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Eccoci anche quest’anno alla tradizionale e secolare festa di Ognissanti e di tutti i defunti, che una volta ai chiamava I Santi e I Morti e che oggi ahinoi è finita per essere più nota come Halloween, nome e festa del tutto americani e protestanti e ben poco italiane e cattoliche.

E per la verità anche le caratteristiche e senza dubbio affascinanti zucche con gli occhietti e il ghigno bislacco stanno perdendo terreno a favore di facce insanguinate streghe e corpi bendati, omaggio più agli zombie e ai film splatter che all’originale Halloween, che prende vigore agli inizi del 1800 grazie al racconto di Washington Irving, Il Mistero della Valle Addormentata, in inglese Sleepy Hollow. Un racconto di fantasia ambientato nella campagna newyorkese di allora, popolata di ferventi contadini protestanti e superstiziosi, affollata di folletti e spiriti maligni, tipico retaggio di quei pionieri che cercarono fortuna in terre sconosciute e selvagge, piene di pericoli molto reali quali indigeni e animali. E così, quel buio inquietante delle lunghissime notti nelle terre inesplorate era più rassicurante se riempito di fantasmi inventati che di pericoli reali, ed erano comunque storie che educavano a temere la notte e a starsene in casa al sicuro.

Quelle terre selvagge buie e pericolose sono entrate nel DNA degli americani agli albori della loro storia e non li hanno più abbandonati, fino a portarsele dritte dentro il cinema hollywoodiano. Se non ci credete riguardatevi l’inizio de Il Cavaliere della Libertà di Griffith, mirabile film su Ambramo Lincoln del 1930 e vedrete se non era ancora così.

Ma torniamo alla nostra zucca che ridacchia spaventosa, che è appunto quella del cavaliere senza testa del racconto di Irving, retaggio dei fantasmi della eroica guerra di indipendenza americana combattuta pochi anni prima e i cui tanti morti ancora cercano un po’ di pace e di ricordanza. Aiutata dalla stagione e dall’essere uno splendido e poco costoso frutto dell autunno, la zucca di Sleepy Hollow è divenuta simbolo per antonomasia di Halloween, che etimologicamente per nostra fortuna significa proprio Veglia di Tutti i Santi. Insomma questi racconti avevano il sano scopo di invitare alla prudenza notturna, di lasciare in pace i morti e di aspettare fiduciosi il festeggiamento dei Santi e il ricordo dei propri cari, tutto il contrario dello Halloween di oggi.

La sua deriva satanico zombista e splatter, che viviamo oggi, è il frutto di due componenti assai diverse tra loro ma che hanno in comune la matrice anglo-americana.

La prima è storica e religiosa: le storie di cadaveri che escono dalle tombe in cerca di vittime sono proprie infatti  delle culture non cattoliche americane: per la Chiesa di Roma non esistono infatti zombi o vampiri, e il diavolo in terra non può giocherellare coi morti e nemmeno con le anime: queste ultime se devono stare tra Paradiso e Inferno lo fanno in Purgatorio, entrato definitivamente nella dottrina cattolica col Concilio di Trento, e i santi e martiri proteggono i credenti dalle forze demoniache. Tutto questo nelle culture protestanti non c’è, e ha prodotto nei secoli una zona d’ombra dove i morti si mettono a visitare i vivi senza troppi complimenti.

Nella cultura anglo-americana irruppe poi Shakespeare con il Sabba delle streghe del Macbeth, tutto sangue pipistrelli e pentoloni, causando un trauma irreversibile che ha ingenerato l’horror hollywoodiano come lo conosciamo oggi. E dato che la cultura americana è quella dominante da 50 anni, noi abbiamo fatta nostro qualcosa che proprio non lo era e che oggi ha definitivamente dilagato soprattutto tra i bambini negli ultimi 20 anni. Basti pensare che la prima edizione italiana del racconto di Irving risale solo al 1942, e che, ancora quando ero bambino io, Halloween non aveva alcuna importanza: si aspettava carnevale con ansia per mettersi in costume.

Halloween è a tutti gli effetti diventata una festa commerciale, fatta per vendere costumi, trucchi e maschere, dolci e caramelle, e organizzare feste e bagordi in locali di ogni genere. E come tutte le feste commerciali, si sgonfia proporzionalmente all’alleggerirsi dei nostri portafogli, cosa che sta matematicamente accadendo.

 

Francesco Martelli

sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

docente di Archivistica all’Università degli studi di Milano

 

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