Fiera, Cremona colpita al cuore, bisogna reagire

27 Marzo 2021

C’era una volta il ‘sistema Cremona’, un intreccio di rapporti positivi tra persone che si traduceva in progetti finalizzati allo sviluppo economico, sociale, culturale e politico del territorio. Si dirimevano le controversie che sorgevano naturalmente nel confronto tra opinioni diverse perché lo scopo condiviso da tutti era costruire, non distruggere. Le due figure di maggior spicco in campo agricolo che hanno incarnato questo spirito sono state Angelo Duchi, presidente della Libera associazione agricoltori, ed Ernesto Vercesi, presidente della Coldiretti, a cavallo degli anni settanta e novanta. Loro interlocutori diretti sono stati Giovanni Arvedi in campo economico e tra i politici Renzo Zaffanella, prima deputato poi sindaco per un decennio, e il senatore Vincenzo Vernaschi. Quello è stato il periodo più fiorente per Cremona e la provincia. Gli anni seguenti hanno visto avvicendarsi personaggi non meno avvezzi alla gestione del potere, che sono riusciti nell’impresa non scontata di mantenere la ‘pax agricola’ tra le associazioni e all’interno delle singole associazioni.
Ci si accorge di vivere un momento di grazia solo quando sorgono tensioni e il clima collaborativo e di fiducia reciproca sfuma per lasciare il posto alla diffidenza e alle lotte personali. E’ accaduto alla Libera associazione agricoltori, entrata in fibrillazione dopo la presidenza di Antonio Piva perché al vertice si sono avvicendate persone prive della necessaria autorevolezza e incapaci di mantenere la coesione del corpo sociale. Coldiretti, da sempre in concorrenza con Confagricoltura, ne ha approfittato per sfilare i gioielli di famiglia agli avversari: prima l’Associazione provinciale allevatori, poi il Consorzio Agrario, adesso la Fiera. Il disegno è chiaro: smontare il sistema Cremona, del quale la Libera è stata l’architrave. Costi quel che costi. Non importa se il trasferimento della Mostra del bovino a Montichiari svuota la Fiera di Cremona, che con quella rassegna si identifica. Non importa se tutte le attività economiche che da settant’anni ruotano attorno alla zootecnia da latte si sposteranno perché a Cà de’ Somenzi non avranno più ragione di tornare. Non importa se si danneggiano le strutture di accoglienza, alberghi, bar e ristoranti, che nei giorni della Mostra del bovino fanno il tutto esaurito. Il disegno è ridimensionare la Libera, che è tuttora l’associazione più forte e rappresentativa in seno a Confagricoltura. E’ l’obiettivo finale della strategia, peraltro legittima in un regime di libera concorrenza, dispiegata da Coldiretti, ideata a Roma e a Brescia dal leader nazionale Ettore Prandini e applicata sul territorio dal casalasco Paolo Voltini. Sono riusciti a realizzare il loro disegno approfittando delle complicità di una Libera indebolita dalle spaccature interne, oggi solo apparentemente sanate. Hanno prevalso troppo a lungo i personalismi e la difesa del particolare a scapito dell’interesse generale per tornare ai bei tempi andati. Manca una classe dirigente degna di questo nome e in questo vuoto politico le spinte disgregatrici si sono imposte, producendo macerie. La perdita della Mostra del bovino da latte che da sola finanzia tutte le altre rassegna in calendario a Cà de’ Somenzi, e il conseguente depauperamento della Fiera, è un altro colpo, forse quello finale, al sistema Cremona. Che a questo punto deve reagire, guardare oltre e rilanciare. E’ una sfida da raccogliere. Ma come?
Non resta altro da fare che riprendere due progetti rimasti incompiuti: ricapitalizzare e allearsi con altre fiere. In questo momento ogni altra azione sarebbe velleitaria o varrebbe solo come testimonianza. E’ fondamentale l’azione politica a sostegno dei due percorsi. Sono da chiarire innanzi tutto i rapporti con la Regione. E’ grave e inaccettabile che lo scippo sia avvenuto con la copertura della Lega e con l’impegno personale dell’assessore Fabio Rolfi (bresciano) che la Libera ha sempre accolto con applausi e squilli di tromba. Non basta dissociarsi a bocce ferme come ha fatto il consigliere regionale cremonese Federico Lena. L’operazione è stata portata a termine nel silenzio (compiacente?) generale. A Montichiari si piantavano i pali per la costruzione del nuovo padiglione e a Cremona come a Milano chi sapeva taceva. Se la Regione fa muro, la partita va giocata anche al ministero.
Occorre uno scatto d’orgoglio. Cremona è le sue vacche e i suoi violini. E’ stata colpita al cuore. Aspettiamo che i bresciani ci portino via anche gli Stradivari?

5 risposte

  1. Bravo Vittoriano!!! Come dissentire? Almeno tu richiami gli smenorati a recuperare la verità storica.

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