Il meraviglioso mondo dei funghi primaverili che crescono a Cremona

1 Giugno 2023

A parlar male siamo tutti bravi, ma c’è un limite. L’altra faccia della medaglia può restituire serenità, armonia. A parlare delle bellezze di Cremona viene da pensare ai monumenti, alle opere d’arte; meno agli aspetti naturalistici. Per niente alla micologia, eppure i funghi di questa stagione si stanno esibendo in maniera stupefacente! Non solo d’autunno, dunque. Può darsi che interessi poco parlarne, ma se stiamo a definire l’interesse dai commenti agli articoli del blog, allora ben poco si salva, e l’ignavia sembra essere la virtù fondamentale della cremonesità. Poco importa dunque; io scrivo per passione, finché me la sento e nessuno mi obbliga a farlo. Ma scrivo anche per trasmettere conoscenze, esperienze per il bene comune. Se la collettività a questo è insensibile, amen.

Proporre una breve sintesi della bellezza e di tante altre proprietà dei funghi di Cremona, bizzarra tra l’altro ed esulando dalla pedante ortodossia descrittiva, è impresa ardua per un motivo fondamentale: l’imbarazzo della scelta, la sovrabbondanza di materiale. Pensare che i funghi, quelli belli in particolare, crescano solo o soprattutto in montagna, è una fesseria colossale. Basta fare due passi in centro città, possibilmente in mezzo al traffico, guardando addirittura attorno  alle ruote delle macchine (?!). E’ così che ho incontrato una delle più belle fioriture mai viste di uno dei funghi ritenuti più spettacolari in pianura, la Volvariella bombycina (Schaeff.: Fr.) Singer 1951 (foto 1 centrale) (22/05/2023) Potremmo anche chiamarlo “fungo pecora” per tre motivi: 1) la crescita in gruppo 2) il colore bianco e 3) la folta peluria del cappello che fa pensare ad un vello. La volva, cioè quella lunga calza maculata che ricopre il gambo, può richiamare un’amanita da cui però le volvarielle  si differenziano per la sporata che tinge di rosa le lamelle, che nelle amanite invece rimangono bianche. Gli automobilisti cremonesi avranno mille difetti, ma nel caso specifico hanno dimostrato di saper parcheggiare perfettamente, evitando accuratamente di rovinare questi splendidi esemplari.

Altro caso è quello del Coprinellus micaceus  Bull.: Fr.) Vilgalys,Hopple e Jacq. Johnson 2001 (foto 2) ( 18/05/2023) , i cui funghi li ho trovati proprio sotto le ruote di una macchina (?!) e perciò ho dovuto fare qualche acrobazia per fotografarli.  Ciò nonostante avevano mantenuto perfettamente le loro caratteristiche morfologiche, svelando una bellezza sorprendente, pur essendo funghi generalmente poco considerati. Mi sorge un dubbio: era nato prima l’uovo o la gallina? Ovvero ci avevano parcheggiato veramente sopra o i funghi erano nati dopo? Nota la velocità di crescita degli stessi, non stupiva la seconda ipotesi. Funghi nati dunque all’ombra della luce, canterebbe Battiato, ma ben piantati per terra.

Già, per terra. A volte non ce n’è nemmeno bisogno perché i successivi esemplari di Candolleomyces candolleanaus  (Fr.) D.Wacht e  A. Melzer 2020( foto 3) (16/05/2023) uscivano affollati nientemeno che da un tombino di una delle vie più cementificate e meno alberate della città e facevano a spintoni per emergere dalle fessure e raggiungere così  la luce prima degli altri. A considerare la piccolezza dei singoli esemplari, il colore e la provenienza, potremmo per l’occasione tranquillamente chiamare questa specie ‘fungo topolino’. Tanto straordinaria quanto fugace questa suggestiva apparizione. E’ il motivo per cui ben s’adatta ai funghi la frase storica “cogli l’attimo fuggente” (carpe diem), ovvero “raccogli nell’immediato la loro testimonianza vitale”.

