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In politica il confine tra un giudizio sereno e ponderato e un altro istintivo e fazioso è assai labile. L’oggettività è un orpello. L’unanimità, sospetta e pelosa, è spesso veicolo per uno scambio di favori, funzionale a evitare morti e feriti sul campo di battaglia. Sistema più rapido e meno compromettente per estinguere cambiali politiche in sospeso, sconosciute alla maggioranza dei cittadini. Escamotage per spartirsi la torta senza litigare in modo plateale, ma solo per finta. Trucco per chiudere il cerchio nel segno del bene comune con un accordo già deciso prima di accapigliarsi.  Convergenza di intenti vantaggiosa per la città, per il territorio e per i suoi abitanti, ma nel contempo favorevole ai due contendenti. 

 Il reale e l’apparenza cangianti e intercambiabili, fluidi e instabili si compenetrano, quindi difficili da distinguere. Cremona è maestra in questa mutazione costante, esempio sommo di adattamento e omeostasi.

 Tra gli ignari, i più boccaloni sono quei militanti di partito privi della password per l’accesso a quelle catacombe esclusive dove si decide la politica locale. Club per pochi eletti, transpartitico, non sempre è ammesso il segretario di turno del partito. Troppe volte di facciata. Troppe volte portavoce.  Troppe volte è ventriloquo dei frequentatori dei sotterranei. Degli unti dal signore con l’accesso alla nicchia ecologica, habitat del deep state of the poor casalingo e sfigatello. 

 Brutta copia del potentissimo omologo nazionale e internazionale che condiziona governi e stati, il deep state di casa nostra è specializzato nella spartizione delle poltrone nei consigli di amministrazione delle partecipate e nell’assegnazione delle cariche in enti pubblici. Consorteria di personaggi sfuggenti e abili, stipula accordi non sempre immediatamente comprensibili al volgo, ma molto chiari e vantaggiosi per chi li sottoscrive. 

In politica non esiste la verità, dominano le opinioni, le quali non godono di eccessiva considerazione.  Per cinema e letteratura «sono come il buco del culo, tutti lo hanno». A questa verità di fondo ognuno ci aggiunge aggettivi e considerazioni dettate dalle circostanze e dalla sensibilità personale. 

Lo scorso maggio gli amministratori comunali di Cremona avevano approvato con 24 i voti a favore e 4 gli astenuti (Vittoria Loffi, Pasquetti, Rosita Viola e Paola Tacchini) la richiesta al ministero di inviare l’esercito dell’operazione Strade sicure a presidiare la stazione ferroviaria e quella degli autobus. L’accondiscendenza del Pd verso la proposta di Fratelli d’Italia aveva lasciato perplessi alcuni osservatori politici neutrali, esterni ai giochi di potere.  Dubbi alimentati anche dal feeling, scoppiato nei mesi precedenti, tra alcuni rappresentanti di spicco dei due partiti sulla divisione dei pani e dei pesci in alcune società partecipate. Spartizione fallita per la diffidenza dei soci, probabilmente meno scafati dei promotori dei nuovi assetti societari ma, a differenza delle apparenze, non con l’anello al naso. Non disponibili a seguire capipopolo sulla via del tramonto, con le polveri scariche e con l’esercito di Franceschiello. 

Cremona non è la periferia degradata di una grande città metropolitana, ma un borgo di provincia come tanti.  Chiamare le forze armate a presidiarla sarebbe risultato eccessivo per chiunque avesse analizzato la situazione senza pregiudizi e preconcetti.  La relazione del colonnello Paolo Sambataro, comandante provinciale dei carabinieri, durante la festa dell’arma il 5 giugno e le iniziative prese in questi mesi dal prefetto Antonio Giannelli hanno dimostrato con i numeri l’inutilità della militarizzazione della città.  La bocciatura di una Cremona blindata ha confermato l’incapacità della classe politica locale di affrontare il problema sicurezza e l’ha spedita dietro la lavagna, un tempo luogo riservato agli studenti delle elementari lazzaroni, petulanti e scassapalle.   

Ma gli scambi di favori tra maggioranza e minoranza in politica sono scritti sulla sabbia: durano il tempo della bassa marea e della bonaccia.  Quando l’acqua si alza e le onde s’ingrossano, vengono cancellati. 

