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Sono ormai passati cinque anni dall’inizio di quella terribile tragedia che abbiamo imparato a conoscere come covid. Cinque anni fa, il 29 gennaio 2020, una coppia di turisti cinesi originari della provincia di Wuhan sono in vacanza a Roma. Avvertono sintomi influenzali. All’ospedale Lazzaro Spallanzani il tampone confermerà l’infezione covid. Non potremo mai sapere perché, a questa notizia, la macchina dell’emergenza sanitaria non si mise in moto immediatamente. Probabilmente la mancanza di dati per un virus della famiglia Sars, ancora poco conosciuto, impedì di utilizzare gli strumenti idonei per evitare ciò che in seguito diventò una pandemia. A Codogno, il 20 febbraio, si registra un’infezione covid in un paziente del nostro territorio che sarà ricordato come il paziente “numero zero”. 

L’informazione fa la sua parte, e da quel momento inizia la sfilata mediatica delle cosiddette vedette della tivù, esperti in materia e con palesi conflitti di interesse – molti di questi, oggi, spariti dai radar o riciclati in altre funzioni per lo più di natura politica o di divulgazione “tuttologa” nei media televisivi – che  fanno a gara per presenzialismo ai talk show televisivi narrando la loro storia sulla pandemia. Si butta acqua sul fuoco – all’inizio della pandemia questo pare essere l’ordine – nessuno vuole credere che si debbano prendere seri provvedimenti, non solo di natura sanitaria. Fra tutti Roberto Burioni, all’epoca professore ordinario di Microbiologia e Virologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Il 9 febbraio, invitato in tivù, è pronto ad affermare con fermezza che “in Italia siamo tranquilli, il virus non c’è, è lecito preoccuparsi solo per l’influenza”. Solo un paio di settimane dopo, alla luce del numero sempre crescente di contaminazioni prevalentemente nel settentrione della nostra penisola e in relazione a quanto riportato in un articolo pubblicato sul Journal of  Medical Virology del 28 febbraio, in un’intervista al Corriere delle Sera Burioni fa retromarcia affermando in sintesi che il covid “non è un’influenza ma non è neppure la peste, e chi non sta bene è meglio che se ne stia in casa”. 

Intanto i morti aumentano in modo esponenziale e da questo momento anche la nostra comunità diventa parte di questa tragedia. 

Impreparati. Ecco, questo è il termine più appropriato. Da dove arriva questo virus?  Come si combatte? Ricordo l’impotenza di tanti operatori sanitari che come me iniziavano la giornata con quelle domande che non avrebbero trovato le risposte cercate: se quelle terapie improvvisate avrebbero sortito  qualche risultato favorevole, se fosse opportuno considerare provvedimenti non solo di natura sanitaria ma anche organizzativa e strutturale, se entrare e uscire dallo stesso varco per accedere al Pronto Soccorso non fosse la scelta migliore per evitare ulteriori contaminazioni, se il DPI (dispositivo di protezione individuale) fosse una risorsa sicura per evitare la contaminazione, se la mascherina – e quale di quelle in commercio – fosse realmente efficace. Domenico Arcuri, nominato dal governo commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica covid, riuscì a speculare sul commercio delle mascherine. Indagato dalla Procura della Repubblica nell’ottobre 2021, oggi è stato assolto. E’ il 4 marzo quando il governo decide per la chiusura delle scuole, il 9 marzo l’Italia intera entra in lockdown: stop agli spostamenti, blocco di ogni manifestazione sportiva compresi i campionati di calcio. Fa storia il 26 marzo perché quel giorno si registrano 969 morti in 24 ore per un totale di 9.134. Il numero complessivo dei contagiati nel nostro Paese ha superato quello della Cina: 86.498 contro 81.897. 

“Tutti i dati che abbiamo raccolto sin qui ci portano a concludere che l’origine del coronavirus sia animale”, provenienza mercato di Wuhan. Lo ha detto il capo della missione dell’Oms a Wuhan, Peter Ben Embarek (United Nation News, 9 febbraio 2021), dato che trova conferma in un recente articolo pubblicato su Cell (Genetic tracing of market wildlife and viruses at the epicenter of the COVID-19 pandemic. Alexander Crits-Christoph et al, Cell 2024, 19-187). Al contrario, e più recentemente, alcuni dati offrono spunti per una diversa riflessione sulla possibilità che il materiale contaminato sia inavvertitamente uscito dai laboratori di ricerca dell’Istituto di virologia di Wuhan gestito dall’Accademia cinese delle Scienze, un laboratorio BSL4 considerato di massima sicurezza. Per il Select Subcommittee on the Coronavirus Pandemic si è trattato di un incidente di laboratorio perchè il virus possiede una caratteristica biologica che non si trova in natura, Wuhan ospita il più importante laboratorio di ricerca cinese sulla Sars e parte dei ricercatori dell’Istituto di virologia di Wuhan è stato infettato da un virus simile al covid nell’autunno del 2019” (After Action Review of the COVID-19 Pandemic: The Lessons Learned and a Path Forward, 2 dicembre 2024). 

