Cremona inquinata, uno studio serio per stabilire le cause

18 Marzo 2024

Ovviamente, non si può che condividere il contenuto dell’articolo di Pietro Cavalli, essendo disponibili dati che parlano chiaro a proposito delle conseguenze dell’inquinamento sulla salute in Pianura Padana. In qualità di milanese di nascita con una forte vocazione alla ‘cremonesitudine’, devo dire che qui nella metropoli non siamo messi affatto meglio, con l’aggravante che per raggiungere un’area verde dove fare dell’attività fisica all’aria aperta bisogna percorrere chilometri e chilometri di cemento e asfalto dove il traffico inquinante la fa da padrone.

Tornando a Cremona, però, quello che varrebbe la pena di studiare e isolare in modo inoppugnabile sono le cause dell’inquinamento. Passo necessario per individuare le misure da intraprendere per diminuirlo. Raffinerie, acciaierie e altre tipologie di fabbriche contribuiscono senz’altro tutto l’anno. Quelle presenti nelle aree limitrofe alla città stanno adottando tutte le misure necessarie per ridurre drasticamente il contributo alla produzione di CO2, polveri sottili e altri inquinanti? Si tratta di attività economiche che, in quanto tali, offrono posti di lavoro nella provincia e, per poter essere durature nel tempo, devono essere profittevoli. Liberarsene facendole traslocare altrove rappresenterebbe un disastro a livello occupazionale e anche sul fronte dell’indotto. Imporre misure drastiche perché riducano i tassi di inquinamento potrebbe rendere l’attività diseconomica e, quindi, espellerle dal mercato. Con danno oltre che per i lavoratori e gli azionisti ancora una volta anche per l’indotto. Ovvero tutte le piccole aziende, le partite Iva i consulenti e gli artigiani che hanno rapporti di collaborazione. Costringerle ad adottare piani ragionevoli perché raggiungano nel tempo la neutralità dal punto di vista dell’inquinamento è forse l’unica via percorribile. Ma appare evidente che i risultati difficilmente si possono vedere nell’arco di un mandato. Vedremmo oggi un miglioramento della situazione se i politici eletti avessero avuto in agenda la soluzione del problema 10 o 15 anni fa. Li vedremo tra 10 o 15 anni se se ne faranno carico quelli che verranno eletti a breve.

Anche il traffico su strada rappresenta una fonte di inquinamento. Per quanto riguarda le attività industriali, devono essere regolamentate perché in un arco di tempo ragionevole possano essere certificate come green. O sostituito dalla rotaia.

Ma guai a impedire ai privati di raggiungere il parrucchiere, la tabaccheria o il panettiere con la propria auto. Tutti i tentativi di ridurre il traffico automobilistico in città, le isole pedonali, le Ztl incontrano più ostilità che consensi. Eppure, non dovrebbe essere così difficile spiegare a cosa servono.

Un’aggravante indubbia è rappresentata dal pendolarismo che porta in città ogni giorno le auto di chi si reca per lavoro. Sono centinaia, migliaia? Io non ho un’idea precisa, se non una sensazione derivante dall’impossibilità di trovare parcheggio nei così detti orari lavorativi. Migliorare la quantità e qualità dei servizi pubblici consentirebbe di ridurre il fenomeno? La gente si adatterebbe? Anche qui i tempi di realizzazione non sono brevi, soprattutto perché occorre trovare le risorse da investire.

Un’altra causa da misurare, di cui si parlava poco in passato e che sento citare sempre più spesso tra quelle responsabili dell’emissione di anidride carbonica pure all’estero, è rappresentata dagli allevamenti intensivi. E Cremona ne è circondata. Ovviamente non li si può eliminare, ci mancherebbe! Leggo però che esistono novità nell’alimentazione di bovini e ovini che possono contribuire a ridurre drasticamente il fenomeno. Si può concordare con le grandi aziende agricole un percorso virtuoso perché diventino ‘carbon free’? Quale impatto economico avrebbe?

Infine, è inutile nascondere che d’inverno gli indicatori dell’inquinamento sono sempre più alti che nella bella stagione e che quando si spengono gli impianti di riscaldamento delle abitazioni tiriamo un sospiro di sollievo. Non ricordo domeniche ecologiche estive! Allora questa è una responsabilità di noi tutti, che possiamo spontaneamente, per senso di responsabilità, allettati da vantaggi fiscali o costretti da normative sempre più stringenti a livello nazionale e sovranazionale rottamare i vecchi impianti a vantaggio di altri con livelli di emissioni tollerabili. C’è un costo, ovviamente, lo vogliamo sostenere?

Per concludere, se fossi un governante o un aspirante tale per prima cosa consulterei tutti i dati esistenti e commissionerei uno studio per raccogliere quelli mancanti al fine di individuare le cause primarie dell’inquinamento che uccide, al di là di leggende metropolitane e fake news. Sulla base del quadro che si andrebbe delineando, si dovrebbero stabilire le priorità.

I nostri governanti non lo fanno? Dobbiamo farlo noi come cittadini, per poi imporre un’agenda politica a chi vuole la nostra fiducia. Siamo disposti a fare dei sacrifici per questo, oppure ci attendiamo, per una volta, che la soluzione arrivi fortunosamente dal cielo?

 

Filippo Genzini

Milano

Candidati alle elezioni, sapete che Cremona è uno dei luoghi più inquinati del mondo occidentale?

Una risposta

  1. “Devo dire che qui nella metropoli non siamo messi affatto meglio, con l’aggravante che per raggiungere un’area verde dove fare dell’attività fisica all’aria aperta bisogna percorrere chilometri e chilometri di cemento e asfalto dove il traffico inquinante la fa da padrone” Non si rammarichi, F. Genzini, non sta perdendo nulla perchè le aree verdi a portata di mano che qui non mancano (abito in campagna) sono tanto inquinate quanto la metropoli. E’ inquinamento da colture e allevamenti intensivi con annessi impianti di produzione di biogas e anche biometano che hanno snaturato questi settori di economia primaria industrializzandoli. E’ attività industriale tassata come agricola e finanziata sul capitolo oneri di sistema delle nostre bollette e che per giunta inquina l’ambiente, stressa e impoverisce i terreni con monocolture soprattutto di mais che poi viene bruciato negli annessi impianti. L’arch. Ermentini nell’ incontro “Paesaggio e democrazia” di sabato scorso ammoniva “Si dica che è peccato cioè moralmente inaccettabile bruciare mais.”

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