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Biogas, uno scempio autorizzato e molti fallimenti

9 Gennaio 2025

Una disamina conferma che progetti di impianti di biogas, tenuti segreti in fase iniziale sul nostro territorio provinciale, hanno portato solo traffico, rumore, odori sgradevoli, rifiuti. Questi impianti hanno trasformato l’economia dei luoghi e violato la bellezza della campagna, saccheggiata da interessi finanziari, cementificata, inquinata da mezzi pesanti, pesticidi, rogge contaminate e refluodotti che attraversano chilometri di campi, col benestare del Dunas.

Perche falliscono i progetti di biogas e biometano?

Parliamo di  un’analisi retrospettiva dei progetti andati male negli ultimi quindici anni a cura di Mario Rosato. In linea di massima, un impianto di biogas dovrebbe essere sempre redditizio a prescindere dagli incentivi tariffari, altrimenti come si spiega che nel mondo esistono oltre 40 milioni di piccolissimi impianti, perlopiù privi di ogni tecnologia, in funzione malgrado non ricevano alcun tipo di sovvenzione statale? Eppure, osserviamo un calo del numero di impianti costruiti ogni anno, e alcuni che sono stati chiusi o che operano a regime ridotto. E molti imprenditori si lamentano di non avere raggiunto la redditività attesa.

Analisi critica delle cause tecniche degli insucessi

La due diligence e la Valutazione di Impatto Ambientale non garantiscono il successo. Tali procedure si concentrano su aspetti finanziari e amministrativi, assumendo che i presupposti di calcolo e le scelte progettuali siano corretti, cosa che, almeno nell’esperienza professionale, raramente si verifica. Le conclusioni sono basate su presupposti falsi che però talvolta possono rivelarsi veri, ma per puro caso. E questo spiega perché la maggioranza degli impianti funzioni malgrado abbia grosse carenze progettuali e venga gestita con metodi piuttosto approssimativi.

Pregiudizi cognitivi e valutazioni superficiali degli investitori

Tali situazioni si verificano più spesso quando gli investitori non sono imprenditori agricoli e quindi assumono fatti che un vero agricoltore o allevatore valuterebbe molto attentamente. L’esempio più ricorrente nei progetti di biogas portati avanti da gruppi di capitali: assumere che si possa comprare qualsiasi quantità di sottoprodotti in qualsiasi momento e al prezzo ipotizzato nel business plan.

Pregiudizi cognitivi e valutazioni superficiali di progettisti e promotori

Negli ultimi quindici anni molte aziende si sono proposte come progettiste e costruttrici di impianti di biogas, per fallire poco dopo. Il fatto che un soggetto sia stato in grado di progettare e costruire un impianto fotovoltaico o un manufatto in calcestruzzo non garantisce che sia capace di progettare, e soprattutto di far funzionare, un digestore.

Ecco una serie di errori.

♦️ Non adottare la norma UNI 10458 in fase di redazione del contratto.

♦️ Redigere i business plan su dati di produttività “da letteratura”

♦️ Il potenziale metanigeno (Bmp) delle biomasse non è una “costante universale” che si può prendere da un manuale

♦️ Non fare un’indagine preliminare per identificare la fonte di inoculo anaerobico più adatta per l’avviamento dell’impianto.

♦️ Adottare dati di Bmp misurati con metodi non biologici

♦️ Assumere che ciò che funziona o ha funzionato altrove possa funzionare ugualmente in un determinato contesto

Una frase conferma tali pregiudizi sbagliati: “In Germania ci sono mille impianti uguali che vanno benissimo”-

♦️ Assumere che i risultati ottenuti in passato in un dato impianto si verificheranno anche in futuro.

..gli impianti “invecchiano”
…la qualità delle biomasse varia…
…diversa qualità delle partite di sottoprodotti da diversi fornitori (perfino casi di truffa)
variazioni stagionali della qualità delle biomasse (umidità, ossidazione, proliferazione di muffe);
… fattore umano (personale più o meno addestrato o diligente);
….riduzione graduale della Sma dell’ecosistema batterico

♦️ Scelta sbagliata della tecnologia di digestore e della dieta

♦️ Componenti “griffati”: acquistare i componenti principali (cogeneratore, pompe, sistema di alimentazione) da aziende ritenute “prestigiose” rappresenta sicuramente un maggiore costo iniziale ma non garantisce il successo dell’investimento.

♦️ Sovradimensionamento non necessario

♦️ Incompetenza del gestore o del “biologo”

https://agronotizie.imagelinenetwork.com/bio-energie-rinnovabili/2025/01/07/perche-falliscono-i-progetti-di-biogas/86485

Ecco alcuni esempi sul nostro territorio di scelte prese a danno dei cittadini e a loro insaputa
– Pieve San Giacomo
-https://www.facebook.com/share/p/18K3xSSiV6/

– Torre De’ Picenardi
– https://www.facebook.com/share/p/1Eednvx8yh/
– agnadello
– https://www.facebook.com/share/p/15fDKMEkXj/

 

