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Pubblichiamo l’iutervento sulla carne che il medico nutrizionista Giuseppina Palazzoli ha fatto in occasione dell’incontro con la delegazione di Cremona dell’Accademia Italiana della Cucina all’agriturismo Cascina Valentino di Pizzighettone.

La carne in ambito alimentare è per definizione il tessuto muscolare di animali da allevamento, da cortile e di selvaggina. È un alimento complesso che contiene vari nutrienti  presenti contemporaneamente  con proprietà diverse e che, a differenza per esempio delle uova dove sono facilmente separabili e distinguibili, nella carne sono legati insieme per cui è difficile visivamente rendersi conto delle diversità nutrizionali e gastronomiche dei vari tagli.

Se diamo uno sguardo al ruolo alimentare della carne nel corso dell’evoluzione umana possiamo distinguere vari periodi con importanti riflessi sulla struttura corporea. Nell’era paleolitica, quando l’uomo era cacciatore e raccoglitore, la dieta era composta da proteine animali frutto della caccia (animali che vivevano liberi di muoversi e di correre e pertanto con poco tessuto adiposo), bacche, erbe selvatiche, la corporatura era muscolosa, atletica, con bassissima percentuale adiposa. La statura media era oltre i 180 centimetri  nel sesso maschile. Nell’era neolitica, circa 12.000 anni fa,  con il passaggio all’agricoltura, quindi con una modificazione del consumo di alimenti, con una diminuzione nella dieta di proteine animali e un aumento di carboidrati dati dai cereali, la statura si è ridotta di circa il 10%.

L’influsso del consumo di carne nell’alimentazione  e di conseguenza anche degli altri alimenti ha quindi un’importantissima influenza sullo sviluppo psico fisico e questo lo si può vedere anche ai giorni nostri valutando le diverse culture gastronomiche  nel mondo, influenzate sia dalla disponibilità dei vari alimenti quanto anche da indicazioni e divieti religiosi.

La carne è un alimento prezioso e costoso per cui  il suo consumo è sempre  stato proporzionale  al potere d’acquisto. Le classi più povere non hanno mai potuto permettersi  un utilizzo regolare di carne e, in molti casi, nemmeno occasionale fatta eccezione di quello che viene chiamato il “quinto quarto” cioè la parte meno nobile  che comprende in particolare le frattaglie.

Ma perché la carne è così preziosa? Quali sono i  nutrienti che contiene e il loro valore?

A questo punto è d’obbligo fare alcune considerazioni. Nella dieta devono essere presenti vari nutrienti in proporzioni adeguate in base all’età, allo stato nutrizionale, all’attività ed allo stato di salute.

Ogni alimento  si caratterizza in base al diverso contenuto  di proteine, grassi, carboidrati,  vitamine, sali minerali, fibre e acqua.

La combinazione equilibrata dei vari cibi è essenziale per un buono stato di salute. 

La carne contiene proteine di elevato valore biologico nella percentuale che oscilla tra  il 18% del tacchino ed il 24% del fagiano, con una media di circa il 20-21%, un quantitativo irrisorio di carboidrati rappresentati dal glicogeno, leggermente più elevato negli animali giovani, una percentuale variabile di grasso e di acqua ricordando sempre che il grasso e l’acqua non sono miscibili per cui il loro quantitativo è inversamente proporzionale. Più l’animale è giovane più acqua contiene e più i muscoli sono soggetti a movimento meno grasso contengono e più tessuto fibroso.

Le proteine sono essenziali per il loro valore strutturale, cioè per la formazione dei muscoli e dei vari tessuti,  per formare anticorpi, alcuni tipi di ormoni come quelli tiroidei e le catecolamine, la melatonina, per produrre enzimi, recettori ormonali, neurotrasmettitori, per trasportare nel sangue sostanze insolubili nell’acqua come i grassi, per mantenere il potere osmotico del siero del sangue, cioè per evitare che si formino edemi.

Questa non è la sede per entrare nel dettaglio, ma è fondamentale ricordare  che le proteine sono formate dall’unione di 20 amminoacidi di cui 9 sono essenziali nell’alimentazione del soggetto adulto, cioè devono essere assolutamente introdotti con la dieta in quanto non possono essere sintetizzati.

Il valore biologico delle proteine di un alimento viene definito dalla presenza di tutti gli amminoacidi essenziali e la carne  si pone tra gli alimenti migliori, seconda solo alle proteine dell’albume dell’uovo e del siero del latte. Nei vegetali, invece, anche se ricchi quantitativamente di proteine, esiste sempre un amminoacido di cui l’alimento è scarso  che viene definito ‘limitant’ e che obbliga a combinare nel pasto i vari cibi per innalzarne il valore biologico. Da queste considerazioni si deduce che un’alimentazione vegetariana (che include uova e latticini) normalmente non è carente dal punto di vista proteico mentre la vegana (che attinge solo da alimenti vegetali) presuppone una conoscenza dettagliata delle combinazioni ottimali, sapere che i cereali si associano bene ai legumi nella proporzione 3:1 in quanto i primi sono carenti di lisina mentre i secondi di metionina, due amminoacidi essenziali.

La carne inoltre è ricca di vitamine del gruppo B, in particolare B1, B2, B6, B12, fegato e reni B12 (nei vegetali manca la B12 per cui è fondamentale fare integrazioni). Le vitamine del gruppo B sono idrosolubili e la B1 anche termosensibile per cui il loro contenuto varia notevolmente in base al metodo di cottura.

