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«Manifestazioni per la pace in Vietnam a Cremona. Allora eravamo dalla parte dei vietcong di Ho Chi Minh». Così titolava Welfare Cremona Network di sabato 1 novembre 2014.  Poche righe per ricordare che «circa 40 anni or sono nel ponte dei Santi e dei Morti la Fgci (Federazione giovanile comunista italiana) di Cremona aveva organizzato presidi in tutta la provincia a sostegno della pace in Vietnam».  A corredo del pezzo, alcune fotografie della guerra e degli allons enfants del nostro territorio impegnati nelle iniziative di protesta. Poi un commento e un invito ai lettori.  «Storie, racconti, fotografie di Cremona di un passato non troppo lontano per essere dimenticato. Invia anche tu il tuo contributo». 

Sono trascorsi 51 anni da quella mobilitazione e 11 dall’articolo di Welfare Cremona Network. L’acqua passata sotto i ponti ha spazzato via i ricordi e omologato le coscienze.

Il Pci è mutato in Pd e la Fgci in GD (Giovani Democratici), commissariati dalla Direzione nazionale del partito pochi giorni fa. E se il livello nazionale rispecchia quello locale, la decisione di Roma è più che comprensibile.  Se si naviga nella pagina dei Giovani Democratici provinciali il rischio d’essere investiti da una crisi depressiva è elevato e il vecchio Prozac serve poco   per sollevare il morale. Anche ammesso che gli attuali golden boys piddini sappiano chi sia Ho Chi Minh, probabilmente non si schiererebbero né con lui né contro di lui. Pilatescamente se ne laverebbero le mani. 

È l’evoluzione o involuzione delle specie. Dall’uomo politico all’uomo qualunque. Dalla lotta dura senza paura alla paura della lotta.

Un tempo i pischelli della Fgci manifestavano contro la guerra in Vietnam. Oggi, i loro eredi, i Giovani Democratici, limitano al minimo sindacale l’incazzatura per l’orrore di Gaza. Sulla loro pagina internet non si trova un post recente che stigmatizzi la macelleria quotidiana.  

Il Pd si è adeguato.  Nel sito della Federazione provinciale non compare un rigo sulla questione. Nemmeno una foto o un commento sulla manifestazione del 7 giugno nella capitale, alla quale ha partecipato anche una delegazione locale del partito.  Manifestazione finalizzata a chiedere il cessate il fuoco immediato, la fine dell’occupazione israeliana, lo stop dell’invio di armi a Israele, l’accesso agli aiuti umanitari a Gaza. 

Ma anche sul conflitto ucraino il silenzio è assoluto.  Se si abbonda in generosità sul nodo guerra, si può inserire nel tema un comunicato del 25 marzo. Informa dell’organizzazione di un convegno sulla difesa comune. Che è la ricerca del sistema migliore per pararsi il culo, invece di quello razionale e di buon senso di puntare alla pace. L’annuncio è un francobollo: data, luogo di svolgimento e nomi dei partecipanti. Nessuna precisazione sui motivi del confronto.

Però c’è spazio per l’Aperitivo democratico (post 26 giugno) e per la gemella Cena democratica (post 26 maggio). C’è anche una biciclettata salutista (post 28 maggio). 

Dal potere al popolo, al potere dei barman. Dal Libretto rosso di Mao alla Guida del Gambero Rosso. Dalla schiscetta al prosecchino ai cocktail. Allo spritz e al gin fizz. Un po’ defilato il Negroni.  Con Putin nei sogni di Salvini, il White Russian non ha chance. Peccato per Jeffrey Lebowski detto Drugo, contestatore disilluso e scalcagnato che lo adora. 

Immutati, invece, i comunisti griffati, quelli con il Rolex e una serigrafia di Marilyn Monroe firmata da Andy Warhol nello studio, retaggio della sclerotizzata, inguaribilmente supponente e autoreferenziale gauche caviar ancora convinta, ma è un’illusione, della propria egemonia culturale e del suo collocarsi sempre dalla parte giusta.  

Nel 1974 Francesco Guccini cantava «sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta. Ma la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta. Qualcuno è andato per età, qualcuno perché già dottore. E insegue una maturità, si è sposato, fa carriera ed è una morte un po’ peggiore».  

L’acqua passata sotto i ponti ha spazzato via i ricordi e omologato le coscienze. E il virus dell’indifferenza non ha risparmiato le istituzioni. In questo solco si colloca il Comune di Cremona. Guidato da un sindaco Pd, Andrea Virgilio, ha riservato al problema palestinese l’attenzione dedicata al mendicante che chiede l’elemosina.

