Biogas e biometano a Sergnano, collezionate figuracce

30 Giugno 2023

«La conferenza istruttoria evidenzia che la documentazione allegata all’istanza agli atti  non risulta esauriente; infatti alla luce dei contributi tecnici pervenuti, rileva che non è stato fornito adeguato riscontro alla carenza, espressa dagli enti territoriali competenti, degli elementi necessari ad una esaustiva valutazione della proposta progettuale».

Il verbale e gli allegati verranno messi sul portale SILVIA.

 Considerato tutto questo i proponenti dell’impianto hanno deciso di chiedere l’archiviazione dell’istanza.

E’ la conclusione della Conferenza di servizi che si è tenuta ieri mattina (29 giugno) per la verifica di assoggettabilità  a Via (Valutazione d’impatto ambientale) per un  progetto atto a modificare un impianto di  biogas già esistente a Sergnano. Una modifica che Arpa e Ats hanno considerato non congrua con le norme vigenti e che ha portato alle conclusioni sopra citate.

Può succedere. E non c’è da scandalizzarsi. Però quanto accaduto ieri permette a quattro sindaci di ritornare su un progetto di impianto di biometano da realizzare nella stessa zona. Progetto che vede in campo gli stessi  protagonisti: comuni e medesimo proprietario del biogas. 

Perché ritornaci? Perché la conferenza di servizi di ieri sul biogas riporta alla ribalta  un increscioso episodio che si è verificato lo scorso anno per il biometano nei giorni precedenti un’altra Conferenza di servizi

Il 12 maggio 2022, il quotidiano La Provincia, in versione house organ della Libera associazione agricoltori cremonesi,  poco più di un bollettino parrocchiale, titolava  a sei colonne su due righe: «Biometano della discordia: Se a vincere è l’ideologia…» con i puntini finali. 

 L’articolo  riferiva di un impianto di biometano che una società intendeva (e intende)  costruire a Sergnano. Uno dei soci di questa società è, appunto, lo  stesso proponente del biogas. Inoltre è una figura di spicco della Libera associazione  agricoltori cremonesi.  

I reprobi, schiavi dell’ideologia, erano Antonio Grassi, Agostino Guerini Rocco, Roberto Barbaglio, Ferruccio Romanenghi, rispettivamente sindaci di Casale Cremasco Vidolasco , Campagnola, Pianengo, Ricengo.

 Pochi giorni prima avevamo formalizzato le loro osservazioni ed un parere «non favorevole» alla realizzazione dell’impianto».  Inoltre sollecitavano «la richiesta di archiviazione della pratica, e in ogni caso di demandare la decisione all’Amministrazione Provinciale».

Guai a toccare coloro che credono di vivere ancora al tempo del Sciur padrun da li beli braghi bianchi e pensano di controllare il territorio perché proprietari di un foglio che è poco più di un bollettino parrocchiale. 

Alcuni di costoro sono entrati a gamba tesa  contro i quattro sindaci, colpevoli di avere svolto con coscienza il proprio lavoro. Nulla di più, nulla di meno.

 L’articolo de La Provincia bollava le osservazioni dei tapini «rilievi ritenuti sostanzialmente infondati e pretestuosi dagli allevatori interessati al progetto».

 Allevatori che, con scarso coraggio, coperti dall’anonimato, sottolineavano che i sindaci «parlano di impatto ambientale, evidentemente senza sapere che viene calcolato in tutte le sue implicazioni secondo rigidi criteri stabiliti dall’Unione Europea. E si attribuiscono competenze tecniche che non hanno. In quegli ambiti, il giudizio spetta esclusivamente all’Ats e all’Arpa, che applicano le norme. Discutere è certamente giusto, ma bisognerebbe farlo su basi solide e verificabili. Magari guardandosi anche un po’ intorno. Si fa un gran parlare di economia circolare, sostenibilità, transizione ecologica; della necessità di mettere in piedi rapidamente alternative pulite ed autonome nel campo dell’energia e dei carburanti; di scongiurare una crisi che potrebbe avere effetti devastanti. Poi, peròquando gli imprenditori accettano la sfida scatta la gara dei no aprioristici e basati sul niente. Un atteggiamento insensato e irresponsabile, che ci auguriamo non trovi seguito».

Probabilmente gli allevatori anonimi non avevano colto che i quattro moschettieri non solo si erano guardati intorno, ma per osservare meglio avevano utilizzato anche la lente di ingrandimento fornita dalle leggi e dalle norme allora vigenti. Avevano motivato la loro posizione , in quattro cartelle, divise in paragrafi  ricchi di riferimenti e osservazioni tecniche dettagliate.

 E dell’economia circolare erano espertissimi nel senso che, dopo avere esaminato il progetto, le palle erano girate vorticosamente.

E passato più di un anno. L’impianto di biometano è ancora in alto mare a dimostrazione che  non era acqua fresca  come gli anonimi allevatori sostenevano. Al contrario, il tanto tempo trascorso conferma che le perplessità dei quattro sindaci non erano  campate per aria. 

Mostrare i muscoli quando ci si crede i più forti è rischioso. Poi si dice che, se non si sta più che attenti, il siluro torna indietro verso chi lo tira. Caccia a  Ottobre Rosso, insegna.

E la conferenza di servizi di ieri sul biogas dimostra che non basta schierarsi dalla parte  delle energia alternative per avere la strada spianata. Il biogas e il biometano sono prima di tutto  business, che non è il diavolo, ma neppure acqua santa. 

Bollare per no aprioristici le osservazioni dei sindaci, ma anche di chiunque altro con buon senso e spirito costruttivo pone degli interrogativi non giova a nessuno.

 Usare il quotidiano La Provincia per dimostrare il proprio potere è infantile e non spaventa nessuno. Soprattutto non porta a grandi risultati. 

Il tempo è galantuomo e infatti dopo oltre un anno, grazie alla conferenza di servizi di ieri sul  biogas  è tornato alla ribalta anche l’impianto di biometano.  Senza dimenticare che nella stessa zona c’è anche l’insediamento  Stogit.

Detto questo le scuse degli allevatori anonimi ai quattro sindaci non sarebbero fuori luogo. 

 

Antonio Grassi, sindaco di Casaale Cremasco Vidolasco

Agostino Guerini Rocco, sindaco di Campagnola Cremasca

Roberto Barbaglio, s indaco di Pianengo

Ferruccio Romanenghi, sindaco di Ricengo

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