La nebbia e la neve a Cremona a maggio. Può sembrare assurda questa prima frase, ancor più se la colleghiamo alla coccinella.
Uno dei miei ultimi articoli riguardava un fungo, la Sarcoscypha coccinea , il cui nome di specie, il secondo, è dato perché richiama la coccinella nel colore rosso scarlatto.
Nel regno vegetale, dal punto di vista etimologico, esiste qualcosa di simile,e cioè il Cotinus coggygria Scop.1771, un nome, quello di specie, che può sembrare una distorsione barbarica del termine cocciniglia, un colorante naturale che sempre alla coccinella rimanda, ma derivato da insetti diversi e omonimi,
Già, ma la nebbia e la neve cosa c’entrano? E quel colore poi?
E in effetti il rosso sembra non solo il colore, ma anche il carattere dominante,visto che già Plinio chiamava col nome di genere, Cotinus, arbusti selvatici dell’Appennino dal legno rosso e dalla resina purpurea.
Cotinus non è altro dunque che un rafforzativo per ribadire l’importanza del colore nella pianta in questione e che si può trovare anche in altre parti quali ad esempio le foglie e i loro piccioli che, varietà rubre a parte dove sono rosse tutto l’anno, nascono verdi in primavera per poi arrossire stupendamente d’autunno (foto 1 centrale).
Pure i rametti nascono verdi e quindi diventano rossi con l’età, ma con tutto questo che vi ho appena descritto, apparentemente la nebbia non c’entra un bel niente! E la neve men che meno!!
E allora? Vi sto tirando a verze?
Niente affatto, perchè il soggetto che produce l’effetto nebbia è proprio questo, e anche il colore rosso in quell’effetto ben si inserisce.
Ad altra parte della pianta però va ricondotto e a cui rimanda anche un’altra denominazione scientifica, quella di Rhus cotinus, dove Rhus deriva dal celtico Rhudd che significa rosso, ma riferito al colore delle infruttescenze.
Tutto parte in realtà dai piccoli fiori bianco giallastri a cinque petali a stella, (foto 2, 3) i quali sono accompagnati dal minuti steli dei fiori sterili, precocemente caduchi, che si intrecciano variamente tra di loro e si propagano in mille diverse direzioni, a formare un ammasso chiomato, vagamente rotondeggiante o piramidale, per lo più informe, quindi leggiadro, etereo e avvolgente; è proprio per queste caratteristiche che è stato accostato alla nebbia,da cui il nome di albero della nebbia. (foto 4, 5)
Il fenomeno ha poi un’evoluzione cromatica davvero sorprendente.
Con la fecondazione, per lo più anemofila,dei piccoli fiori ermafroditi, i petali si dileguano lasciando il posto a un piccolo frutto, reniforme o piriforme, all’apice di un sottile peduncolo che via via si allunga e di colore variabile dal rosa al violetto, a sua volta bordato da fini peli bianchi che nella visione a distanza contribuiscono a rendere nebuloso, indefinito, l’aspetto della massa vegetazionale (foto 6,7,8.9).
Una suggestione scenografica davvero magica e unica, originalissima, a richiamare quel fenomeno della nebbia che nel caso in questione ha una costante: non il colore, grigio in natura e qua variabile dal bianco al violetto, bensì la forma assolutamente informe!!
Se poi capita di trovarsi lì in una fresca mattina, si possono vedere le gocciole di rugiada che colano dalla pianta richiamando la nebbia che si liquefa e quindi svanisce, a completare magnificamente l’opera. (foto 10).
Ebbene questa meravigliosa, incredibile crescita arbustiva, la più sviluppata che conosca in città, si trova in via.. No, la via non ve la dico per scaramanzia, visto che quando mi venne in mente di segnalarvi lo splendido Ligustro cinese del quartiere Castello, quasi in contemporanea venne completamente tagliato.
Pertanto chi ne sarà interessato, se l’andrà a cercare. Cremona non è Milano e vale il proverbio “chi cerca trova”.
Ho parlato però anche della neve. E dove sta? In altra via cittadina notai quest’imbiancata del marciapiede e come fiocchi di neve venir giù dal cielo.(foto 11). Il prato vicino al marciapiede era completamente ricoperto come da batuffoli di cotone più che da neve (foto 12), ma il cotone non viene giù dal cielo così copioso. Eppure. (foto 13). .Di cotone proprio si tratta ed è talmente straordinario questo fenomeno che ne parlò persino Fellini all’inizio del suo Amarcord: “Le manine”, questi piumini, “sono su e l’inverno non c’è più”. Così disse!
Le manine, fantastica manifestazione primaverile, ci ricordano la stagione appena trascorsa, quasi a volerci dire che le stagioni sono collegate tra di loro. Altro non sono, questi piumini, che i semi dei frutti di pioppi neri Populus nigra L., liberati dalle loro capsule e provvisti di peli bianchi e cotonosi che ne favoriscono la dispersione e quindi la disseminazione sul terreno ove, dopo aver ‘girovagato’ nell’aria, prima o poi si depositano.
Altra magia, dopo quella dell’albero della nebbia, che ci dona la nostra pianura padana. Anzi, la nostra città!
Stefano Araldi