Grande Roma nata da una violenza collettiva e di genere

3 Dicembre 2021

Per la serie ‘Tutto ciò che a scuola non ti è stato detto’,  è bene sapere che la grande Roma si è costituita in seguito a una violenza di gruppo: il ratto delle sabine. Ce ne parla Ovidio, il grande poeta di Sulmona, nella sua Ars Amatoria a proposito del fatto che, a suo avviso, le donne romane si recavano a teatro non solo per guardare lo spettacolo, ma anche per essere guardate. ‘Quello è un luogo pieno di rischi – ammonisce – per il pudore e la castità e lo è stato fin dai tempi della fondazione di Roma e Romolo stesso ha contribuito a rendere gli spettacoli poco sicuri, quando fece rapire le sabine’. E continua dicendo che a quei tempi, il teatro era molto meno accogliente, perché non era ornato di marmi né erano disponibili le tende per ripararsi dal sole e il palcoscenico non era cosparso di profumi. L’unica scenografia era costituita dai rami degli alberi forniti dal boscoso colle Palatino, disposti senz’arte. Il pubblico sedeva sui gradini fatti di zolle erbose e si riparava dal sole come poteva, strappando fronde che si collocavano sui capelli arruffati a guisa di
cappellini.

Nel più antico teatro romano si consumò il più celebre rapimento della storia. Come avvenne? Racconta Ovidio: ‘Romolo e i suoi adocchiano le ragazze, ognuno scegliendo quella che vuole, mentre nei cuori si agita molta emozione. Al segnale dell’attacco, quando il ballerino accennava a tre passi di danza al ritmo di un flautista etrusco e veniva il momento degli applausi, che non erano allora a comando, fulminei balzarono i giovani romani dai loro posti gridando le loro intenzioni e afferrando con le mani le vergini sabine. Le fanciulle terrorizzate erano simili a colombe impaurite che scappano davanti a un uccello rapace o sembravano pecorelle che fuggono scorgendo un lupo. In tutte vi era la stessa paura senza fine. E una si strappava i capelli, un’altra restava immobile come smarrita; questa era senza voce, quell’altra chiamava in aiuto la madre, inutilmente; un’altra ancora si lamentava, mentre la sua compagna, attonita, era come paralizzata; qualcuna restava ferma al suo posto, qualche altra tentava la fuga. Ma tutte le ragazze vennero rapite, diventando la preda nuziale più attraente proprio per la paura dipinta sul volto. Se una opponeva resistenza e rifiutava il suo compagno, l’uomo la portava via stringendola al petto e dicendo: perché vuoi rovinare col pianto i tuoi begli occhi? Sarò per te ciò che tuo padre è per tua madre. Solo Romolo seppe offrire questi vantaggi ai suoi soldati. E con vantaggi come questi, chi non vorrà essere sempre soldato?’

Ovidio difende Romolo come unico vero condottiero, a dispetto dell’opinione di Augusto che ha sempre criticato negativamente quel rapimento e ogni altra tendenza amorosa che non rientrasse nella più rigorosa tradizione degli avi. Altri scrittori lo condannarono. Per Properzio, Romolo non insegnò altro che a rapire impunemente le fanciulle. Deleterio venne giudicato quell’esempio, dal momento che avrebbe avvalorato la tendenza a giustificare ogni eccesso amoroso per il fatto che l’aveva compiuto Romolo. Un’altra dura censura arrivò da Cicerone, il quale definì rozza la decisione di rapire le ragazze sabine. Il solo Livio, che non poteva parlare male del fondatore di Roma, tentò di giustificare quell’azione affermando che era stata dettata dalla necessità. Ma dall’esilio di Tomi, sul mar Nero (l’attuale Costanza) Ovidio ribadirà: ‘Delle opinioni di Augusto non mi importò mai niente. Io suggerisco a chi va in cerca di fanciulle di frequentare i teatri, proprio perché, da allora, i teatri restano luoghi pieni di insidie per le belle donne. Per tradizione antica’.

 

Sperangelo Bandera

3 risposte

  1. Come sempre, ecco un esempio di ….. tuttologia ( senza offesa, s’intende) che ci hai sempre dimostrato nei tuoi vari interventi. Complimenti vivissimi.

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