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Breast Unit. La crisi nasce col pensionamento del chirurgo Alberto Bottini

21 Febbraio 2022

Iniziano da lontano le difficoltà del Centro di diagnosi e cura del cancro al seno dell’ospedale maggiore di Cremona.  Le pazienti lanciano appelli in rete e scrivono alla vicepresidente e assessore alla Sanità della Regione Lombardia Letizia Moratti chiedendole di salvare Breast Unit e Area Donna. Curiosamente questo attivismo parte dal 15 febbraio, data in cui è cominciato il concorso per la sostituzione del primario Rodolfo Passalacqua che va in pensione. Al candidato unico iniziale, Daniele Generali, che ha affiancato per anni Alberto Bottini, fondatore della Breast Unit, si sono aggiunti Diego Cortinovis, direttore facente funzione del reparto di Oncologia Medica presso l’Azienda ospedaliera San Gerardo di Monza e Brianza, e Giuseppe Procopio, oncologo all’Istituto Tumori di Milano. Il tamtam sul web è orchestrato, sotto sapiente regia, dalle associazioni che si occupano delle pazienti oncologiche e che comprensibilmente hanno tutto l’interesse a tenere in vita l’Area Donna, ma che forse sono inconsapevoli del fatto che una riorganizzazione a questo punto è inevitabile.

La crisi della Breast Unit coincide col pensionamento di Alberto Bottini che aveva ideato e sviluppato il reparto di patologia oncologica mammaria specializzandosi in questa branchia della chirurgia. Anziché trattenere con un rapporto professionale il medico in quiescenza, lo si mise nelle condizioni di continuare l’attività altrove, prima sfruttando la sua professionalità a titolo gratuito all’Oglio Po di Casalmaggiore, poi dandogli il definitivo benservito col direttore generale Camillo Rossi. Sulla scorta dell’esperienza maturata e della stima guadagnata nei decenni trascorsi in sala operatoria, è stato facile per Bottini trovare un’altra collocazione. Ha scelto l’Humanitas di Milano che per parecchie sue pazienti e per molte altre, cremonesi e non che col tempo si sono aggiunte, è diventato un approdo sicuro. La conseguenza di questo esodo è stato un vistoso e progressivo calo dell’utenza della Breast Unit. Perché non è stato assunto un chirurgo quotato per mantenere inalterata la qualità dei servizi offerti dal reparto? Il predecessore dell’attuale direttore generale dell’ospedale maggiore ha congedato Bottini e non l’ha sostituito. Pensava che la perdita di un professionista valido e stimato non compromettesse la funzionalità dell’Area Donna? La logica delle consorterie interne, mai premianti delle professionalità, ha bloccato il naturale avvicendamento, in questo caso tra chirurghi.  Tra l’altro sotto la direzione di Camillo Rossi gran parte dei finanziamenti regionali all’ospedale sono confluiti nella Breast Unit creando squilibrio tra i dipartimenti e malumore nei primari. Era necessario un riassetto che adesso si sta concretizzando.  Con l’attuale direttore generale Giuseppe Rossi si è verificata inoltre la perdita di tre radiologi che hanno dato le dimissioni per incompatibilità ambientali e che adesso sono in servizio presso altri ospedali. Anche queste defezioni hanno contribuito a depauperare la Breast Unit. L’esito della riorganizzazione è tutto da vedere, ma la scelta di un responsabile con ottime referenze nel campo oncologico va nella giusta direzione.

L’autonomia conferita alla Breast Unit è stata giustificata dall’alta incidenza del tumore al seno in provincia di Cremona. Altre patologie oncologiche diffuse in provincia vantano primati altrettanto gravi e non sono trattate in reparti specifici. La qualità delle prestazioni e dei professionisti conta più delle etichette: un’Area Donna povera di professionalità e senza strumenti adeguati ha poco valore. Serve solo a mantenere rendite di posizione. Vale anche in questo caso la considerazione di fondo sul nuovo ospedale: gli uomini, cioè i medici, sono più importanti del contenitore.

Che spazio avrà l’oncologia nel futuro, avveniristico nosocomio cremonese? A questa e ad altre domande sui contenuti deve cercare di avere risposte precise il sindaco di Cremona quale responsabile della sanità pubblica.  ‘In questi giorni – scrive su Facebook Gianluca Galimberti – ho ricevuto messaggi di legittima preoccupazione per una possibile chiusura da parte di molte cremonesi che frequentano o hanno frequentato in questi anni anche per percorsi dolorosi e lunghi i servizi dell’Area Donna, un’eccellenza della nostra sanità. Ho subito scritto al direttore generale Rossi e al primario Passalacqua chiedendo un incontro urgente per approfondire la situazione, sempre con spirito costruttivo. Questo anche alla luce del percorso in corso sul nuovo ospedale che non è e non deve essere un percorso sulla struttura ma anche e soprattutto sul contenuto e sui servizi con attenzione a quella medicina pubblica territoriale che è sicuramente aspetto imprescindibile di un corretto sistema sanitario’.

 

Vittoriano Zanolli

 

 

 

3 risposte

  1. Ma questo Rossi cosa sa fare? Se invece della struttura si potenziassero i medici necessari, non sarebbe tutto più semplice, meno costoso e più utile per i cittadini? Durante la pandemia è andato in pensione il dottor Bosio, pneumologo di alta competenza, e non gli è stato consentito di proseguire il lavoro quando c’era carenza di medici. ALLUCINANTE!

  2. Le Breast unit sono individuate come strutture organizzative indispensabili per una risposta competente alle esigenze delle persone affette da tumore al seno. Sono previste dalla normativa europea e nazionale fino alla conferenza Stato-Regioni con le linee di indirizzo. Non appartengono a iniziative di singoli ma a strategie nazionali e internazionali. Le ragioni stanno nella bibliografia sul tema

  3. Caro Vittoriano, che malinconia vedere l’ospedale che perde pezzi in continuazione di fronte all’indifferenza ( diciamo così) delle gerarchie politiche …ogni commento e considerazione suona superfluo, ma forse è colpa nostra: noi abbiamo dato il voto a questa gente che , indipendentemente dallo schieramento di appartenenza, dimostra incompetenza condita con una buona dose di cinismo( uniquique suum).

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