Poi, i vaccini. La distribuzione e la commercializzazione inizia il 31 dicembre 2020. Da questo momento le industrie dedicate alla produzione del vaccino (in particolare Pfizer, BioNTech, Moderna e AstraZeneca) iniziano a registrare in Borsa guadagni anche superiori al 1000% (vittorianozanolli.it, 16 luglio 2022). E mentre il coronavirus mette in ginocchio l’economia mondiale, il settore farmaceutico trasforma la pandemia in fonte di guadagno intrecciandosi inevitabilmente con interessi di carattere politico.

Ma i vaccini, che tanto hanno contribuito al contenimento dell’infezione  virale, nulla possono di fronte al virus la cui biologia è caratterizzata da numerose e frequenti mutazioni geniche che comportano reinfezioni, anche dopo breve tempo dalla somministrazione. Diverse autorità scientifiche consigliano l’allestimento di nuovi vaccini aggiornati. Ma non esiste un vaccino a prova di varianti e soprattutto è prioritario smaltire le partite già acquistate dimostrandone la loro efficacia.  Cresce la diffidenza verso la profilassi vaccinale, si registrano episodi di trombosi segnalati in tutto il mondo dopo la somministrazione del vaccino commercializzato da AstraZeneca (ritirato dal commercio a seguito di azioni legali nel maggio dello scorso anno). Pfizer pubblica un corposo report confidenziale di quasi 400 pagine in cui si elencano complicanze post vaccinali e circa 3000 decessi registrati sulla base di segnalazioni spontanee di danneggiati e sanitari (luglio 2022). Oltre la diffidenza cresce anche la paura. Nascono gruppi di cittadini no vax contrari all’uso dei vaccini a cui aderiscono operatori sanitari di ogni ordine e grado. 

Ma per incentivare la vendita e la somministrazione del vaccino, la Commissione europea istituisce il green pass sulla base di un regolamento entrato in vigore il 1° luglio 2021. In Italia  il Consiglio dei ministri approva il decreto legge che estende l’obbligo del green pass per l’accesso ai luoghi di lavoro a partire dal 15 ottobre. Iniziano a circolare certificazioni ed esenzioni illegali rilasciate da medici no- vax con lo scopo di aggirare l’ostacolo dell’obbligo vaccinale (https://www.repubblica.it › cronaca › 2021/10/27 › news)

E, a questo proposito, proprio recentemente il tribunale di Alessandria ha dato ragione a un gruppo di ricorrenti che ha fatto causa alla Presidenza del Consiglio dei ministri  contestando l’intero pacchetto della normativa anti covid a cominciare dalla dichiarazione di “stato di emergenza nazionale”.

Infine, nei titoli di coda, il 5 maggio 2023 l’OMS ha ufficialmente decretato la fine dell’emergenza sanitaria covid. Sette milioni di vittime in tutto il mondo.

Cosa ci ha insegnato la pandemia? Sarebbe meglio dire, cosa ha provato a insegnarci. Solidarietà, unità e aggregazione, con la fine della pandemia sono tornate ad essere solo parole. L’uomo non è cambiato, è rimasto quello di sempre. Ed era impensabile che un evento tanto estremo come la pandemia potesse diventare elemento moralizzatore capace di trasformarci dentro per cambiare le nostre abitudini e comprendere quanto sia di vitale importanza la salvaguardia dell’ambiente in cui viviamo, quanto sia cruciale mantenere un equilibrio tra ospite e malattie virali, batteriche e parassitarie. La narrazione della pandemia è diversa se a raccontarla sono i veri protagonisti, operatori sanitari, pazienti sopravvissuti a fronte di grandi sofferenze e i familiari di chi non c’è più, rispetto a un’altra verità, quella degli interessi politici e di mercato con l’eccessivo uso di decreti governativi, l’impasse  della OMS e il ruolo non sempre limpido dei comitati tecnico scientifici, spesso al soldo di speculazioni personali, industriali e di mercato. 

Prendere coscienza di ciò che abbiamo vissuto non è mai troppo tardi anche perché si profilano all’orizzonte nuove potenziali pandemie con serbatoio animale che ci obbligano a essere preparati per raccontare una storia diversa da quella che abbiamo letto durante la pandemia covid. 

 

Fernando Cirillo

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