Biogas: democrazia scippata e politica azzerata dall’economia

3 Aprile 2023

GLI EDITORIALI DI ADA FERRARI

Azzardai tempo fa l’ipotesi che il modello  ispiratore dell’attuale Amministrazione cittadina sia Attila. E non mancai di chiedermi se stavo esagerando. Ma di fronte alla progettata centrale a biomasse con digestore nel già violato parco Po-Morbasco, ogni dubbio è fugato.  E così dopo discariche, referendum popolari ridotti a carta straccia, inceneritori di “imminente spegnimento”  in campagna elettorale ma con elisir di lunga vita a bottino elettorale incassato, il degrado ambientale sta per subire un ulteriore colpo. I fatti, a pentolone scoperchiato, sono noti. Mi limiterò dunque a qualche più generale considerazione di ordine politico culturale. Non senza una realistica premessa. 

Nessun cremonese dotato di elementare buon senso spero confidi nell’esistenza di fantasiose bacchette magiche in grado di distruggere a zero impatto ambientale la montagna di rifiuti che tutti noi – agricoltura, industria e privati cittadini – quotidianamente contribuiamo a produrre. Ma il buon senso suggerisce anche altro. Per esempio che, se questa materia fosse gestita con autentica logica di servizio pubblico e non di massimizzazione dei profitti societari,  la via maestra sarebbe  che ciascuno si faccia carico della gestione dei propri rifiuti a casa propria. E grazie alle avanzate tecnologie ormai a disposizione li smaltisca col più basso impatto su aria, acque  e terreni. Ma buon senso ed etica del servizio pubblico sono da tempo latitanti e pertanto le cose stanno assai diversamente per una quantità di ragioni. Non ultima, la montagna di retorica apparentemente progressista che da un certo momento in poi ha archiviato per vecchiaia e anacronismo la filosofia che ci aveva fin qui guidati nelle gestioni ‘domestiche’ e che, detta alla buona, consisteva nel famoso ‘piccolo è bello’. Cioè: teniamoci stretti e custodiamo a vista gli ambiti di autonomia municipale e i relativi salvadanai che ci garantiscono qualche grado di sovranità locale, discreto equilibrio fra bilanci aziendali e interesse collettivo ma soprattutto facoltà di autodeterminazione circa il futuro del territorio.  Senonché a un certo momento il ‘piccolo è bello’ si è convertito in ‘piccolo è brutto’ e nella narrazione ufficiale abilmente confezionata ci è stato spiegato che nel mare aperto del libero mercato e della finanza globale per le aziende di ridotta dimensione non c’è più né posto né futuro. O ti ingrandisci entrando con armi, bagagli e soprattutto salvadanaio di famiglia in qualche robusta cordata societaria o perisci. Sarà, ma non sono la sola a rivolgere nel giorno dei defunti un nostalgico pensiero alla cara, vecchia Aem.  Memoria tanto più nostalgica nel paragone coi succedanei che, a dispetto di promesse a piene mani dispensate a opinione pubblica e utenti, di fatto operano con meccanismi decisionali sempre più verticistici, opachi e distanti, non solo geograficamente, dai territori destinati a subirne le conseguenze. Non molto si sa per esempio della nuova tegola che A2A  potrebbe far precipitare sulla testa dei cremonesi, specie in relazione a quantità, natura e reale provenienza dei materiali che afferiranno al nuovo impianto. A giudizio di chi conosce la materia e a ragion veduta ne scrive la contaminazione di terreno e aria sarà inevitabile. E siamo alle solite: ottimo affare per la proprietà, pessimo per ambiente e salute dei cremonesi?  

Ma quando una comunità non gode più di autentica facoltà di controllo e condizionamento dei meccanismi decisionali che la riguardano si può ancora parlare di democrazia? Ovvio che il punto sta qui. Gran parte del vocabolario politico del ‘900 ma soprattutto degli strumenti operativi e procedurali con cui le nostre democrazie ai vari livelli territoriali hanno funzionato nella seconda metà del secolo scorso  vanno palesemente integrati e aggiornati. Sfumano infatti  nella marginalità elementi identitari e programmatici fino all’altro ieri centrali  mentre avanza tutt’altro universo di criticità e bisogni che esigono da politici e amministratori attenzione e risposte.  Rilevanza crescente ha per esempio la medicina per il territorio che vigila sul rapporto fra salute dei corpi e salute dell’ambiente: i suoi campanelli d’allarme sono stati per decenni colpevolmente ignorati o peggio insabbiati. A sua volta, dopo la tragedia del covid, è mutata la percezione che il cittadino ha dei diritti primari di cui è portatore e quello a una salute in tanti modi minacciata e compromessa è ormai al primo posto. Sfida a tutto campo, dunque, per le tradizionali culture politiche di rito destro come sinistro. 

