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Il governo ha previsto un documento aggiornato per un’eventuale futura, possibile emergenza sanitaria: il nuovo Piano nazionale pandemico è pronto, ed è stato inviato il 19 febbraio alla Conferenza Stato-Regioni per essere esaminato, a distanza di cinque anni dalla data di inizio della pandemia covid (ndr: nel 2020 vigeva un documento emanato nel 2006 come “Piano nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale” che aggiornava e sostituiva il precedente del 2002 noto come “Piano italiano multifase per una pandemia influenzale”)

Il piano,  che avrebbe copertura economica in Finanziaria, viene sintetizzato in un recente dispaccio Ansa. Innanzitutto, partendo dai vaccini, il documento ne riconosce l’importanza per il contrasto delle pandemie, ma allo stesso tempo mette in chiaro che questi non potranno “essere considerati gli unici strumenti per il contrasto degli agenti patogeni, ma andranno utilizzati insieme ai presidi terapeutici disponibili”.

In caso di reale e grave rischio della salute pubblica per una patologia respiratoria che si sta diffondendo nella comunità, sarà necessario disporre di misure combinate che includano test, isolamento di casi, tracciamento dei contatti e la messa in quarantena degli individui esposti. Ogni genere di misura adottata dovrà periodicamente essere aggiornata in base alle circostanze locali e alle caratteristiche epidemiologiche e cliniche dell’infezione e ad altri fattori come l’immunità della popolazione, la capacità dei servizi sanitari e la disponibilità di contromisure mediche efficaci come vaccini e terapie.

Durante la pandemia da covid-19, i partiti che adesso sono a Palazzo Chigi avevano spesso sottolineato un uso improprio dei Dpcm (decreti del presidente del Consiglio dei ministri), atti amministrativi e non legislativi, per imporre le regole da seguire per fermare il contagio. Con questo documento si fa in modo che ciò non debba più accadere. Viene infatti escluso “l’utilizzo di atti amministrativi per l’adozione di ogni misura che possa essere coercitiva della libertà personale o compressiva dei diritti civili e sociali”. Si procederà dunque “solo con leggi o atti aventi forza di legge e nel rispetto dei principi costituzionali” nel caso in cui si debbano imporre “misure temporanee, straordinarie ed eccezionali”. Per atti aventi forza di legge si intendono decreti legislativi e decreti legge.

Come successo durante la pandemia da covid, “in caso di necessità” il Piano prevede la nomina di un commissario straordinario all’emergenza, “un ufficiale nominato dal governo che agisca in deroga alle disposizioni ordinarie e per un tempo determinato, allo scopo di far fronte a eventi straordinari attraverso poteri esecutivi speciali”.

Il testo riportato dalla agenzia Ansa parla poi del “conflitto che potrebbe eventualmente insorgere tra la sfera privata e quella collettiva” in caso di pandemia, circostanza che “rende necessario operare in ottemperanza al principio di trasparenza”. Per questo, si mette nero su bianco che “le informazioni saranno divulgate dalle istituzioni preposte, tanto al personale medico-sanitario, quanto ai non addetti ai lavori, in maniera tempestiva e puntuale, attraverso piani comunicativi pubblici e redatti in un linguaggio semplice e chiaro”. Ogni cittadino dovrà infatti essere informato “sulla base di evidenze scientifiche  in merito alle misure adottate, in modo da poter comprendere il significato e il valore delle azioni che ciascuno può compiere per la promozione della propria salute e di quella collettiva”. Quindi, “è necessario informare debitamente la popolazione in modo che sia pienamente consapevole delle misure di sanità pubblica e degli atti medici individuali per cui è previsto per legge un consenso informato”.

Infine, sono tre gli scenari di rischio considerati in caso di pandemia: due sono dovuti a virus influenzali e sono considerati più probabili e meno impegnativi in termini di organizzazione sanitaria, mentre l’ultimo considerato poco probabile, pur non potendo essere escluso, è legato ad agenti patogeni gravi.

