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La magia, intesa come produzione di fenomeni impressionanti e inspiegabili, ovvero di apparizioni fantasmatiche, non è un’esclusiva del soprannaturale o del paranormale. Non è solo un fenomeno da circo. E’ un fatto reale, naturale, verificabile. Dopo le rose, le orchidee sono tra i fiori più famosi e anch’esse in numerosissime specie al mondo. 

Sui prati del monte Penice, a maggio 2013, notai dei fiori giallognoli vicino al ghiaccio che persisteva dopo il lungo inverno (foto 1). Accanto ai molti fiori gialli, ne crescevano altri meno  numerosi di un rosso cupo (foto 2). 

Sul monte Carevolo i fiori emergenti (foto 3), per le diverse tinte, sembravano di tre tipi. Quello  di color lilla era l’ Orchis mascula L., una comune orchidea selvatica dell’Appennino. 

E gli altri due che specie erano? La stessa delle prime due foto, ma con colori diversi. Esemplari  dunque uguali in tutto, ma non nel colore. Anzi portatori di tinte non proprio vicine tra loro nello spettro solare: il giallo, un giallo chiaro, canarino, e un rosso scuro tendente al violaceo chiamato rosso magenta, senza il riscontro di colorazioni intermedie che segnassero un passaggio graduale da un colore all’altro. Come se ci fosse stato un salto cromatico che fa pensare a specie diverse e invece da secoli, dal  1755, sono classificati come appartenenti alla stessa specie. E’ stato cambiato solo il nome di genere in tempi recenti: da Orchis sambucina L è diventato Dactylorhiza sambucina (L.) Soò

In esemplari fotografati sul monte Ragola lo stesso anno ai primi di giugno (foto 4), possiamo  vedere una banda gialla sul labello centrale e delle macchie rosse in entrambe le varietà cromatiche di orchidea, come conferma fenotipica che ci troviamo di fronte alla stessa specie. 

Ma come si spiega questa bizzarria espressiva? Mistero. Pare che ciò sia dovuto a un inganno degli insetti impollinatori, in particolare varietà di Bombus che visitano specie molto simili ora  rosse ora gialle, confondendosi con le quali l’orchidea raddoppierebbe la possibilità di essere  visitata. Per il resto non si possono neppure imputare differenze climatiche, legate all’habitat, visto che gli esemplari diversamente tinti crescono nello stesso periodo l’uno accanto all’altro. 

Nel secondo caso, possiamo parlare di una magia vera e propria attribuita a questa orchidea, benché  l’attribuzione, poi vedremo, si riveli erronea. 

Ebbene, ora guardate con attenzione questi due esemplari della nostra Dactylorhiza (foto 5 e foto 6). Guardate bene questi fiori. Guardateli bene perché quanto state vedendo ora, non esiste!! 

Come non esiste? Non ci troveremo di fronte a un fantasma!? E invece sì, è proprio così, questo è un fantasma di fiore. 

No, non è un trucco fotografico, i fiori esistono veramente, ma noi dei fiori vediamo quello che non esiste e cioè il loro colore, perché nello spettro solare il rosso magenta non esiste, non c’è una  lunghezza d’onda che corrisponda al rosso magenta. Ecco il nostro colore misterioso artificialmente riprodotto (foto 7).

E allora come e perché lo vediamo? 

Il motivo è fortunatamente spiegato e apparentemente più semplice di quello che possa sembrare. 

Sappiamo che lo spettro solare è formato da diversi colori che, stilizzando molto, sono 7: il rosso,  l’arancione, il giallo, il verde, l’azzurro, l’indaco (blu) e il violetto ( foto 8), secondo una lunghezza  d’onda che va dai 700 ai 400 nanometri.  

In realtà le cose non sono così semplificate, perché ogni colore tende a combinarsi in una varietà di tinte per cui la rappresentazione dell’arcobaleno più corretta è quella rappresentata dalla foto successiva (foto 9). 

La possibilità di vedere dipende dalla stimolazione di alcune cellule della retina chiamate  fotorecettori e distinte in coni e in bastoncelli. I primi sono quelli responsabili della visione a  colori.  Esistono tre tipi di coni, sensibili a lunghezze d’onda diverse: lunga per il rosso, media per il verde  e corta per il blu. Attraverso la combinazione delle varie lunghezze d’onda interagenti con questi  coni otteniamo tutta la gamma dei colori dello spettro solare. Dalla stimolazione dei coni, parte  un impulso nervoso al cervello che lo elaborerà rendendoci la visione. 

Ma c’è un’eccezione importante, non l’unica veramente, rappresentata, appunto, dal rosso magenta. 

Artificialmente lo si può ottenere mescolando pari quantità di blu e di rosso, per cui se realmente,  nel contesto di stampa, questo colore lo possiamo ottenere, in natura le cose funzionano  diversamente. 

Perché dunque il magenta non compare nello spettro solare? Ovvero perché non ha una sua  lunghezza d’onda?  

Perché dovrebbe derivare dalla stimolazione dei due colori opposti nello spettro, il rosso e il blu,  che però sovrapponendosi tra loro in parti uguali vanno a incidere sulla lunghezza d’onda di un  altro colore che è il verde che da una parte esclude il magenta, gli impedisce di far sua la  lunghezza d’onda che gli appartiene, e dall’altra il cono di riferimento non riesce ad attivarsi perché  per farlo ha bisogno proprio della luce verde, che non compare nella fusione tra il blu e il rosso e  allora anche il colore verde non si vede. 

Il cervello già stimolato per superare questa impasse cosa fa? Non potendo produrre il verde,  permette lui al magenta di manifestarsi, inventandosi così un colore nuovo. 

E’ il nostro cervello dunque il vero mago, che crea un colore immaginario e lo rende percepibile,  non l’orchidea, benché necessaria per l’idonea stimolazione cerebrale. 

In realtà tutti i colori sono un prodotto della mente, che varia da specie a specie e da persona a persona, con la differenza che per tutte le altre tinte, salvo eccezioni, esiste un substrato oggettivo ovvero una lunghezza d’onda di riferimento, mentre per il magenta no, come non esiste per il bianco ed il nero i quali però hanno una genesi differente. 

Non esiste il magenta, eppur si vede. Ecco la grande magia del cervello umano in questo colore. 

Che mirabili poteri ha dunque la nostra mente e quali splendidi sortilegi sa produrre nella sua  interazione con la natura!! 

 

Stefano Araldi

L'Editoriale

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