I primati lombardi: smog, mortalità per tumori e ferrovia disastrata

20 Novembre 2022

Lombardia motore d’Italia. Caterpillar e Manitou insieme, la Regione tira come una coppia di buoi, termine di paragone degno del massimo rispetto, anche se perdente contro un unico sottile dettaglio epidermico.  I numeri lo confermano: siamo la locomotiva della nazione. Ai vertici dell’economia e della finanza,  della produttività,  della tecnologia, dell’efficienza, sanità esclusa, la Lombardia è il top di quasi tutto. O s’illude d’esserlo.  Ganassa e bauscia.   Lavora che è una macchina da guerra.  Al confronto Stakanov è un fancazzista.

La Lombardia tocca il futuro e accede allo Stargate. Costruisce ospedali nuovi, ottava meraviglia del mondo, ma non indica le loro esatte funzioni. Abbatte quelli vecchi.

La Lombardia detiene il record  dei morti  sul lavoro, 107  nei primi otto mesi di quest’anno, ma l’industria gira che è un piacere. E’ un vortice, elica di motoscafo, o ruota delle Feste dell’Unità dei tempi andati, quando i compagni non erano vegetariani.  Non bevevano latte di soia e caffè d’orzo. Non calzavano sneakers.  Non praticavano yoga. Non si ponevano l’interrogativo se sostenere o meno un candidato di centrodestra. Alla loro sinistra non sedevano i cinquestelle di Giuseppe Conte, ma i demoproletari di Mario Capanna. Oh yeah!

Poi c’è quel cielo di Lombardia, così bello quando è bello. Piaceva un sacco al Manzoni, ma allora l’inquinamento atmosferico non turbava i pensieri degli ambientalisti.

Cremona non era sul podio europeo per l’eccesso di polveri sottili nell’aria e, probabilmente, la provincia non si trovava nella top ten nazionale per incidenza della mortalità per tumori, come per il  decennio 2009-2018.   Sesta dopo Lodi, Napoli, Bergamo, Pavia e Sondrio. (Cremonasera, 17 novembre).

«Le persone che vivono nelle regioni del Nord Italia esposte a livelli di inquinamento ambientale molto elevati, mostrano un eccesso di mortalità per cancro significativo, anche se godono di una migliore salute, hanno reddito più elevato, consumano più alimenti di origine vegetale rispetto a quelli di origine animale, e hanno accesso più facile all’assistenza sanitaria».

Non ci sono storie: l’ambiente incide e spesso decide sulla salute.

I convegni sulla qualità dell’aria tossica, organizzati dal Comune di Cremona, non accompagnati da  interventi drastici ed efficaci per fermare ed invertire il trend sono Vicks Vaporub spalmato sul petto del bambino con polmonite.

Il laissez faire ambientale di Cremona e provincia, scelto da partiti, politici, amministratori pubblici provoca il taglio dei propri ammennicoli, ma nessuno grida o si ribella.

Il colore del Pd non è più rosso, ma neppure verde. È rosa pastello sbiadito. Loffia, priva di personalità, la tonalità non s’accompagna con quella forte dei rari visionari – più realisti dei realisti –  che auspicano una città meno mefitica. Anzi, è inconciliabile.

Ma niente paura: Cremona si è dotata di totem. Se arrivassero degli sciamani, il binomio potrebbe essere la soluzione. E ’un’idea.

Poi c’è Quella cosa in Lombardia, canzone crepuscolare del 1964, testo del poeta Franco Fortini. Racconta della Milano di allora, oggi scomparsa, sostituita da una metropoli europea. Forse peggiore della precedente.  Cremona s’accoda, ma non possiede lo standing neppure per imitarla. «Tu vuo’ fa’ l’americano o Ma si’ nato in Italy Sient’ a mme, nun ce sta niente ‘a fa’».

Cremona guarda non oltre un metro dal proprio ombelico. Per lei, Crema e Casalmaggiore sono già terra straniera

Lombardia motore d’Italia?  Un paio di palle se si parla di treni locali.

I buoi sono bolsi, stanchi, spompati. S’impiantano, sono in ritardo. Non partono. Sono scarsa considerazione per gli utenti, in maggioranza lavoratori e studenti.  I Caterpillar e i Manitou, in officina per la manutenzione, non aiutano.