Fermo restando che quando si parla di patogeni gravi si intendono quegli agenti per la maggior parte di origine virale e provenienti da un serbatoio animale, va anche detto che alcuni di questi sono limitati geograficamente a una certa area anche se, come più volte affermato, sarà proprio la capacità di creare un corretto equilibrio epidemiologico tra patogeni e ospite (uomo) in grado di evitare sanguinose pandemie. In termini poco scientifici, ma chiaramente divulgativi, l’equilibrio perfetto risponde alla frase: “Se io non do fastidio a te, tu devi fare altrettanto con me”.

In natura esistono circa 1,7 milioni di virus ancora non studiati nel mondo animale e almeno la metà, 850.000, potrebbero trasferirsi all’uomo secondo quello che viene chiamato spillover. Si stima infatti che il 60% di tutte le malattie infettive siano legate al contatto con gli animali. Gli allevamenti intensivi, la deforestazione (negli ultimi anni persa quasi la metà delle foreste del nostro pianeta), il commercio illegale di animali (in Europa con un incremento di circa il 7% e un valore di commercio globale tra i 10 e i 23 miliardi di dollari l’anno) e il riscaldamento globale hanno alterato l’ambiente naturale, avvicinando l’animale selvatico, i virus e l’uomo. 

Alcuni virus sono più pericolosi di altri, ossia hanno una maggiore probabilità di contagiare l’essere umano. L’elenco è contenuto nel documento denominato “Pathogens prioritization: scientific  framework for epidemic and pandemic research preparedness” (OMS, maggio 2024) che comprende 42 virus patogeni a cui se ne aggiunge un altro definito Patogeno X di cui al momento non si conoscono le caratteristiche ma che gli esperti stanno monitorando per le particolari potenzialità pandemiche. Per questi patogeni è stata stilata una graduatoria che classifica i virus sulla base di 32 fattori di rischio che potrebbero facilitare il passaggio dall’animale all’uomo. I primi 12 posti della classifica sono occupati da virus che causano zoonosi note, come Ebola e SARS-Cov-2. Ma alle posizioni più basse, iniziano a comparire virus che non sono mai stati rilevati nell’uomo, ma che in futuro potrebbero infettare la nostra specie. In testa ci sono i coronavirus 229E e PREDICT CoV-35, che appartengono alla stessa famiglia virale del SARS-CoV-2 e infettano i pipistrelli in Africa e nel sud-est asiatico (https://www.vitares.org/it/).

La maggior parte degli studi di monitoraggio sui nuovi virus sono focalizzati sui pipistrelli, che sono portatori sani di molti patogeni, incluso SARS-Cov-2. I ricercatori hanno scoperto di recente anche un nuovo ceppo virale appartenente al genere degli alfa-coronavirus nei pipistrelli ribattezzato HCQD-2020 in grado di infettare altri ospiti tra cui alcune specie come cammelli, maiali, cani e gatti e  popolazioni pediatriche affette da polmonite limitatamente al territorio della Malesia. 

I pipistrelli non sono gli unici animali a destare preoccupazione. Tra gli altri animali più studiati, come potenziali serbatoi di virus, figurano anche arvicoleprocionicanifurettivisoni e altri animali da allevamento, come mucche e maiali. I roditori, in particolare, sono noti per essere importanti portatori o serbatoi di numerosi virus zoonotici come l’encefalite equina occidentale, il virus della coriomeningite linfocitica (LCMV), la febbre emorragica con sindrome renale, la malattia da virus Apoi, la febbre emorragica di Omsk e il vaiolo bovino dell’epatite E. Una review pubblicata recentemente su Viruses (SDAV, the Rat Coronavirus-How Much Do We Know about It in the Light of Potential Zoonoses Bartak M, et al, 2021, 13(10),1995) esplora il potenziale zoonotico di un altro coronavirus chiamato Sialodacryoadenitis virus (SDAV), che causa una malattia respiratoria nei ratti.

Queste informazioni non devono provocare timori di imminenti pandemie pestifere, al contrario stimolare a un comportamento improntato al rispetto dell’ambiente che vale per tutti. L’osservanza di queste regole sarà di beneficio per tutta l’umanità. 

 

Fernando Cirillo

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