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«In questa città c’è da sempre chi demonizza ogni cosa nuova, è già successo tante volte in passato, potrei fare un lungo elenco» (Cremonaoggi, 14 ottobre).

Così parlò Luciano Pizzetti, che non è Zarathustra, ma spesso le sue dichiarazioni hanno tono e piglio da profeta e spocchia da piddini classici. Quella degli ex comunisti, ora riformisti che per eredità di partito si reputano politicamente una spanna sopra gli altri.  Tre metri sopra il cielo. Così in alto che qualche volta sfugge loro la realtà terrena e quotidiana degli altri mortali meno illuminati. 

Dopo un periodo di silenzio mediatico, il presidente del consiglio comunale è ricomparso da protagonista.  E lo ha fatto alla grande, coerente nel bene e nel male, con il suo stile. Non è il marchese del Grillo, ma è poco distante. Autorevole e autoritario, è un moderato stalinista sbianchettato, di quelli che oggi vengono classificati riformisti di sinistra. In alternativa, un democristiano integralista, tipico di chi passa da un credo all’altro. Dalla rivoluzione al riformismo, con il rischio di ritrovarsi reazionario.

Primo della classe, non finge di schermirsi e apprezza i complimenti per la sua abilità. E’ un punto a suo favore, ma non un buon viatico per portare attestati di simpatia in cascina. Con la delicatezza dell’ispettore Callaghan ha scartavetrato i cittadini incazzati per i disagi provocati dalla nuova viabilità di largo Moreni. Impertinenti a segnalarli. Avventati a lamentarsi e a criticare. Peccato di lesa maestà.  

Secondo logica sarebbe stato compito del sire, il sindaco Andrea Virgilio, controbattere subito alle contestazioni dei cittadini monelli e non il consigliere del sovrano.  Pizzetti però è qualcosa di più di un semplice consulente e suggeritore.  È il pigmalione e il tutor del primo cittadino. Il suo sponsor e maestro. La sua bussola. La soluzione ai suoi problemi. Il suo tarantiniano Wolf, nella versione buona di chioccia protettiva. 

Il re è intervenuto dopo quattro giorni – sabato – al termine di una passeggiata in macchina nel tratto di strada oggetto di polemica.  Troppo tardi per metterci una pezza. E la sua dichiarazione al termine della folcloristica e personale Parigi-Dakar cittadina è banale, poco esaustiva e scontata: «Le polemiche che ci sono state sono state estremamente eccessive». (Cremonaoggi, 18 ottobre) Già, eccessivo come il ritardo del suo intervento, un parere come tanti altri che sostengono il contrario.

Si potrebbe dire che in Comune non si muove foglio che Pizzetti non voglia, ma sarebbe una forzatura e un’ingiustizia nei confronti di Virgilio.  Però molti lo pensano.

Il Richelieu cremonese è un peso massimo della politica locale. Il sindaco un peso piuma. Questo potrebbe spiegare la ricomparsa del primo sui media e l’invasione del campo del re. Succede spesso.  Nessuno si è sorpreso. Nessuno ha biasimato il presidente del consiglio comunale. Nessuno ha criticato il sindaco. Rientra nella normalità cittadina.  Così va il mondo a Cremona.

È la logica di John Belushi: quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. Pizzetti è un duro. Virgilio un po’ meno. Pizzetti è acciaio inossidabile, dote primaria in politica. Virgilio marzapane, dote accessoria. 

Il presidente del consiglio ha sempre chiaro quale sia la cosa giusta e quella sbagliata per i cittadini. E, manco a dirlo, è campione mondiale e olimpico nel pescare sempre quella giusta. Lui è bravo, gli altri un po’ meno.

Pizzetti non è Lord Voldemort, l’antagonista di Harry Potter, ma potrebbe condividerne la filosofia: «Non esiste bene e male, esiste solo il potere», concetto comune a molti politici di razza, ma anche a tante scartine.

Senza entrare nel merito della Rotonda sul Po (copyright Marco Bragazzi), la valutazione del presidente del consiglio sull’idiosincrasia dei cittadini verso le novità merita qualcosa di più di un’alzata di spalle o un vaffanculo. Merita una riflessione sul rapporto tra politica, amministratori locali e cittadini. Sulla conflittualità crescente che lo caratterizza. Sulla difficoltà di un confronto tra di loro, anche al calor bianco, ma costruttivo. Esige commenti meno sprezzanti e risposte più pacate al malcontento degli elettori. 

Sul tema, illuminante e condivisibile la puntualizzazione di Silvia Granata, sindaca di Castelvetro, Comune confinante con Cremona e direttamente interessato ai disagi viabilistici legati al ponte sul Po e di riflesso al traffico di Largo Moreni. 

«Non sono d’accordo – ha sottolineato la sindaca – sulla vecchia tesi che attribuisce le difficoltà dei cittadini a un endemico difetto culturale, non vorrei fermarmi a questa fotografia molto parziale. Le generazioni cambiano e la capacità di dare risposte purtroppo è ferma al palo. È questa la sfida del presente» (Cremonaoggi, 15 ottobre).

Poche e sintetiche righe, ma importanti e meritevoli di un approfondimento.  Ampliano i confini della discussione. Pongono il problema del rapporto istituzioni-cittadini in termini generali, indipendentemente dall’appartenenza politica. Evidenziano e attualizzano un concetto – endemico difetto culturale – reso obsoleto dalle nuove generazioni, dai social e dal decadimento dei corpi intermedi. Un discorso complesso, che la politica provinciale raramente ha  affrontato e solo parzialmente applicato.

