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Candidato, uno dei cento, ad entrare nello staff del sindaco ho assistito con un certo disagio (e nessuna sorpresa) all’iter di scelta di Capo di Gabinetto e Portavoce. Da tempo, anche per questioni personali, sono convinto che sia quasi impossibile conciliare, in maniera assoluta, politica e regole morali, trovandone forse una giustificazione nell’imperativo dell’efficienza.

Ma al primo cittadino, in questa occasione, non serviva molto, bastava chiarire, sin da subito, che si trattava di nomine fiduciarie e tali sarebbero state. Evitando la farsa sgradevole di una manifestazione di interesse, l’idea di voler premiare merito e competenze. Questo senza voler nulla togliere ai due vincitori, purtroppo annunciati ancor prima che uscisse un bando quasi plasmato a dovere. (ndr: rispettivamente Michela Cotelli e Rosolino Azzali).

Anche la sinistra dovrebbe aver capito e metabolizzato che non è più attuale (o non è più in grado di riproporre) il “mito della diversità”, proclamato circa mezzo secolo fa da Berlinguer, secondo il quale il partito comunista era l’unico veramente distante da dinamiche di potere utili a favorire la propria parte o i propri uomini.

Così come – la maggioranza di Palazzo Comunale – dovrebbe riflettere sul riuscire a declinare concretamente le sfide del “lavoro” e del “merito”.

Non è possibile stupirsi se a un bando per due posizioni (per di più prestigiose) partecipano un centinaio di candidati. Credo che molti di più ce ne sarebbero stati se non fosse stato di pubblico dominio che presentare la domanda era del tutto inutile.

A Napoli, per cinquecento posti da spazzino, si sono presentati in ventiseimila (e tra loro oltre mille laureati). A Legnano, per otto posti nello stesso ruolo, sono arrivati in milleduecento. Quella del “lavoro” è una emergenza trasversale e nazionale, soprattutto tra i giovani. A cui non si può rispondere fingendo una trasparenza che, invece, fa emergere tutt’altro.

Perché i parametri selettivi – in questo caso della nomina dello staff del primo cittadino  – non hanno certo tenuto conto dei curriculum. E  non c’è stato alcun colloquio (come sembrava dal bando) per i profili più elevati. Insomma la negazione della (inutilmente) millantata meritocrazia.

Lo sanno bene anche i rappresentanti dei partiti di maggioranza. Diversamente non avrebbero scelto di dare la comunicazione strategicamente a ridosso del Ferragosto, per di più dopo aver dichiarato sulla stampa – a poche ore all’annuncio – che sarebbero serviti una decina di giorni per le valutazioni del caso.

Il fumo negli occhi non va bene, è inutile se comunque la realtà è ben nota ed  è pure fastidioso se i nomi “in pectore” sono già stati denunciati (giustamente) dalla minoranza.

La trasparenza è alla base del patto con i cittadini, alimenta la loro fiducia.

Occorre capire se si sia trattato di un fastidioso inciampo o se sia, invece, un modello operativo diffuso.

Purtroppo non si riesce ad affermare con certezza che, per il centrosinistra cremonese, valga la prima ipotesi. Alimentano i dubbi il bando per portavoce del precedente sindaco, indetto, poi cancellato (e alla fine arrivato a una assegnazione fiduciaria). O la stessa pagina (non certo felice) del sovrintendente al Ponchielli.

In questo modo si alimenta l’antipolitica, si distrugge la fiducia verso gli amministratori. Occorrerebbe fare il contrario, anche in funzione di una vittoria arrivata sul filo di lana e per pochi voti.

Se allarghiamo gli orizzonti, poi, il tema è ben più grave e preoccupante, non solo per chi aveva ambizione di entrare nello staff.

Il mandato amministrativo richiederà scelte coraggiose, difficili e impopolari, in cui occorre scegliere tra istanze diverse senza riuscire in una mediazione. Ma è il prezzo da pagare se davvero si vuole rilanciare la città e aiutarla a superare criticità che sono sotto gli occhi di tutti.

Come faranno i cittadini a credere – se guardano a questo bando – che, su decisioni che riguardano tutti, si sceglierà sempre il bene comune e non quello di una parte più vicina al gruppo dirigente?

C’è bisogno di una politica semplice, che sappia ascoltare le esigenze dei cittadini, che li ascolti e li rispetti. Si deve affermare l’etica della responsabilità sul cinismo della furbizia (che in questa pagina di scelta dei ruoli di staff si allunga come una ombra minacciosa).

Dopo le belle parole, dopo i valori proclamati, servono i fatti.

Lettera firmata

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