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La Cucina Italiana ha ottenuto dall’Unesco il riconoscimento di Patrimonio immateriale dell’umanità. La decisione ufficiale è arrivata da New Delhi, dove si è riunito il Comitato Intergovernativo chiamato a valutare le proposte giunte dai vari governi. È la prima volta che l’Unesco concede tale riconoscimento, non ad alcuni aspetti o peculiarità, bensì a una cucina nazionale nella sua interezza. La proposta italiana è stata formalizzata tramite un dossier presentato dalle comunità formate dall’Accademia Italiana della Cucina, dalla Fondazione Casa Artusi e dalla rivista La Cucina Italiana; è stata poi presentata ufficialmente dal Governo italiano».

«Il successo non era così scontato perché l’Italia è talvolta vista, specialmente dai Paesi più poveri, come una nazione di mangioni che non pensano altro che al cibo e che parlano di cibo mentre mangiano – ha commentato, appena appresa la notizia Paolo Petroni, presidente dell’Accademia Italiana della Cucina. Poi ci sono rivalità e gelosie storiche e antipatie politiche di vario tipo. Detto con franchezza, tutto questo insistere, da parte di Associazioni e di alcuni politici, sui vantaggi economici che deriverebbero dal riconoscimento Unesco, con cervellotiche stime sull’aumento del Pil e dei guadagni di aziende e ristoranti, non solo non dà una buona immagine, ma oscura il vero significato del riconoscimento, che è eminentemente culturale e degno di infinite tradizioni locali che nell’insieme formano il mosaico della nostra cucina. Ciò detto e ciò ottenuto, l’Accademia deve adesso dimostrare di essere interprete di questo grande risultato. Ogni Delegazione e Legazione dovrà quindi “festeggiare”, come meglio crede questo prestigioso riconoscimento, invitando le nostre autorità diplomatiche all’estero e le nostre autorità amministrative in Italia, nonché tutta la stampa, per evidenziare il ruolo ricoperto dall’Accademia”.

«Adopted!» e cioè «Accolto!». Così l’Unesco ha ufficializzato la Cucina italiana come Patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Un riconoscimento che arriva dopo altri specifici come, ad esempio, l’Arte del pizzaiuolo napoletano. A deciderlo è stato il Comitato intergovernativo, riunito poco fa a Nuova Delhi, in India.

Tra i presenti alla cerimonia il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani per il Governo Meloni, già in India per rafforzare le relazioni politiche ed economiche con il gigante del Sud-est asiatico.

In un videomessaggio, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato: «Oggi l’Unesco ha riconosciuto la Cucina italiana Patrimonio dell’umanità. Siamo i primi al mondo a ottenere questo riconoscimento, che onora quello che siamo e la nostra identità. Perché per noi italiani la cucina non è solo cibo o un insieme di ricette. È molto di più: è cultura, tradizione, lavoro, ricchezza. La nostra cucina nasce da filiere agricole che coniugano qualità e sostenibilità. Custodisce un patrimonio millenario che si tramanda di generazione in generazione. Cresce nell’eccellenza dei nostri produttori e si trasforma in capolavoro nella maestria dei nostri cuochi. E viene presentata dai nostri ristoratori con le loro straordinarie squadre. È un primato che ci inorgoglisce, e ci consegna uno strumento formidabile per valorizzare ancor di più i nostri prodotti e proteggerli con maggiore efficacia da imitazioni e concorrenza sleale. Già oggi esportiamo 70 miliardi di euro di agroalimentare e siamo la prima economia in Europa per valore aggiunto dell’agricoltura. Questo riconoscimento imprimerà al Sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi. Il Governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo risultato. Ma è una partita che non abbiamo giocato da soli. Abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano, insieme ai nostri connazionali all’estero, insieme a tutti coloro che nel mondo amano la nostra cultura, la nostra identità e il nostro stile di vita. Oggi celebriamo una vittoria dell’Italia. La vittoria di una Nazione straordinaria che, quando crede in sé stessa ed è consapevole di ciò che è in grado di fare, non ha rivali e può stupire il mondo. Viva la cucina italiana! Viva l’Italia!», ha concluso Meloni.

Dal canto suo Antonio Tajani ha sottolineato come «si vince quando c’è un grande gioco di squadra e l’ingresso della cucina italiana quale patrimonio immateriale dell’Unesco ci incoraggia a fare ancora di più. Ogni ricetta della nostra cucina racconta i territori, promuove una dieta mediterranea sostenibile ed equilibrata, è innovazione e uno straordinario volano di crescita e prosperità».

Sui social, anche il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini ha festeggiato «la cucina italiana Patrimonio dell’umanità Unesco! La prima nel mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. Un premio alla nostra filiera agroalimentare che ci riempie di orgoglio e di soddisfazione — ha scritto —. Dobbiamo essere custodi e promotori di questa eccellenza, apprezzata e imitata ovunque. Alla faccia di chi vuole metterci cibo da laboratorio e insetti nei piatti: viva la nostra cucina, viva le nostre tradizioni».

