, Beatrice Grannò, e una banda di ragazzi di colore, che si mescolano con assoluta disinvoltura con personaggi bianchi, dividendosi equamente virtù e vizi. Ci sono neri buoni e neri cattivi, così come accade nella realtà. Quello che conquista di questo prodotto, al di là del piacere della storia, è appunto la presentazione senza enfasi di questi nuovi italiani, del tutto simili ai vecchi, se si eccettua il colore della pelle, non poi così essenziale. Il protagonista vive in uno spazio (la sua camera, con scrivania e computer) non così diverso da quello dei suoi coetanei, fa un lavoro precario come loro, litiga volentieri con un padre che sembra non capire, vive un amore contrastato, si allea con gli amici contro un mondo di adulti. Cambia, si diceva, il colore della pelle…
Se questa Italia, già attuale, è come quella del futuro, è proprio così diversa? E così preoccupante? Il serial risponde di no, con decisione: sarà un paese uguale, forse migliore, non certo peggiore.
Vittorio Dornetti