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E’ bello sapere che l’ospedale di Lodi e quello di Seriate sono ai vertici della sanità pubblica italiana secondo la classifica del ministero della Salute (vedi PNE – Agenas 1765280748714_Agenas1.pdf) , anche perché pochi si immaginavano di avere così tante eccellenze sanitarie a pochi chilometri da Cremona. A voler approfondire i dati ministeriali  si potrebbe  aggiungere che, sempre dietro casa,  l’ospedale di Piacenza è tra i migliori a livello nazionale relativamente all’ostetricia, mentre l’ospedale di Castiglione delle Stiviere ottiene un ottimo giudizio in ambito ortopedico, così come quelli di Borgo Valditaro e Garbagnate Milanese, che sembrano surclassare persino il Niguarda e il Policlinico di Milano. Neppure va dimenticato l’ospedale di Manerbio, in netta ripresa rispetto alla graduatoria degli anni scorsi.

I dati del ministero, perlomeno quelli resi pubblici, non menzionano invece l’ospedale di Cremona che quindi dobbiamo ritenere in posizione di classifica più defilata e comunque non al livello  irraggiungibile di quello di Lodi. Ma su quali basi è stata costruita questa graduatoria? Sarebbe sbagliato paragonare questa classifica a quella del campionato di calcio, basata sui risultati ottenuti,  tre punti per la vittoria, un punto per il pareggio, tutto assai chiaro e facilmente comprensibile. Si tratta in realtà di una graduatoria basata principalmente sugli aspetti organizzativi, vale a dire sulle modalità con le quali  viene gestito un ospedale, sui tempi di attesa per interventi ortopedici urgenti (ad esempio quelli relativi a fratture del collo del femore negli anziani non dovrebbero superare le 48 ore)  e sui tempi di dimissione/degenza, anche se non mancano dati clinici, quali la mortalità dopo interventi a livello cardiaco. E’ quindi possibile ritenere che gli ospedali in vetta alla classifica siano assai ben organizzati e ancora meglio gestiti, indipendentemente dalla qualità reale dell’assistenza, che rappresenta invece il principale motivo per cui un paziente si rivolge a un ospedale piuttosto che ad un altro.

In altre parole è verosimile che la classifica in questione non tenga in gran conto l’impegno e la competenza degli operatori sanitari, quelli che sono in prima fila per tenere in piedi l’assistenza sanitaria ospedaliera e che, spesso contro tutto e contro tutti, si dannano per migliorare il nostro stato di salute. Quindi si tratta prevalentemente di un modello organizzativo, non clinico.

A questo punto però sorgono spontanee alcune domande (in attesa di risposta):  come e dove si colloca in realtà l’attuale  ospedale di Cremona in questa graduatoria? Nel caso di una posizione di classifica non soddisfacente, non varrebbe la pena, prima di investire tanti soldi nella costruzione di un nuovo ospedale, pensare a miglioramenti non solo edilizi, ma anche (soprattutto) organizzativi/gestionali?  Un’ultima considerazione: in genere l’organizzazione, quale che sia, parte dall’alto, quasi mai dal basso. Una riflessione a questo proposito potrebbe essere assai opportuna.

 

Pietro Cavalli

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