Massimo Bottura, in diretta a «È sempre mezzogiorno», la trasmissione di Rai 1 condotta da Antonella Clerici, ha ribadito come «la cucina italiana è unica al mondo nel suo genere. Non è solo un insieme di piatti o ricette, ma è un rito d’amore, un linguaggio fatto di gesti, di profumi e sapori che tengono unito un Paese intero. Attorno a una tavola apparecchiata l’Italia si riconosce: lì si condividono sogni, si litiga si fa pace, si tramandano memorie. Lo spiegai all’apertura del Refettorio di Parigi. Per noi non è solo nutrirsi: è prendersi cura dei familiari, degli amici, dei nostri ospiti nei nostri ristoranti o nei nostri Refettori. Ogni regione custodisce una propria grammatica del gusto: un modo diverso di unire la farina all’acqua, l’olio alla luce, il tempo alla pazienza. In questa biodiversità di paesaggi, culture e tradizioni, sta la nostra vera ricchezza. La cucina italiana è un patrimonio immateriale vivente: costruito giorno dopo giorno da milioni di mani di contadini, casari, allevatori, artigiani, cuochi. Riconoscerla come Patrimonio dell’Umanità significa riconoscere la sua forza nel creare legami, nel costruire comunità e nel restituire dignità. Perché quando il gusto incontra la memoria non è più solo cucina: è cultura, è l’Italia che ogni giorno si rinnova cucinando per amore».

Per Niko Romito, chef del tristellato «Reale» a Castel di Sangro, L’Aquila, «la cucina italiana rappresenta soprattutto una responsabilità: questo riconoscimento ci ricorda che la nostra cucina non è solo un insieme di ricette, ma un patrimonio vivo fatto di territori, gesti, tecniche e identità. Come cuoco significa dare ancora più forza alla ricerca, alla sostenibilità, alla purezza del gusto. È un invito a custodire e allo stesso tempo a innovare con consapevolezza». Tra le strade più efficaci per valorizzare e tutelare la cucina italiana nel mondo, secondo lo chef e imprenditore, «ora più che mai servono tre cose: formazione, filiere e comunicazione autentica. La mia cucina nasce dall’Abruzzo: dalla montagna, dalla sobrietà dei sapori, dalla natura che ti obbliga a essere essenziale. Questo territorio mi ha insegnato a togliere, a cercare l’essenza, a costruire gusto senza sovrastrutture.  L’Abruzzo resta il mio punto di partenza, ma il dialogo è ormai globale».

Stando alle parole rilasciate a Adnkronos da Heinz Beck, chef del tristellato «La Pergola» di Roma, «non c’è nessun Paese che ha così tanto da raccontare come l’Italia in materia di cucina. Questo riconoscimento, però, servirà ad accendere un ulteriore focus sul made in Italy agroalimentare. Non parliamo di un’unica cucina, ma di tante regioni, di tante ricette e tradizioni e poi di tanti prodotti e soprattutto di svariate tecniche. E se qualcuno riduce la cucina italiana a pasta e pizza, oggi si deve ricredere. La cucina italiana è molto di più: è cultura e tradizione, ha un patrimonio immenso e si merita veramente questo riconoscimento. Nell’evolvere, è importante che non dimentichi la sua identità. E fondamentale che racconti sempre cose nuove, belle e interessanti, ma il nostro bagaglio culturale culinario non dovrebbe essere mai dimenticato quando mettiamo mano alle nostre ricette».

«La cucina italiana, un patrimonio di gesti secolari da tutelare e tramandare che appartiene a tutto il Mediterraneo. Il simbolo di questa cultura? Tonno e conserve. L’innovazione? Recuperare e conservare quei gesti che ci appartengono». Pino Cuttaia, chef del bistellato «La Madia» di Licata, Agrigento, che ha fatto della contaminazione e del recupero del gesto antico la propria missione, ha definito «straordinario» il riconoscimento Unesco, «giunto — come spiegato all’Adnkronos — anche grazie al lavoro di colleghi come Massimo Bottura e di altri che, dalla Spagna alla Francia, hanno fatto squadra, consapevoli che la cucina italiana non è solo un patrimonio dell’Italia: è un patrimonio che appartiene a tutto il Mediterraneo perché contiene anche i loro gesti. Per la posizione dell’Italia, per la sua storia, per le contaminazioni che l’Italia ha avuto, questo patrimonio collega tutto il Mediterraneo attraverso gesti simili, gesti comuni che ci appartengono, dalla Spagna al Portogallo, dalla Grecia alla Tunisia. Gesti che sono stati tramandati attraverso le contaminazioni. La cucina italiana patrimonio Unesco vuol dire preservare e proteggere quei gesti secolari, un know how da tutelare». «L’innovazione — ha concluso Cuttaia — sta proprio nel recuperare quei gesti e conservarli perché abbiamo un patrimonio gastronomico da proteggere». Un patrimonio ricchissimo e variegato, ma se dovesse scegliere un simbolo di questa antica tradizione, Cuttaia non ha dubbi: «Tonno e conserve. Con il tonno che migra dallo stretto di Gibilterra al Mediterraneo», simbolo stesso della contaminazione, e le conserve, simbolo di gesti antichi, «dal cappero al pomodoro, dall’oliva alla bottarga, dall’acciuga ai carciofini alla cipolla, patrimonio delle coste di quel bacino del mediterraneo che diventa patrimonio italiano ma non solo. Secoli di storia da difendere che ne hanno fatto un patrimonio Unesco».

Gennaro Esposito, chef del bistellato «Torre del Saracino» di Vico Equense, Napoli, a La Presse ha fatto sapere che «con questo riconoscimento vengono premiate tutte le passate generazioni che hanno fatto cucina anche nei momenti difficili della storia del nostro Paese, quando si è fatto cucina con poco, quando si è fatto cucina con una matrice di semplicità, di povertà, addirittura. Oggi abbiamo più libertà di espressione, più prodotti, più strumenti, più tecnologia, e non dobbiamo fare altro che sublimare quella quella matrice».

Nella foto centrale Paolo Petroni

 

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