Possiamo ancora dire che si tratta di una corsa di vetture monoposto di Formula 1 o piuttosto di una gara chimica sulle mescole delle gomme e perché siamo arrivati a questo punto? I piloti chiedono sempre più potenza e guidabilità e gli ingegneri, ben felici e già predisposti in teoria, per quanto possibile li accontentano e si è passati dai 500 CV degli anni ‘70 a ben oltre 1000 dei giorni nostri. Senza adeguata aerodinamica che col suo carico tiene la macchina incollata all’asfalto, le vetture di F1 potrebbero prendere il volo. E allora sono necessarie le insane soste ai box perché con un solo tipo di mescola si finirebbe per essere troppo lenti all’inizio o alla fine della gara. Indubbiamente le vetture di F1 sono una sorta di laboratorio scientifico estremo dove quasi tutte le branche della fisica vengono esasperate per dare al pilota 1-2 decimi sicuri di vantaggio parametrati su 60 secondi, sia nelle prove che in gara.
Sembra poco, ma qui entra in gioco la bravura del pilota, la prima guida riesce a vincere, se la seconda raramente. Solo per fare qualche nome, Schumacher padre, Hamilton, Lauda, Senna, Fangio, Ascari, hanno sistematicamente devastato tutti i loro secondi. E poi la FIA ci mette del suo emanando regolamenti tecnici e sportivi di dubbia utilità per accontentare i Team, soprattutto quelli più potenti, vedi Ferrari, Mercedes, Red Bull: soste ai box, cambio gomme, DRS e cioè apertura dell’alettone posteriore per favorire i sorpassi, lo spettacolo, gli sponsor che pagano tanti soldi, la safety car e la Virtual: soluzioni una peggio dell’altra.
E veniamo a domenica al GP d’Italia, a Monza, dove tutto quanto detto è stato più che amplificato. La Ferrari annuncia ad ogni GP che si presenterà con un motore potenziato ma siamo ben lontani da tutto ciò. Ancora una volta la Red Bull e la sua formidabile prima guida, Max Verstappen, hanno dimostrato di essere superiori in tutto: aerodinamica, fluidodinamica il miglior strumento per aumentare potenza e affidabilità del motore, algoritmi superiori per trattare l’enorme massa di dati prima e dopo ogni gara. Ma tra qualche anno per migliorare ancora le prestazioni arriveranno i computer quantistici non più con 0 e 1 intermittenti ma sovrapposti e ciò vorrà dire poter trattare un milione di miliardi di dati al secondo, insomma 1 seguito da 15 zeri.
Ma cara Ferrari troverai ancora sulla tua strada il geniale ingegnere della Red Bull, Adrian Newey che saprà fare i calcoli meglio di te. Spero proprio di no. Mancano solo sei gran premi alla fine del Mondiale ma credo che difficilmente la Ferrari, per quanto si è visto domenica a Monza, potrà vincere qualche corsa. Ovviamente spero di sbagliarmi, ma Verstappen dovrebbe fermarsi. Dura e amara lex.
Di chi è la colpa? Inutile gettare la croce solo sul capo di Binotto, come sull’allenatore nel calcio. Tutti insieme si vince e si perde. Detto questo, credo che “negligenza, imprudenza e imperizia” non siano lontane dal focus del problema. La F1 è uno sport equo? No, non lo è mai stato e mai lo sarà. Chi mette più soldi vince. La FIA tenta di limitare l’uso smodato della potenza finanziaria imponendo 3 motori a stagione ma ne servono 6-7 e quindi seguono penalità in partenza. Rimedio che è peggio del morbo anche con l’eliminazione della parte elettrica. Progettazione e realizzazione di un nuovo propulsore comportano costi molto elevati, ma ancora la FIA per il prossimo anno dovrebbe imporre un tetto massimo alle spese. Insomma, è il classico cane che si morde la coda.
Per dare un’idea, il Team da corsa della Ferrari nel ’70 era composto da circa 80 persone, oggi siamo oltre 1000. Ma oggi i Team “poveri” più o meno hanno un personale come noi 50 anni fa. Il soldo farà sempre la differenza.
Pietro De Franchi
ex Ferrari F1