Maria Grazia Bonfante

6 risposte

  1. È triste constatare che ottime persone come l’amica Bonfante ed altri politici da qualche tempo si siano fatti abbindolare dalla cultura “nimby” alla ricerca di un miope consenso e da aspetti ideologici che l’emergenza climatica non può sopportare (un vecchio segretario generale dell’ONU a chi chiedeva se di fronte alla crisi climatica esisteva un “piano B” rispondeva «Non c’è un piano B perché non c’è un pianeta B”»). Ormai ogni anno è il più caldo non solo del precedente, ma “di sempre”. L’asticella della definitiva incontrollabilità dell’aumento delle concentrazione di gas serra in atmosfera è molto vicina e tesi come quella sostenuta contro il recupero del metano da fonte biologica l’avvicinano ancora di più. Consiglio tutti di andare a leggere il documento di Legambiente nazionale “LO SVILUPPO DEL BIOMETANO PER L’ECONOMIA CIRCOLARE E LA LOTTA ALLA CRISI CLIMATICA IN ITALIA” che inizia così: «La produzione del biometano è una grande opportunità per l’economia circolare e per la lotta alla crisi climatica nel nostro Paese. Lo sviluppo degli impianti a biometano è fondamentale e comporta notevoli vantaggi ambientali su diversi fronti: …».

    1. Conti alla mano il biometano non funziona. Non appena finiscono gli incentivi questi impianti verranno abbandonati e nemmeno dismessi per via dei costi di bonifica che sarebbero necessari.

    2. Gentile Benito,
      chi rimane indipendente conserva la propria forza. Consiglio di approfondire gli interessi di Legambiente a partire da AzzeroCo2. Questo articolo è attuale sebbene datato qualche anno fa: https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06/10/legambiente-una-lobby-economico-politica-laccusa-degli-altri-ambientalisti/1003687/?fbclid=IwY2xjawHt8o9leHRuA2FlbQIxMQABHeDOXAavA93rrxPwgVoFczpzMc3YjlAEnUOJ0duz4Qoa_JjZP-1ewVdHVw_aem_-43UxivMC6zuZ_UfS4yyQw

      Altresi suggerisco vivamente di verificare quanti circoli di Legambiente sui territori sono contro gli impianti e sottoscrivono diffide ai Comuni.
      Consiglio per aggiornamenti con documenti ufficiali la pagina https://www.facebook.com/share/g/1FUuSJC11C/
      Un cordiale saluto

    3. “Non abbiamo un pianeta B”, verissimo! Appunto per questo non possiamo permettere che il territorio dove viviamo sia devastato da follie pseudo ‘green’ come quelle di biogas e biometano.
      A proposito, perche questi ridicoli impianti non se li fanno con soldi propri, senza contributi e incentivi pubblici a carico dei contribuenti? Agli affaristi della fuffa ‘green’ i soldi, a tuti gli altri veleno e desolazione di territori violentati.

      1. Non ho risposte di fronte alla “non conoscenza”. Credo solo che il signor Francesco debba documentarsi molto di più e, al contempo, gli auguro di cuore che sia chi ha nozioni maturate negli anni a sbagliare.

  2. Precisato che mai sono stato membro dell’associazione “Legambiente” e che a livello locale spesso questa è stata (e spesso lo è ancora) funzionale a criticabili posizioni grate all’opinione pubblica e compiacenti le pubbliche amministrazioni, faccio notare che l’articolo di cui si parla è di oltre 10 anni fa. Come dire: un’era fa. Mentre mi risulta che Legambiente in questi ultimi anni ha cambiato i suoi vertici nazionali, devo ricordare che la gravità della situazione, superando in preoccupazione ogni altro problema, è scandita dal triste primato dell’anno appena trascorso: “il più caldo di sempre”. Il ritmo di crescita delle temperature pare essere sfuggito al controllo della comunità scientifica se è vero che soltanto sette anni fa, 2018, si riteneva che la temperatura di + 1,5° C in più dell’inizio dell’era industriale, quella raggiunta mediamente nel 2024, sarebbe stata raggiunta tra gli anni 2030 e 2040, ovvero oltre 6 anni dopo. Se fino al 2023 l’aumento annuo era di 0,02° C, nel 2024 si è arrivati ad un + 0,07° C! Allora il problema vero sta in una pubblica opinione divisa e incapace di influenzare il mondo della politica, sta nella divisione tra chi teme di subire per motivi locali “molestie olfattive” o rumori sgradevoli e chi ha nelle sue preoccupazioni il domani di chi oggi va a scuola e teme che potrebbe non arrivare a godere di una serena maturità e vecchiaia.
    Come il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres, Papa Bergoglio, il Presidente Mattarella predicano invano, “NON C’È PIÜ TEMPO”! Occorre allora riunire ogni energia disponibile per rallentare questa corsa verso la sesta estinzione di massa. Che ognuno di noi, a prescindere dalle proprie convinzioni partitiche, indirizzi unitariamente i propri sforzi per costringere le pubbliche istituzioni a fare scelte sagge e lungimiranti. Riuniamoci e proviamo a creare un modello comportamentale esportabile.
    A supporto della mia proposta, invito chi sarà interessato a vedere questo lungometraggio dell’IPCC Italia e, magari, renderlo pubblico in un incontro con la cittadinanza.
    CAMBIAMENTI CLIMATICI 2023: RAPPORTO DI SINTESI DELL’IPCC – AR6
    Gentile Maria Grazia, si convinca, siamo tutti sulla stessa barca e il nemico che pare essere rimasto è il ritardo culturale dei “decisori politici”. Il sistema deve cambiare e sta cambiando, anche se, per loro colpa, troppo lentamente.

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