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Il mito di Cassandra, condannata a predire il futuro senza essere creduta, è noto e continua  ad avere una forte risonanza nel nostro presente. Tralasciando i vari piani di lettura cui si presta il mito, la  figura della principessa troiana può essere considerata un emblema del nostro tempo,  in cui troppe verità sono inascoltate e a segnali di evidente pericolo si risponde con pusillanime immobilismo; se poi uniamo immobilismo a retorica di basso conio, avremo un ritratto fedele della nostra traballante società. I retori che concionano  a bocca piena di ciò che non conoscono sono andati sostituendosi  a operatori competenti che qualche problema potrebbero prevedere e probabilmente risolvere. Alla fine si preferisce parlare piuttosto che ascoltare chi veramente sa di cosa si parla.

Non è questo, però, un fenomeno tipico dei nostri tempi. Numerose Cassandre si sono presentate più volte nel corso della storia e, come la profetessa del mito, sono rimaste inascoltate. Ciò  che stupisce è il fatto che fra il mito originale e le sue “riprese” letterarie  (Eschilo, Euripide, Virgilio, Pasolini, Eliot) esiste una continuità sorprendente. Euripide nelle Troiane parla delle sofferenze di donne e bambini, di divinità inaffidabili  e della spietata insensatezza della guerra. Inevitabilmente sovvengono i drammi  contemporanei del Medio Oriente, la miopia della classe dirigente e l’evidente antimilitarismo dell’autore che, in questo senso, è stato un vero antesignano. 

Eschilo nei Persiani parla della tracotanza dei vincitori che porta alla disperazione dei vinti, disperazione che, prima o poi, anche i vincitori stessi dovranno provare. In altre parole anticipa la decadenza e l’umiliazione che Atene dovrà subire in futuro.

Eliot nel suo poemetto La terra desolata parla della  proiezione temporale degli effetti della Grande Guerra, effetti che innescheranno la lunga, irreversibile decadenza dell’Europa, ma parla anche di un messaggio  di cambiamento di cui, al momento, restiamo in fiduciosa attesa. 

Pasolini nelle Profezie (1960) parla delle grandi migrazioni dalle zone più povere del pianeta: ”Scenderanno a milioni, sbarcheranno a Crotone o Palmi, vestiti di stracci asiatici e camicie americane”.

Il mito quindi torna a parlarci perché siamo gli stessi di sempre. Ancora una volta Cassandra ci parla attraverso la letteratura (è sempre la letteratura ad adempiere ai compiti più impegnativi ) che, con la forza della metafora, allude alla generale incapacità di interpretare le contraddizioni del tempo in cui viviamo.

In questi giorni in cui sentiamo parlare di riarmo nucleare, di missili elargiti come strenne natalizie, di migrazioni sempre meno controllabili e di potenti che mostrano i muscoli, inevitabilmente ricordiamo le divinità inaffidabili (la classe dirigente) di Euripide e gli sbarchi di Pasolini. Tutti noi paventiamo la catastrofe di cui percepiamo la prossimità, ma siamo, in fondo, un gregge accomodante e preferiamo rifugiarci nell’inerzia perché non crediamo alla Cassandra che è in noi.

 

 

Giuseppe Pigoli

 

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