Per dimostrare interesse alla questione non basta esporre nell’arengario un lenzuolo e partecipare all’iniziativa Un sudario per Gaza (24 maggio). Non basta in quell’occasione spiegare che con questo gesto «l’Amministrazione comunale intende esprimere vicinanza alle popolazioni colpite, ribadendo l’importanza della pace, del rispetto dei diritti umani e del dovere della comunità internazionale di tutelare la dignità e la vita di ogni essere umano». (Vittorianozanolli.it, 24 maggio)

Non basta aderire all’iniziativa nazionale Gaza muore di fame: disertiamo il silenzio (27 luglio) e fare suonare le campane della Torre Civica per meritarsi il diploma di partigiano della pace. 

Non basta una bulimia di parole di circostanza, buone per ogni tragedia e ogni occasione per autonominarsi crociati della giustizia e del buon cuore.

Non basta tutto questo se nel consiglio comunale del 16 giugno Virgilio rimane in aula fino alle 18. Dopo l’intervento della consigliera Maria Vittoria Ceraso sulla destinazione risorse Tamoil, se ne va e non torna. Improrogabili   impegni istituzionali, riferisce il presidente del Consiglio Luciano Pizzetti.  Peccato che la mozione sulla Palestina venga discussa subito dopo (Verbale numero 8, protocollo generale 0053955 del 23 giugno). Nessun dubbio sull’importanza dell’appuntamento. Ma il messaggio trasmesso non è di attenzione a Gaza.  D’accordo, l’abbandono dell’aula consiliare è un nonnulla, ma il battito delle ali di una farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo. Certo la mancata presenza di Virgilio alla discussione non ha prodotto uno tsunami politico o amministrativo, ma ha indotto a credere che la questione palestinese non compaia tra le sue priorità. Sono i dettagli che fanno la differenza, la fortuna degli investigatori e il successo degli scrittori di gialli. Ma anche la carriera dei politici. E dei pubblici amministratori.

Così il quadro è incompleto. Manca una condanna ufficiale di questa Amministrazione ad Hamas per la carneficina del 7 ottobre 2023. Ma qui si entra, per rimanere in campo bellico, in un campo minato e Virgilio non è un Rambo.  

L’attacco di Hamas è, invece, approdato in Consiglio comunale nella precedente Amministrazione, con una mozione e un ordine del giorno, il 6 novembre 2023, sindaco Gianluca Galimberti,  la prima presentata dal consigliere di maggioranza Lapo Pasquetti, il secondo dal consigliere di minoranza Carlo Malvezzi (Verbale numero 16. Protocollo generale 0089558 del 10 novembre 2023). Niente accordo per un documento unitario e doppia votazione. Per non sbagliare, alcuni consiglieri approvano entrambi i documenti. 

I distinguo in Consiglio comunale sulla condanna di Hamas e il sostegno a Israele non sono un campo minato, ma un Vietnam politico in formato cremonese. Sono la paura di perdere il consenso e la mancanza di coraggio. Aberrazione della politica e trionfo dell’equilibrismo ideologico.  

L’acqua passata sotto i ponti ha spazzato via i ricordi e omologato le coscienze. Non la speranza. Associazioni e singoli cittadini la mantengono in vita. Pochi giorni fa la Tavola della Pace Cremona ha divulgato un documento di solidarietà per Gaza e per il popolo palestinese. Ieri, ai giardini di piazza Roma, c’era la Tenda di Solidarietà per la Palestina del gruppo Restiamo Umani Bassa BS, con il sostegno di Sanitari per Gaza Brescia e del Comitato Nour Ama Cambia il Mondo. «Non si tratta – precisano i promotori della dimostrazione – di una manifestazione politica, ma di un’iniziativa puramente umana, fondata sull’empatia, la difesa dei diritti umani e il rifiuto della violenza. È un momento di ascolto e condivisione, lontano da bandiere o partiti» (Cremonasera, 2 agosto).

Ora, alle parole devono seguire i fatti. Impegno gravoso, soprattutto se ci si occupa di mantenere la sedia, piuttosto che di fornire risposte. La politica deve uscire dalla comfort zone dei pistolotti di solidarietà, sensibilizzazione, sdegno e il resto della retorica ipocrita e inutile. Vacua spazzatura. 

Non c’è pensiero rivoluzionario. Ci sono soltanto atti rivoluzionari. Lo sapevano i giovani della Fgci indignati per la guerra in Vietnam. È il momento di riprendere il concetto. È il momento di rilanciare l’I care di don Lorenzo Milani. L’opposto di me ne frego. È il momento che il cuore di Cremona torni a battere. Forte. Sempre. Come nella pubblicità. Anzi di più.

Se questo accade, fra dieci anni Welfare Cremona Network lo ricorderà. Con orgoglio.

 

Antonio Grassi 

Nella foto centrale manifestazione contro la guerra in Vietnam nel 1965 al cinema di Piadena presente Giancarlo Pajetta (foto Welfare Network)

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