Elezioni regionali, dateci un ragionier Fantozzi che parli di sanità

29 Gennaio 2023

Manca Fantozzi.  Tra i concorrenti per il governo della Regione, manca il leggendario ragioniere che, con un lapidario «La corazzata Potemkin è una cagata pazzesca», si è guadagnato novantadue minuti di applausi ed è entrato nella storia del cinema. Manca e si sente. E’ un peccato.  A due settimane dal voto la campagna elettorale manca di originalità.  Non coinvolge. Stagna. Stenta a decollare. Traccheggia.  Manca e basta. Piatta, la singolar tenzone si trascina verso il traguardo con stanchezza. Scontata, flaccida, noiosa, è permeata da una diffusa renitenza a creare polemiche reali e non di facciata. E quattro dichiarazioni muscolose rilasciate per onore di firma non creano interesse.  Tra i cavalieri in gara non s’intravedono dioscuri e coloro che si atteggiano a tali sono i Castore e Polluce della banalità.

 Le paginate che il quotidiano La Provincia dedica alla campagna elettorale, con apprezzabile sforzo e dispendio di energie, rappresentano la fiera del risaputo e ricicciato. Interviste scontate e fotocopia, minestre riscaldate, non appassionano. Carta sprecata. 

 Nessuno dei candidati allo scranno regionale si allontana dagli schemi fissati dal partito, dai sondaggi, dagli spin doctor, ammesso che li abbiano.

 L’opportunismo esasperato e la monotonia delle regole del gioco non stimolano la curiosità degli elettori. Inducono allo sbrigativo sono tutti uguali. Al chissenefrega, classica espressione di chi è indifferente al contendere e al risultato. Oppure è scoglionato dalla rappresentazione proposta, ennesima replica delle precedenti. 

Non un colpo d’ala. Non un guizzo.  Tutti in gruppo. Tutti attenti a non staccarsi dalla ruota del corridore che li precede. Tutti pronti per lo scatto finale. E potrebbe essere eccitante una conclusione al fotofinish, ma non è lei in discussione. L’intoppo è a monte. Si annida nello svolgimento della corsa.  Non funziona. Non va. 

 Caratterizzata dalla mediocrità, che, intesa per moderazione, sarà pure aurea come sostiene il poeta latino, la pièce è  pallosa e di scarsa presa sui cittadini.

 Discorso diverso per gli attori. I circa 8 mila euro netti al mese incassati da un consigliere regionale sono un incentivo più che valido per tentare la sorte. Se si aggiungono le retribuzioni aggiuntive derivate dagli incarichi ricoperti, il rischio di spernacchiamenti e di buuu vale la candela. Poi ci sono le motivazioni politiche. Dovrebbero essere le prime. Dovrebbero e qui si entra in un campo scivoloso e spesso ambiguo.

Per modificare, anche di poco, registro basterebbe, per esempio, che uno dei gladiatori nell’arena, con fantozziano coraggio ammettesse: «Il nuovo ospedale di Cremona è l’abito che copre un corpo imperfetto e non risolve i problemi della sanità provinciale».  

Cenerentola, trascurata e in grave affanno, relegata nel sottoscala e, forse, nelle catacombe, la medicina di prossimità non viene riportata in superficie con un nosocomio d’eccellenza per pazienti super selezionati. Al contrario, potrebbe esserne penalizzata dalla montagna di denaro necessario per mantenere nell’iperuranio la medicina stellare. L’ospedalissimo sarà un’idrovora mangiasoldi e l’ipotesi che possa togliere, comunque depauperare, le risorse destinate alla medicina terrestre non è da scartare. 

E’ prioritario puntare su un cameo che porta lustro, fama e riconoscimenti all’azienda ospedaliera di Cremona, ma non incide in modo significativo sul cambiamento del sistema sanitario provinciale? Oppure è prioritario investire in un servizio meno prestigioso, più aderente alle esigenze dei cittadini e più incisivo sul miglioramento della sanità dell’intero territorio?

 L’ottava meraviglia del mondo non risolve i problemi della carenza dei medici di famiglia, del sovraffollamento del pronto soccorso, delle liste d’attesa con tempi biblici per alcune visite specialistiche, della prevenzione. Curerà anche i cyborg, ma l’articolo 32 della Costituzione impone che la salute sia un diritto di tutti, compresi i cittadini che si recano dal proprio medico di famiglia per la ripetizione della ricetta senza la preoccupazione di non  trovarlo.

 Il nuovo ospedale sarà un fiore all’occhiello per Cremona.  Sarà una Ferrari, ma per una sanità di base, quella quotidiana, che ha le suole delle scarpe con i buchi e le calze rammendate, sono più funzionali mille Cinquecento.