La carne è un’ ottima fonte di ferro, presente per il 50-60%  in una forma altamente assimilabile che è quella del gruppo eme,  gruppo contenuto  nell’emoglobina (proteina che trasporta l’ossigeno nel sangue) e nella mioglobina (proteina presente nella carne), il restante sotto forma di ferro libero come quello contenuto nei vegetali), molto meno assimilabile. Curiosamente il ferro eme rende più assorbibile anche quello libero. Il colore rosso vivo della carne dipende dalla presenza di ossigeno legato alla mioglobina per cui i muscoli che devono sopportare un lavoro aerobico più intenso saranno più rossi in quanto più ricchi di ossigeno.

Anche lo zinco è presente in grande quantità, soprattutto nel fegato. Questo minerale è fondamentale per la sintesi delle proteine, degli acidi nucleici (presenti nel DNA)  e per la maturazione sessuale maschile.

Acqua, grassi e proteine nella carne sono organizzati in una struttura altamente gerarchica a differenza di quanto avviene per esempio nell’uovo e nel latte.

Come già accennato l’acqua è più abbondante negli animali giovani (la gallina ne ha solo il 66%) e normalmente si aggira intorno al 70-75%.

Il grasso lo troviamo  in almeno quattro posti diversi:

-sotto la pelle (la pelle del pollo ne è ricchissima) che sciogliendosi con la cottura intrappola le molecole gustose. Nel maiale il grasso sottocutaneo viene chiamato lardo, grasso della zona dorsale

– attorno agli organi interni  per proteggerli (nei bovini viene chiamato sego)

-accumuli di grasso tra i vari muscoli. Questo grasso è normalmente eliminato dal macellaio eccetto in alcune preparazioni come la carne macinata

-tra i fasci muscolari, importantissimo dal punto di vista gastronomico, definito con il termine “marezzatura”. Rende più facile la masticazione delle fibre  e del tessuto connettivo rendendo con la cottura la carne molto più morbida

I grassi contenuti nel tessuto adiposo sono in particolare trigliceridi mentre il colesterolo lo troviamo facente parte delle membrane delle cellule muscolari.

Quando parliamo di grassi sappiamo che tutta la letteratura scientifica ci allerta nel ridurre i grassi saturi che sono prevalenti nella carne, anche se sono presenti acidi grassi mono e polinsaturi.

Nei  ruminanti (bovini ed ovini), proprio per la presenza dei batteri del rumine, si creano  degli acidi grassi trans di cui l’acido vaccenico è il più abbondante ma, a differenza dei grassi  trans industriali, non è chiaro se sia così negativo nell’alimentazione umana. 

Il contenuto di grasso negli animali da allevamento si è progressivamente ridotto: nel maiale il calo è stato notevole passando da una percentuale che superava il 30% a valori  che si aggirano intorno al 2-3%.

Parlando della carne non dobbiamo mai dimenticare che la definizione di carne rossa o bianca è differente a seconda se la si considera dal punto di vista medico/ nutrizionale o gastronomico.

Nel primo caso la carne rossa è quella dei mammiferi (per cui vitello, coniglio e maiale sono carni rosse) nel secondo caso ci si attiene di più all’effettivo colore che, come già accennato, dipende dal quantitativo di ossigeno legato alla proteina mioglobina, La carne della selvaggina in questo caso viene definita nera perché è ricchissima di questa proteina in quanto questi animali hanno bisogno di molto ossigeno per correre.

Ricordiamo anche che i vari tagli nell’ambito dello stesso animale hanno percentuali di nutrienti differenti che ne condizionano la miglior modalità di cottura. A grandi linee i muscoli meno soggetti a sforzi avranno meno tessuto fibroso per cui saranno più adatti a cotture veloci mentre  quelli più sollecitati dal movimento richiederanno cotture lente e prolungate per permettere al collagene, scarsamente solubile in acqua, prima di indurirsi e poi ammorbidirsi.

L’abilità del macellaio e del cuoco sta nello scegliere il taglio più idoneo per la preparazione culinaria e nell’adottare tecniche differenti ben sapendo che avremo risultati molto diversi anche dal punto di vista nutrizionale, gustativo (la reazione di Maillard tra carboidrati e proteine tipica del sapore e del profumo, irresistibile per molti, della carne arrostita).

In conclusione che cosa possiamo dire?

-la carne è un alimento nutrizionale molto prezioso, in particolare in certe fasi della vita come l’infanzia, l’adolescenza, la gravidanza, l’allattamento e la vecchiaia

-va consumata con moderazione, circa 3 volte alla settimana massimo e prevalentemente bianca

– è possibile farne a meno a patto di avere conoscenze alimentari

-nelle alimentazioni vegetariane normalmente si riesce a non integrare con vitamine del gruppo B e con proteine ma ricordiamoci che, a differenza della carne e del pesce, gli alimenti animali (uova intere e derivati del latte) hanno sempre una quantità di grassi non trascurabile 

– chi sceglie un’alimentazione vegana spesso abbonda di cereali e più facilmente può andare incontro a picchi glicemici con conseguente aumento della secrezione di insulina a meno che controbilanci con alimenti molto ricchi di fibre che però ostacolano l’assorbimento di nutrienti fondamentali.

– molti dati sono ancora controversi ma è certo che le carni lavorate sono state considerate cancerogene per l’uomo (classe I della classificazione IARC) in particolare  per i tumori del colon retto  e dello stomaco, mentre la carne rossa appartiene alla classe 2A, cioè probabilmente cancerogena ma questo non è ancora stato dimostrato.

 

Giuseppina Palazzoli

medico nutrizionista

 

 

 

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