Nello specifico contesto cremonese è attualmente il centro destra a godere di gioco facile nel denunciare malefatte  e scivoloni di una sinistra in clamorosa contraddizione con la facciata ambientalista di cui tuttora si fregia. Ma non per questo la destra dorma sugli allori: parecchio da riflettere ha anche su se stessa, sulle sue passate responsabilità e sull’attrezzatura culturale e  tecnico operativa con cui si candida ad ereditare la patata bollente del governo cittadino. Fare davvero il bene comune coniugando qualità della vita collettiva, cura dell’habitat e mantenimento di standard produttivi adeguati alla sopravvivenza del sistema, assomiglia sempre di più a una disperata   quadratura del cerchio.   E il suadente ‘parliamone’ con cui il primo cittadino sta tentando di sciogliere nell’avvolgente melassa del  ‘dialogo’ coi territori la dura sostanza della tematica ambientale che gli è esplosa fra le mani  mostra ormai tutti i limiti etici e procedurali  di un simulacro di democrazia evocato in extremis a copertura di scelte già maturate e concluse nelle stanze del Palazzo.  Quale il ruolo dei cittadini? Mai così liberi in apparenza, mai così impotenti in sostanza. Il che non suoni come polemica personale. Il problema va ormai ben oltre le specifiche responsabilità di questo o quell’amministratore. Il problema è ormai sistemico e strutturale: le società che operano sui territori gestendo una crescente gamma di servizi sono infatti sempre più spesso tasselli di quell’economia finanziarizzata e transnazionale che da tempo riesce a tenere sotto schiaffo politiche e politici deboli e in crisi di ruolo. Paradossale conclusione: concorrere a delegittimare e demonizzare politica e politici è oggi pratica ad altissimo tasso di autolesionismo.

La politica non va svilita e ulteriormente mortificata ma, al contrario, ne va strutturalmente irrobustito il potere contrattuale e di veto nelle trattative sempre più insidiose e complesse coi portatori di interessi economico finanziari. Interessi che vorrebbero, per l’appunto, ridurla a compiacente organo esecutivo dei propri comitati d’affari. Desiderabile dunque in ogni senso che nuove figure affianchino il decisore politico e amministrativo disponendo di parere non genericamente consultivo ma realmente vincolante. Servono portatori di competenze tecnico scientifiche dotati di autentica terzietà, cioè indipendenza, rispetto agli interessi in gioco.  Al posto di stuoli di consulenti tanto costosi quanto futilmente cervellotici, si riconosca adeguata voce in capitolo nella costruzione delle decisioni amministrative a medici di base, rappresentanti di associazione come Isde (Medicina per il territorio) e a un ambientalismo non fanaticamente ideologizzato ma tanto culturalmente attrezzato da poter autorevolmente dimostrare su quali evidenze scientifiche e sperimentali fonda i propri pareri. Sbrighiamoci a mettere al lavoro anche queste figure nei cantieri di una futura ‘democrazia territoriale’ tutta  da inventare. Se le cose evolveranno in questo senso è profezia molto difficile. 

Tornando invece al qui e all’oggi, ecco una profezia molto facile: il confronto sulle opere pubbliche e sullo smaltimento dei rifiuti – compreso l’indigerito digestore – sarà il protagonista della prossima campagna elettorale all’ombra del Torrazzo. Assisteremo insomma a una guerra guerreggiata a suon di autentica spazzatura. Un segno dei tempi? Temo proprio di sì.  

 

Ada Ferrari

  

 

4 risposte

  1. Dal punto di vista dello spessore che viene rappresentato dalla politica cremonese siamo la città più sfigata della Lombardia

  2. A proposito di quel “parliamone”, a giochi fatti vale molto. Lo definirei una sorta di “bidone democratico”. Un giochetto maldestro per far vedere che siamo ancora in democrazia e al tempo stesso per tentare di convincere con una nota suadente e avvolgente dialettica, povera però di contenuti e di vera sapienza, le ingenue voci contrarie.

  3. Quello che non sembra facile e immediato da comprendere è la mancata richiesta della VIA da parte dell’amministrazione Comunale chiamata a ospitare il nuovo impianto. Perfino A2A se pur tardivamente è arrivata a richiederla. Questo per poter continuare nel suo progetto. Ma chi dovrebbe avere a cuore la salute dei cittadini cremonesi invece va sulla fiducia. Il sindaco Marchi agisce diversamente, e così facendo tutela i suoi concittadini e anche i cremonesi. Il nostro sindaco e la sua giunta sembrano impegnati in altre più importanti e forse meno pubbliche questioni.

  4. Solo a vedere il logo A2a sobbollo di rabbia: 840€ di bolletta del gas non per i miei consumi, ma perché il mio contratto precedente scadeva, e il nuovo, che ” ti permetterà di continuare a beneficiare del prezzo fisso e invariabile della componente materia prima, per metterti al riparo da eventuali rincari” celava al suo interno la cifra di 2,92 € al metro cubo ( più rincaro di così non credo si possa trovare!)
    Ora, a parte che suddetta lettera, subitamente fotocopiatami dall’addetto), a me era arrivata solo per luce ( ovviamente non a quel prezzo!), e non per gas, chiedo chi si mette a leggere costi al metro cubo, soprattutto dopo il rassicurante prologo.
    Due le soluzioni proposte dalla signora allo sportello, intanto che mi partivano improperi: o, dato che l’azienda “si era resa conto della spesa gravosa per i clienti con questa tariffa”, continuare per 2 anni con dei bonus a percentuale che avrebbero ridato per le prossime bollette ( sempre a quasi 3 euro a metro cubo!!!), o passare al tasso variabile a 60 centesimi a metro cubo. Ora, il costo di 2,92 era su lettera datata settembre e il mio contratto precedente scadeva a gennaio. Alla domanda: ma perché se scadeva a gennaio, dove il gas era sceso almeno 5 volte il prezzo di settembre, avrei dovuto pagare quella cifra? Ma perché fa fede il prezzo della lettera!
    Dietro di me anziani e anziane con bollette esorbitanti, che chissà cosa ne avrebbero capito.
    Io ho capito invece che ora per luce e gas devi essere capace di giocare in borsa, leggerti ogni minimo cavillo e saltare da un gestore all’altro per anticipare fregature.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *