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GLI EDITORIALI DI ADA FERRARI

E’ follia ripetere le stesse cose aspettandosi risultati diversi. Non saprei più sinteticamente commentare la notizia che il prossimo 18 gennaio a Milano nascerà su iniziativa della premiata ditta Delrio-Prodi-Castagnetti l’ennesima Comunità Democratica. Altamente simbolica  la data del battesimo: la stessa del celebre ‘Appello ai liberi e forti’ con cui Luigi Sturzo fondò nel 1919 il Partito Popolare. Motivazione ufficiale: dar voce e maggior incidenza ai cattolici che, ormai a disagio nel Pd a trazione Schlein, rischierebbero. senza un provvidenziale intervento ‘umanitario’, di perdere l’anima finendo nel sulfureo baratro della Destra. Si perde il pelo ma non il vizio di ritenere che  quando un cattolico vota a sinistra obbedisce a una vocazione, quando vota a destra è vittima di un equivoco. A naso si direbbe la più classica operazione correntizia: più quote di potere per la componente cattolica del Pd. Esigenza collocata sul più nobile sfondo di un innegabile problema di ben più complessa portata: far pesare di più l’incidenza morale del cattolicesimo negli indirizzi della società contemporanea. Dici niente.

Avvolto in prudente riserbo tuttavia resta il risvolto operativo dell’iniziativa. Vigilia di divorzio o di più modesta separazione in casa? Realistico supporre che restino nel Pd sondando nel contempo umori e condizioni per andarsene e dar vita a un nuovo centrismo in grado di attingere ai famosi due forni. Idea non originalissima. In presenza di assi pigliatutto, ieri Berlusconi oggi Meloni, è ricorrente la tentazione di complicare la geografia politica sabotando un bipolarismo faticosamente raggiunto e posizionandosi al centro. Il fatto è che fin troppi ci stanno pensando, a cominciare da Giuseppe Conte, rapidamente transitato da acclamato‘vendicatore del popolo’ a meditabondo vendicatore di se stesso.

Anime inquiete, alla ricerca di un irraggiungibile equilibrio politico religioso, i fondatori di Comunità Democratica parrebbero inclini a una riedizione della già sperimentata Margherita. Rischi e suggestioni di un ‘deja vu’  che ci riporta ai tempi in cui la politica era un pittoresco manuale botanico di Ulivi, Querce, Margherite con qualche tenera irruzione zoologica. Tipo il partito dell’Asinello che al finire degli anni ’90 Arturo Parisi copiò dai democratici Usa e  Prodi cavalcò nelle Europee del 1999.

Ma veniamo al dunque, cioè al programma che pare guardare in tre direzioni. Riaffermare un’idea d’Europa come l’intendeva De Gasperi. Fronteggiare il drammatico crollo di natalità. Attribuire più autonomia ai Comuni attraverso un non meglio precisato ‘municipalismo spinto’,  Quanto al primo punto non sia irriverente chiedere dov’erano le truppe cattoliche del Vecchio continente quando una Comunità a trazione ideologica francese e agnostica decideva di espellere dal marchio identitario della civiltà europea l’impronta primaria della matrice cristiana. Quanto all’emergenza del nostro crollo demografico, innegabilmente presente anche all’agenda del centro destra, che dire?  Che quando una società non vede più la differenza fra un figlio e un cane ed esibisce cuccioli in carrozzina con tanto di copertina rosa o azzurra, qualcosa di molto serio è successo nelle teste e nel costume. Qualcosa che pur utili iniziative di sostegno economico alle famiglie ben difficilmente potranno con pieno successo contrastare. Quanto al ‘municipalismo spinto’, evidente eco di posizioni sturziane, confesso  qualche inquietudine all’idea che a metter mano alla delicata materia sia quel Graziano Delrio che con l’indimenticata legge del 2014 sfasciò le Province generando nel concreto delle competenze amministrative una cascata di complicazioni e incertezze.

Ultima considerazione. I fondatori di Comunità Democratica non si risparmiano certo quanto a dichiarazioni di religiosa devozione a Sturzo e De Gasperi, pietre miliari del cattolicesimo politico italiano. Il che induce i non del tutto sprovveduti ad almeno un paio di domande. La prima affaccia su un vespaio: ha ancora senso nel terzo millennio incrociare identità confessionale e politica e dunque ragionare nei termini Otto-novecenteschi di cattolicesimo politico?  La seconda non può evitare il dito sulla piaga, cioè su quel che storicamente furono i rapporti fra Sturzo, De Gasperi e la sinistra democristiana. Quella  di stare coi piedi ben piantati nei ranghi del Pd e insieme pretendersi eredi di due statisti di fermissima pregiudiziale anticomunista appare, nonostante l’abilità dialettica degli interessati, un’audace pretesa di far quadrare il cerchio.

E’ noto che De Gasperi fu letteralmente martirizzato dalla sinistra cattolica che gli diede assai più amarezze che sostegni proprio mentre con biblica tenacia rimetteva in sicurezza il Paese dopo il disastro bellico. Quanto a Sturzo amico dell’America, liberista, favorevole al mercato e avverso allo statalismo. sono celebri le sue invettive contro la sinistra democristiana e la sua fauna di apparenti asceti, in realtà implacabili divoratori di potere. Bersaglio preferito era la corrente di Base specie per il sostegno dato ad Enrico Mattei, in cui Sturzo vedeva il portatore di pericoloso “virus mussoliniano” e l’iniziatore di rischiose confusioni fra politica e affarismo.

Dubito molto che da lassù stiano oggi tifando per il successo di un revival cattocomunista.  Ciò detto, e qualunque sorte tocchi al guanto di sfida lanciato a Schlein e soprattutto a Meloni, diamo atto a Romano Prodi, vedovo ottantacinquenne di sorniona e indomita fantasia politica, di aver già vinto ben più difficile sfida. Quella con una legge statistica che vuole Vedove Allegre e scontrosi vedovi condannati a inesorabile declino. Persino madre natura si arrende a quanto pare a quell’immortale e avvincente mistero di biodiversità che è e resta la leggendaria sinistra Dc.

 

Ada Ferrari

 

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