Aem disastrata, di chi è la colpa? Galimberti faccia i nomi

12 Dicembre 2021

Gianluca Galimberti e Stefania Bonaldi, due sindaci, lo stesso problema: la fusione Lgh-A2a. La medesima granitica convinzione di essere nel giusto, di avere agito per il bene dei cittadini e del territorio. Due modi antitetici di affrontare la questione. Il sindaco di Cremona, burocratico e preciso, impiegato del passato, quello con le mezze maniche nere, risponde in consiglio comunale a una interrogazione di Alessandro Zagni, capogruppo della Lega, con un documentatissimo pippone di undici cartelle. La sindaca di Crema, diretta, tranchant, puntuta, sintesi tra Wonder Woman, Ellen Ripley e Katniss Everdeen, coerente con la fama di tequila bum bum, amazzone del terzo millennio, stende e impacchetta il suo collega di Rovato, Tiziano Belotti. Chiamato in causa dalla Corte dei Conti per la partecipata Cogeme, azionista di Lgh, il sindaco bresciano prima presenta le dimissioni, poi le ritira. Espone i motivi del suo comportamento e non esita ad indicare coloro che ritiene i sostenitori della fusione: «a
partire dal mio caro amico sindaco di Cremona Gianluca Galimberti (area Pd), del sindaco Bonaldi di Crema (area Pd), del sindaco Uggetti di Lodi (area Pd), del sindaco Depaoli di Pavia (area Pd). E anche dei tanti sindaci di Cogeme (quasi tutti di area Pd) che si sono battuti strenuamente per lo stesso risultato incondizionato». Lapidaria, la sindaca lo liquida così: «Mi chiedo con quale credibilità ed autorevolezza parli un sindaco che prima dà le dimissioni, poi le ritira, come se amministrare una comunità fosse giocare a Monopoli». (Cremaoggi, 9 dicembre). Meglio dell’ispettore Callaghan.

Entrambi bravi ad argomentare le ragioni delle scelte, Galimberti e Bonaldi supportano le proprie affermazioni ricordando studi, consulenze, diligence, pareri legali e pro veritate, acquisiti e pagati decine di migliaia di euro dai soci di Lgh e da A2a. Minimizzano l’intervento della Corte dei Conti.
Scaltri, dribblano il nocciolo della questione: il pronunciamento dell’Anac che boccia la cessione del 51 per cento di Lgh ad A2a e che ha messo in moto la stessa Corte dei Conti. Dimenticano due sentenze del Tar che confermano tale pronunciamento. Ignorano il parere pro veritate, contrario alla fusione, in possesso dall’Astem di Lodi, socio di Lgh. Nessuno nega l’autorevolezza e la correttezza di cotanta scienza giuridico-finanziaria citata dai due sindaci, ma è altrettanto vero, piaccia o no, che è di parte. Anac e Tar sono organismi dello Stato, costano meno dell’esercito di consulenti e studi legali di fascia alta. Sono super partes, dettaglio che fa la differenza, ma insufficiente per evitare la cessione del restante 49 per cento di Lgh ad A2a e bloccare la fusione.
Perché meravigliarsi se Scrp, anch’essa azionista di Lgh, non ha digerito il verdetto avverso di un arbitrato, con arbitro nominato dal presidente del tribunale di Cremona, non il primo che passa per strada, ed è ricorsa presso la Corte d’appello di Brescia? Ma è un’altra storia. Di muscoli e di ripicca. Di lesa maestà. Triste, che qui è fuori luogo raccontare.

Nel suo intervento Galimberti dedica ampio spazio ad Aem, partecipata del Comune di Cremona e azionista di Lgh. Illustra la situazione della società precedente la partnership tra A2a e Lgh, pagine che non sfigurerebbero in un romanzo di Steinbeck sui danni della Grande Depressione.
In un passaggio sottolinea: «La questione, evidentissima anche dai dati numerici e di bilancio, è l’assenza della possibilità di affrontare la situazione debitoria accumulata nei molti anni precedenti al 2014, con condizioni che avrebbero determinato anche negli anni a venire un conto economico senza ‘sorgenti’ e anzi con impegni capestro». (vittorianozanolli.it, 9 dicembre).

Ma chi sono i colpevoli? I componenti del management? Il consiglio di amministrazione? Il giornale non è luogo per imbastire processi e il giornalista non è un giudice, neppure un boia che taglia le teste. Poi la rivoluzione francese è conclusa e i giacobini, nella melassa politica del nostro territorio, non sono al vertice della popolarità. Al giornalista è però concesso evidenziare che il consiglio di amministrazione di Aem viene deciso dai partiti con bilancino sensibile fino ai nanogrammi. Che è nominato dal Comune di Cremona, azionista della società, padrone ligio ad attuare le direttive delle segreterie politiche cittadine.

Che le possibilità del consiglio di amministrazione di respingere i diktat provenienti da piazza del Comune, in particolare quelli penalizzanti la società, tendono allo zero, ma non sono zero.

Che gli eroi non servono, ma il coraggio è necessario.

Che la parte della relazione di Galimberti dedicata agli investimenti sbagliati, ai servizi strumentali in perdita e ai dividendi promessi al Comune e non incassati è illuminante sui
rapporti tra la stessa amministrazione comunale e la società.

Che nel 2014, anno della elezione di Galimberti, inizia la risalita di Aem. Arriva Lancillotto
e succede un quarantotto. Almeno questo si evince dalla relazione.

Che dichiarare di essersi fatto «carico dei rischi connessi a situazioni complicatissime e per certi versi drammatiche, anche se non generate da noi, ma da altri» significa lanciare un’accusa precisa contro ignoti. Se così è, il sindaco faccia nomi e cognomi degli imputati per concedere loro la possibilità di intervenire e di usufruire del diritto alla difesa e evitare sospetti o ipotesi fantasiose sui destinatari del siluro. Se Galimberti si erge a paladino della giustizia, a cavaliere senza macchia e senza paura, a salvatore della patria, ma rimane nel generico, allora è solo un borghese piccolo piccolo che si barcamena e l’enfatico finale del suo intervento è un bluff. «Questa è Politica. Questa è bella Politica e ne vado orgoglioso».

No, la politica è altra cosa. Questo è piccolo cabotaggio. Onesto senza dubbio, ma di scarso
respiro e privo di prospettiva. È Cremona. Ma anche Crema. Entrambe unite nella mediocrità. È la nostra provincia. Orgogliosa, come Galimberti di essere suddita di A2a, di Milano e di Brescia. Della borsa e della finanza.

Antonio Grassi

2 risposte

  1. Caro Grassi cosa vuole aspettarsi dagli epigoni di certa dc , di galeotti ciellini e dei professionisti delle gare di appalto della compagnia delle “indie”? Bisogna lottare fino all’inveroisimile per sottrarre ai responsabili scippatori , dopo la Fiera del bovino ,anche questo succulento boccone.

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