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Dopo quanto accaduto ieri durante l’assemblea straordinaria di Padania Acque, diventa difficile criticare i cittadini se non si recano alle urne. Così come non è possibile biasimarli se, al solo accenno alla politica, reagiscono con una smorfia o con un gesto di aperta insofferenza. Se Cremona continua a essere trattata come la Cenerentola del territorio, non c’è da stupirsi.

I fatti sono semplici e, almeno sulla carta, lineari. 

Prima dell’estate, ai Comuni soci di Padania Acque era stata inviata una proposta di modifica dello statuto della società. Ai soci veniva chiesto di formulare eventuali osservazioni, di discuterne nei rispettivi consigli comunali e, una volta deliberato, di delegare il sindaco a esprimere in assemblea straordinaria un voto coerente con quello espresso dal consiglio.

Il percorso è stato rispettato. Tutti i consigli comunali hanno discusso la proposta e, nessuno escluso, Provincia compresa, hanno approvato la modifica. In molti Comuni all’unanimità, in altri con qualche astensione, ma senza voti contrari. Con queste delibere, i sindaci erano formalmente delegati ad approvare le modifiche statutarie in assemblea. Un meccanismo elementare, quasi ovvio.

Non per quanto si tratta di Padania Acque.

All’inizio dell’assemblea straordinaria, l’assessore del Comune di Cremona, Simona Pasquali, comunica che poche ore prima anche il Comune capoluogo aveva approvato la modifica dello statuto, ma che era stata rilevata la mancanza di un termine di mandato per gli organi della società. Un dettaglio che, va precisato, non è previsto come obbligatorio dalla legge. Il presidente della Provincia, Roberto Mariani, chiede una sospensione per individuare una possibile soluzione. Tentativo fallito.

Si va quindi al voto. Per approvare la modifica statutaria è necessaria una maggioranza qualificata dei due terzi. Michel Marchi, sindaco di Gerre Caprioli, decide di non partecipare al voto. I sindaci vengono chiamati uno a uno a esprimere pubblicamente la propria posizione. I voti favorevoli all’approvazione superano la maggioranza semplice, ma non raggiungono la soglia richiesta per l’approvazione. Vota a favore  il 57,53 per cento. Gli astenuti sono il 46,43 per cento. Nessun contrario.

Il quadro territoriale e politico che emerge è emblematico. I Comuni cremaschi votano in modo compatto a favore dello statuto, così come approvato dai rispettivi consigli comunali, indipendentemente dagli schieramenti politici, con l’eccezione del sindaco di Crema, Fabio Bergamaschi, e del sindaco di Sergnano, Mauro Giroletti, che si astengono.

Nei territori cremonese e casalasco, Lega e Forza Italia votano a favore, mentre si astengono Partito Democratico e Fratelli d’Italia, ma non tutti. La Provincia si astiene.

A quel punto la situazione degenera. Si arriva a uno scontro durissimo tra Gianni Rossoni, presidente dell’Area omogenea cremasca, e il presidente della provincia Roberto Mariani. Il carico da  undici lo mette Gabriele Gallina, sindaco di Soncino. Viene proposta una mediazione: dare mandato a Padania Acque di inserire nello statuto, già approvato dai consigli comunali, il limite dei tre mandati e di ritornare in consiglio per approvarlo con la modifica. Tutti d’accordo, meno Celestina Villa, rappresentante del Comune di Casale Cremasco Vidolasco che si astiene. Non torna in consiglio per dire ragazzi abbiamo scherzato.  Come dalle torto?

Tre osservazioni si impongono.

La prima: sono passati sei mesi dall’invio della bozza di nuovo statuto ai Comuni soci e quello di Cremona lo approva  poche ore prima dell’assemblea e solo in quel momento si accorge della mancanza del limite di mandato. Nessuno può negare che dubbi e supposizioni sulla tempistica siano legittimi.

La seconda: se i sindaci ricevono una delega vincolante dal consiglio comunale, quella delega deve essere rispettata. In caso contrario, è il consiglio stesso a essere, di fatto, delegittimato.

La terza. Il rinvio conferma, ancora una volta, la profonda spaccatura all’interno della Provincia tra cremaschi e cremonesi, soprattutto tra centrodestra e centrosinistra. 

Il risultato finale è paradossale. Una vittoria di Pirro. Lo statuto resta sostanzialmente identico a quello non approvato, con l’aggiunta del limite di mandato, una modifica che non sposta  di una virgola i rapporti di forza interni alla società. Cambieranno, al massimo, i nomi.

Ora i consigli comunali dovranno ridiscutere e votare la modifica e poi ritornare in assemblea. 

Ed ecco il comunicato di Padania Acque

Nella serata di giovedì 18 dicembre, l’Assemblea dei Soci di Padania Acque S.p.A., riunita negli spazi di CremonaFiere con una partecipazione pari al 95,04% del suo capitale sociale, ha approvato all’unanimità il bilancio di previsione 2026.

Nel corso dei lavori assembleari, il direttore generale, Stefano Ottolini, ha illustrato ai soci la relazione semestrale sull’andamento della gestione aziendale, (ex art. 2381 del Codice Civile), evidenziando risultati ampiamente superiori a quanto previsto sia dai covenant finanziari sia dal Piano economico finanziario approvato dagli azionisti e bancato. Nel corso dell’intervento ha inoltre presentato i principali dati di gestione relativi al primo semestre 2025: ricavi pari a 40,5 milioni di euro, un margine operativo lordo di 20,4 milioni di euro e un piano di investimenti superiore a 20 milioni di euro entro la fine dell’anno.

I sindaci-soci hanno rinviato l’approvazione della revisione dello Statuto societario e hanno proposto di aggiornare l’assemblea straordinaria ai primi mesi del 2026.

 

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