 Sarebbe una flebo di fiducia se almeno uno dei candidati proponesse: «I 300 e 0ltre milioni di euro per l’acquisto della Ferrari, impieghiamoli per comperare scarpe e calze. Prendiamo le mille Cinquecento e alla supercar ci pensiamo dopo».  

Avrebbe lo stesso effetto dirompente del giudizio di Fantozzi sulla corazzata Potemkin. Ma ci vuole coraggio e la piena coscienza del concetto di politica. Probabilmente è chiedere molto. Troppo. E il coraggio non si può dare a chi non l’ha. E la coscienza politica è un ferrovecchio difficile da rigenerare e da rimettere in circolazione.

Ma c’ è un altro aspetto del dibattito sulla sanità locale trascurato dai partecipanti alla maratona Cremona-Milano.  Un dettaglio meritevole di una loro riflessione e relativo pronunciamento. Se tanti quattrini vengono investiti per realizzare l’astronave che traghetterà la medicina del capoluogo provinciale nel futuro, quanto rimarrà per l’ospedale di Crema?  Le  briciole o qualcosa di più sostanzioso? Un quarto di michetta? Briciole, non solo in termini di finanziamenti, ma anche di specialità mediche.  Se le migliori si accaseranno all’ombra del Torrazzo, le  eccellenze della Repubblica del Tortello rischieranno il trasferimento? 

Nei primi giorni di gennaio Giuseppe Albini viene nominato direttore del Distretto cremasco presso l’Asst di Crema, punto di riferimento della recente e innovativa configurazione dei servizi territoriali.  Incarico quinquennale con la responsabilità di due Case di comunità (in via Gramsci a Crema  e a Rivolta d’Adda), una Centrale operativa territoriale (in via Gramsci) e un ospedale di comunità (Rivolta d’Adda). 

Il neo direttore coordinerà la rete dei servizi, si occuperà della produzione o della committenza degli stessi e si farà garante della loro erogazione. Assicurerà l’effettiva integrazione tra le componenti sociali e sanitarie.  Favorirà le relazioni con i Comuni e gli enti di Terzo settore. Si interfaccerà con i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta. Un ruolo rilevante, snodo decisivo per la sanità cremasca di base  che lo stesso Albini commenta in questo modo: «Una nuova sfida professionale, grande ed entusiasmante». (Comunicazione Asst Crema, 11 gennaio). Allora pronti, via! Manco per niente. Interviene il destino cinico e baro.  Una decina di giorni dopo l’annuncio della nomina, Albini comunica: «Pur con grande turbamento, ho accettato la proposta e dal primo marzo sarò direttore socio sanitario dell’Ats della Montagna (Sondrio)». (Cremonasera, 20 gennaio).

Turbato, ma gentlemen e conoscitore del mondo, si comporta di conseguenza.  «Un sentito ringraziamento – dice – alla direzione strategica dell’Asst, ed in particolare al direttore generale, Ida Ramponi, e al direttore socio sanitario Diego Maltagliati, che hanno creduto in me. Ma anche ai colleghi del distretto che ho trovato motivati, pieni di entusiasmo e con grande desiderio di fare e migliorare. Mi dispiace veramente tanto interrompere qui la bellissima esperienza. A tutti loro un grande augurio per il futuro».  Venti giorni, esperienza bellissima. Mah! Della serie una botta e via. E chi s’è visto, s’è visto per la felicità e il presumibile vorticoso giramento di palle dei vertici dell’Asst e dei motivati colleghi del distretto.

Nessuno dei candidati al consiglio regionale ha commentato. Due parole per promettere che, se eletti, si impegneranno per evitare il ripetersi di situazioni analoghe, non avrebbero guastato. Non è un peccato mortale. E’ una minuzia. Una conferma di una politica disattenta e svogliata che non coglie le sfumature. La campagna elettorale rispecchia questa situazione. Scarseggiano i Fantozzi audaci della corazzata Potemkin e abbondano i tremebondi ragionieri, proni al direttore megagalattico duca conte Maria Rita Vittorio Balabam e alla contessa Pia Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare. E la razza del «guerriero senza patria e senza spada con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro». (Pierangelo Bertoli) è in via d’estinzione. Oggi, il piede è quello della pantofola da baciare e lo sguardo è spento o rivolto al proprio ombelico.

 

Antonio Grassi

 

2 risposte

  1. Ottimo articolo Antonio … e basta leggere gli interventi dei vari competitor sui giornali locali per rendersi conto della loro pochezza e “ Allineamento “ partitico che se pur capibile avrebbe bisogno di maggiore temerarietà personale per alimentare aria nuova che invogli il cittadino a votare chi realmente gli può’ “ dare di più “ e non solo parole.

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