Da decenni la politica promette soluzioni che non mantiene. Da altrettanti decenni i pendolari si organizzano e protestano, ma il problema non si risolve. Viene tramandato da amministrazione ad amministrazione e la rabbia dei contestatori non raggiunge mai  le vette dell’ira funesta del pelide Achille, oppure la  furia del sergente Gunny di Clint Eastwood. Quello cattivo incazzato e stanco, che mangia filo spinato, piscia Napalm e mette una pallottola in culo a una pulce a duecento metri. È  fiele  rassegnato e disincantato di chi, esasperato, sa che la sua voce non verrà ascoltata, ma  prova a gridare.  Spera nel miracolo, ma l’happy end sta solo nei film.

Venerdì, 18 novembre i rappresentanti dei comitati di pendolari, qualche cittadino e alcuni politici hanno manifestato davanti alla sede della Regione. Hanno ricordato agli inquilini del palazzo che una petizione con 30 mila firme per un servizio ferroviario migliore attende una risposta da lor signori. L’assessore regionale Claudia Terzi, delegata ai trasporti, ha buttato la palla in tribuna. «Non confondiamo la campagna elettorale con esigenze di un sistema complesso che poggia su un’offerta senza pari in Italia, oltre 2.180 corse al giorno e 700.000 passeggeri, ma che deve fare i conti con un’infrastruttura vecchia, inadeguata e satura, spesso causa di ritardi e soppressioni a catena». (La Provincia online, 18 novembre)

Nei giorni precedenti, il governatore Attilio Fontana aveva ammesso: «Noi abbiamo un sistema ferroviario che necessita sulla rete, sull’infrastruttura, di interventi importanti. Avevamo già raggiunto un accordo con Rfi da 14 miliardi di euro, ma purtroppo i lavori partono con una certa difficoltà. E la nostra rete rischia a breve di non essere più in grado di sopportare il traffico» (vittorianozanolli.it, 14 novembre).

Purtroppo, un bel niente. Politici e amministratori pubblici vengono eletti per risolvere i problemi non per appellarsi al purtroppo, indulgenza plenaria che cancella tutti i peccati e azzera ogni colpa.

Purtroppo è la resa. Nel privato è biglietto d’andata per cercare un’altra sistemazione. Nel pubblico è viatico per continuare con ritardi  e disagi senza pagare pegno.

Purtroppo è la mancata risposta a trentamila cittadini. È il fallimento di una gestione, lo svuotamento della politica.  E’ il rifiuto di ogni responsabilità. Purtroppo è il salvacondotto per giustificare inadeguatezza e minchiate.

Massimiliano Salini, parlamentare europeo con radici nel nostro territorio, membro della Commissione trasporti e turismo del parlamento Europeo, abitualmente in viaggio negli spazi intergalattici, nei giorni scorsi è sceso per terra. Tempista come pochi, è zompato sul treno dei privilegiati. Ha sparato la sua proposta. Una super ferrovia da Milano a Monaco di Baviera «da inserire nelle reti strategiche transeuropee dell’alta velocità attualmente in fase di revisione». (Vittoriano Zanolli.it, 18 febbraio). Ideona che, secondo Salini, permetterebbe all’economia di correre. La capitale economica italiana e quella tedesca connesse in meno di tre ore. E i pendolari dei treni locali?  Chissenfrega. Non c’entrano con l’economia. Quella che intende l’eurodeputato.

Costruire la metropolitana fino a Paullo, migliorare la linea Crema-Treviglio-Milano, raddoppiare la Mantova-Milano no? Non sono interventi prioritari? Salini va a ciapà i ratt. Fa molto Lombardia e potrebbe essere un lavoro salutare per un make-up sulla propria carriera politica. Magari in un altro partito.

Lombardia motore d’Italia? Sì, ma è necessario un tagliando sulla locomotiva. Compresi i macchinisti che la guidano.

 

Antonio Grassi

 

 

 

 

2 risposte

  1. Salini non è uno sciamano e forse disprezza pure i totem….quindi aspettiamo gli “sciamani” quelli veri…. ma fino a quando ? Bravo Antonio, chirurgico nel girare il bisturi nella piaga.

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