Cremona, Forte Apache: una storia di resistenza civile

8 Maggio 2022

‘Erano gli anni di Tangentopoli. I rifiuti sono un problema oggi, figuriamoci negli anni novanta. La soluzione dell’inceneritore appariva tecnicamente e finanziariamente ineccepibile per Comune, Provincia di Cremona, Aem, ma non per i cittadini’. Maria Grazia Bonfante, già sindaco e adesso consigliere comunale di Vescovato, ha introdotto l’incontro con Antonio Grassi, autore del libro ‘Forte Apache e dintorni’  descrivendo il contesto nel quale maturò la decisione di affrancare città e provincia dalla dipendenza dalle discariche di altri territori dove si smaltivano i rifiuti cremonesi. Si imboccò con decisione la strada dell’incenerimento mediante la realizzazione di un termovalorizzatore in zona San Rocco, tuttora attivo nonostante l’impegno di spegnerlo assunto dal sindaco Gianluca Galimberti nella campagna elettorale del 2019.

‘All’inizio era il presidio, poi divenne Forte Apache’: l’incipit del volume introduce la ricostruzione minuziosa di una vicenda senza precedenti a Cremona e che oggi appare irripetibile. Sul luogo dove poi fu costruito l’inceneritore era stata posizionata una baracca nella quale giorno e notte si alternavano militanti del comitato spontaneo che si batteva contro quella localizzazione. A distanza di trent’anni da quei fatti, l’Arci di Persichello, presieduto da Simon Borchard ha chiesto a Grassi, introdotto da Giuseppe Moncada, di parlare del suo libro e di riflettere su quell’esperienza. L’autore, oggi sindaco di Casale Cremasco e Vidolasco, all’epoca giornalista de La Provincia, condusse quella battaglia dalle colonne del quotidiano locale, culminata nel referendum che bocciò il progetto, ma del quale l’Amministrazione non tenne conto. Nel corso di un infuocato consiglio comunale e dopo settimane di polemiche roventi, la maggioranza a trazione cattocomunista decise di ignorare il responso delle urne. Determinante in tal senso risultò il voto a sorpresa del consigliere verde Luigi Quadri che aveva militato al fianco del comitato durante l’intera campagna referendaria. Forte Apache, ha spiegato Grassi, divenne un soggetto politico che si relazionava con i partiti, con la stampa e direttamente con i cittadini. Aggregava realtà  eterogenee e persone di idee politiche anche diametralmente opposte quali il forzista Bruno Poli e Mario Bini, leader locale degli autonomi. Politicamente, culturalmente e socialmente divisi ma uniti da un obiettivo: impedire la costruzione dell’inceneritore.  Tra le peculiarità di quell’esperienza c’è anche il fatto che Cremona è stata la prima città in Italia ad applicare la legge 142 che istituiva il referendum consultivo comunale. Costò 180 milioni di lire letteralmente buttati visto che si concluse con uno scippo di democrazia.

Tra gli interventi all’Arci di Persichello, particolarmente significativo è risultato quello di Francesco Bordi, attivista del comitato che ha ricordato episodi minuziosamente raccontati nel libro. E ha fatto rivivere il clima del presidio, costantemente minacciato di sgombero, dove era palpabile il timore dell’arrivo delle ruspe. Vittoriano Zanolli, all’epoca caporedattore de La Provincia, ha spiegato perché a suo avviso non nascerà un altro Forte Apache a Cremona. Non c’è più un organo di informazione con la forza persuasiva necessaria a convincere  migliaia di persone a recarsi a votare ma soprattutto  oggi prevalgono disimpegno e indifferenza. Siamo cambiati, non in meglio. Dobbiamo prenderne atto.

Maria Grazia Bonfante ha attualizzato la discussione proponendo una riflessione sul ciclo dei rifiuti: ‘Il movimento ambientalista deve capire che non serve parlare di inceneritore – ha commentato – ma della necessità di ridurre la produzione dei materiali da smaltire. Occorre mettere in discussione la società e serve un soggetto politico che agisca non con scopi elettorali’. Oggi l’incenerimento è un business colossale, Per questo è difficile che alternative anche efficaci vengano accettate e applicate’.

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