Tema ostico per politici e pubblici amministratori.  Abituati ad assumere atteggiamenti di sufficienza e di autodifesa preconcetta verso osservazioni, rilievi, lamentele evidenziano scarsa propensione all’autocritica, troppa inclinazione all’ipse dixit e poca capacità di dialogo, pietra miliare di ogni campagna elettorale, senza distinzione di lista e candidato.

Argomento impegnativo anche per le nuove generazioni. Avvezze alla comunicazione e alle dinamiche di una società in continua e rapida trasformazione, assuefatte a decisioni altrettanto repentine e a ritmi sincopati, faticano a confrontarsi con una classe politica provinciale il cui modello resta l’elogio della lentezza e della contraddizione. 

Quattro anni sono serviti ai maghi Merlino del Comune per capire che il progetto Cremona 20-30 era una ciofeca, se veniva meno la costruzione dell’impianto di biometano contestato dai cittadini.  Quattro anni durante i quali l’ideona – Madonna Pellegrina laica – veniva citata in ogni occasione possibile. Pietra filosofale del terzo millennio, avrebbe risolto i problemi provinciali di economia circolare e di rigenerazione ambientale.  Quattro anni per accorgersi di avere scambiato l’ottone per l’oro. L’ologramma per l’Eldorado. Quando se ne sono accorti hanno comunicato il fallimento del progetto, senza un mea culpa. Hanno recitato il requiem e Cremona 20-30 è finito nel cesso. Riposi in pace.

Immersi nei social e inebriati da un’illusoria democrazia diretta, le nuove generazioni scatenano quelle che i millennial e gli altri dopo di loro chiamano shitstorm, versione digitale del tradizionale casino dei boomer.  Più veloci da organizzare, più dirette e più devastanti, le tempeste digitali sono più effimere.  Posto, vinco o perdo. Esaltante e adrenalinica, vittoria e sconfitta reggono quanto una Saint Honoré. Scadono in fretta. 

Poi ci sono i comitati spontanei, ultima spiaggia di coloro che trovano nelle istituzioni un muro di gomma alle loro istanze. Oppure ritengono insufficiente l’attenzione riservata alle questioni contestate.

Ibrido tra le assemblee dei boomer e l’utilizzo del digitale dei millennial, gli attuali comitati dispongono di due vantaggi rispetto al passato. Possono giovarsi di scelte meditate e di una rapida e capillare diffusione dei loro messaggi, con una riduzione degli effetti negativi nell’eventuale ridotta visibilità concessa dai media di regime. 

Se determinati e combattivi, senza toni apodittici e privi dell’estremismo pasdaran e da crociata religiosa, i comitati rappresentano l’aspetto positivo della democrazia diretta.

La complessità del rapporto cittadini-istituzioni e la tensione che sviluppa non migliorano con il commento di Pizzetti sulla protesta per la nuova viabilità di largo Moreni. Anzi, è un distillato di qualunquismo e la minaccia di elencare le demonizzazioni non è degna di un cavallo di razza della politica, ma di un giocatore di scopa d’assi.

Qualsiasi cittadino potrebbe controbattergli: chi è senza peccato scagli la prima pietra. E proseguire con la recita del rosario delle minchiate dell’Amministrazione comunale. Per stare nelle vicinanze di largo Moreni e vincere facile basterebbe citare la decisione del Comune di demolire le mura dell’area ex Frazzi, rientrata dopo la raccolta di un migliaio di firme contrarie alla scelta.

Se questo passa il convento, allora per la politica cremonese è giunto il tempo di cadere, come Alice, nella tana del Bianconiglio e scoprire un mondo nuovo. Per cambiare e crescere.  Per capire che il problema non è largo Moreni. Non è la risposta di Pizzetti o il propagandistico  tour in macchina di Virgilio. È il pregiudizio di politici incartapecoriti e ancorati a modelli e concetti superati.  È la «vecchia tesi che attribuisce le difficoltà dei cittadini a un endemico difetto culturale» richiamata dalla sindaca Granata. Tutto il resto è accademia, sterile e fuorviante. Fuffa.

 

Antonio Grassi

L'Editoriale

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Valerio Ranieri responsabile Chirurgia generale a S.Camillo

Il dottor 𝗩𝗮𝗹𝗲𝗿𝗶𝗼 𝗥𝗮𝗻𝗶𝗲𝗿𝗶 𝗲̀ 𝗱𝗮 𝗽𝗼𝗰𝗼 𝘀𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗻𝗼𝗺𝗶𝗻𝗮𝘁𝗼 r𝗲𝘀𝗽𝗼𝗻𝘀𝗮𝗯𝗶𝗹𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗨𝗻𝗶𝘁𝗮̀ 𝗢𝗽𝗲𝗿𝗮𝘁𝗶𝘃𝗮 𝗱𝗶 𝗖𝗵𝗶𝗿𝘂𝗿𝗴𝗶𝗮 𝗚𝗲𝗻𝗲𝗿𝗮𝗹𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗖𝗮𝘀𝗮 𝗱𝗶 𝗖𝘂𝗿𝗮 𝗦𝗮𝗻 𝗖𝗮𝗺𝗶𝗹𝗹𝗼 𝗱𝗶 𝗖𝗿𝗲𝗺𝗼𝗻𝗮. Il suo

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