Il sedativo somministrato da carabinieri e prefettura, i conti lasciati in sospeso hanno determinato  la fine della luna di miele tra Pd e fratelli d’Italia e scatenato la guerra dei Roses. Lo scazzo di questi giorni sulla carenza di agenti tra il sindaco Andrea Virgilio e il plotone  di Fratelli d’Italia (La Provincia, 8 novembre) certifica che l’accordo sui militari in città  era una strategia di distrazione di massa, un ballon d’essai. Un trucchetto di bassa lega per mascherare l’inadeguatezza di maggioranza e minoranza ad  affrontare un accenno di emergenza. 

Il ministro della difesa Guido Crosetto ha gettato sale sulle ferite e inferto il colpo di grazia alle richieste eccessive e reazionarie del consiglio comunale. È stato lapidario. «Penso che i 6.800 militari in strada sul territorio nazionale debbano tornare al lavoro originario» (Il sole 24 ore, 4 novembre). 

Ma l’inadeguatezza di una classe dirigente si misura dalle piccole cose.  I dettagli fanno la differenza, anche per un politico o un pubblico amministratore. E le dichiarazioni pubbliche  sono qualcosa di più di una minuzia. Più sono approssimative e abborracciate, maggiore è la possibilità  di perdere autorevolezza.  

Per il 28, 29 e 30 novembre la Società dei Militi, con il patrocinio e la collaborazione del Comune di Cremona, ha organizzato il primo Pasolini Festival Cremona

Su Cremonalibera del 7 novembre il sindaco Andrea Virgilio ha elevato un peana al poeta- scrittore-regista. Una lode sperticata all’intellettuale tout-court.  «La nostra città – ha sottolineato – ha avuto l’onore di accoglierlo, quando da giovane insegnò nelle scuole e condivise la vita culturale della nostra comunità».

 Carta e penna e due conti semplici, facili da eseguire senza calcolatrici e si scopre che qualcosa non torna.  Pasolini è nato il 5 marzo 1922. Il suo soggiorno sotto il Torrazzo iniziato alla fine del 1932, si è concluso nel 1935. Se la matematica non è un’opinione, giunge in città a dieci anni compiuti e se ne va a tredici avanzati.  Poco più di un pit-stop.  Anche ammessa una precocità intellettuale e una maturità superiore alla media, sia concesso dubitare che Pasolini a quell’età abbia insegnato in città. Rimane sempre la possibilità che Cremonalibera abbia sbagliato a riportare la dichiarazione, ma è un’ipotesi poco realistica.

Nulla di grave e irreparabile. Nulla di politicamente rilevante. Nulla da meritare la gogna. Nulla da fine del mondo. Succede a tutti di sbagliare e motivi sono diversi.   Per  esempio, una distrazione del ghostwriter – se il sindaco ne ha uno – che gli prepara i testi e le dichiarazioni.  Per il malumore causato dalla sconfitta della Cremonese contro la Juventus. Per la presenza allo stadio della consigliera comunale piddina Fabiola Barcellari con indosso la maglia bianconera, felice per la vittoria della squadra torinese, atteggiamento poco apprezzato dai tifosi grigiorossi, quegli stessi che alcune settimane fa Virgilio aveva coccolato e ai quali aveva permesso di entrare in Comune a festeggiare nei giorni della promozione in Serie A della Cremonese. Non è da escludere lo stress per il tristissimo tour automobilistico con la produzione e pubblicazione del video che documenta la scorrevolezza del traffico alla rotatoria di via Moreni e dintorni. Ideona tafazziana che ha suscitato reazioni feroci dei cittadini. 

Infine non è da sottovalutare il possibile nervosismo di Virgilio per la latitanza mediatica  di Luciano Pizzetti, presidente del Consiglio comunale.  Suo mentore, sponsor, pigmalione e guardaspalle,  da un po’ di tempo è meno presente sulla stampa di regime.  Con la spada sguainata e la lingua tagliente Pizzetti è un baluardo, un muro di Berlino invalicabile per gli oppositori  di Virgilio e  la sua assenza può diventare un problema per il sindaco. 

E allora si torna al punto di partenza, al dilemma: in politica dove sta il confine tra un giudizio sereno e ponderato e uno istintivo e fazioso? Risposta impossibile e il cerchio resta aperto. Un aiuto lo può fornire Ennio Flaiano, in versione locale: la situazione politica a Cremona è grave, ma non seria. Già, è preagonica.

 

Antonio Grassi

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