Dall’abisso al cielo. In altri casi, se vogliamo vedere i funghi, dobbiamo guardare in alto e possibilmente munirci di una scala.(?!) E’ quello che ho fatto quando ho visto questa magnifica coppia a quattro metri di altezza su una pianta di liquidambar. (foto 4) ( 24032023) Non bastava fotografarli, bisognava raccogliere almeno un esemplare perché la quota a cui crescevano e l’assenza dell’anello avevano indotto “un inquietante sospetto”, e cioè che si trattasse di una specie molto rara del genere Hypszygus , il cui nome significa appunto che cresce in alto. Ahimè invece la microscopia ha confermato che si trattava di un banale pioppino Cyclocybe cylindracea (DC.) Vizzini e Angelini 2014. Nulla in realtà è banale in natura e  con la cuticola dissociata per la siccità del clima  proiettati verso il cielo azzurro, questi pioppini creavano un’immagine di grande suggestione.

Il Fomes fomentarius (L.:Fr) Fr 1849 (foto 5) (11032023) cresce tanto in alto quanto in basso sugli alberi, finché non li abbatte. La sua forma caratteristica è a zoccolo, ma in questo caso ricordava più un dolmen, monumento megalitico funerario della preistoria, costituito da una pietra orizzontale sostenuta da altre pietre verticali come colonne infisse nel terreno. La pietrificazione dei funghi , quale affascinante mistero! E in questo caso il richiamo alla preistoria è doppio. Il fungo era tenuto  in diversi pezzi nella tasca della mummia preistorica più famosa d’Italia, Otzi  la Mummia del Similaun, ghiacciaio delle Alpi Venoste al confine con l’Austria ove fu ritrovata. E che se ne faceva Otzi di quei pezzi di fungo in tasca? Li usava come esca per il fuoco (donde il nome) per riscaldarsi a fuoco lento con la brace che si sviluppava dalla bambagia interna del fungo.

Ma torniamo alla terra. Se molti funghi lì nascono, possiamo trovarli anche nei vasi.(?!) Così è accaduto il 3/05/2023 a due passi dal Duomo. Splendidi esemplari del genere Conocybe (foto 6)  la cui determinazione specifica avrebbe richiesto l’esame microscopico che non è stato possibile in quell’occasione. Poco male. A sapere anche solo una parte del nome va bene lo stesso per immortalarli, per quella bellezza dai colori dorati  e rossicci brillanti degli esemplari disordinatamente sparsi nel vaso e la loro  pianta, il micelio, se ne stava interrata perché al contrario dei funghi non ama l’abbronzatura.

Ma se tanti funghi sfondano la terra, come questi bellissimi esemplari del velenoso prataiolo Agaricus bresadolanus Bohus 1969, (foto 7) (25/05/2023) trovati in una piazzetta del centro, sono in pochi quelli in grado di sfondare anche il cemento. E’ il caso dell’Agaricus bitorquis ( Quel.) Sacc.1887, (foto 8) altro prataiolo trovato in singolo esemplare in data 20/05/2023 e caratterizzato tra l’altro da un doppio anello sul gambo.

In questa breve descrizione è un grave peccato non considerare questo fungo tipicamente primaverile e dall’enorme bellezza, il Polyporus squamosus  (Huds.Fr.) Fr.1821 .(foto 9) (27/05/2023) e dalla pelle di ghepardo. Nasce dal legno e al legno che lo circonda sembra  appoggiarsi  per reggere il suo peso. O, al contrario, dai fusti legnosi circostanti viene limitato nella sua espansione? Interessante verifica!!

Infine propongo l’incontro con quest’altro….ehm soggetto.  Non è chiaramente  un fungo ma un serpente fotografato il 27 maggio 2023 mentre ero proprio in cerca di funghi in città. Incidenti che capitano, volgarmente un biacco, ovvero Hierophis viridiflavus (Lacépède 1789)  Non sono serpenti velenosi, ma tra quelli più audaci, che più si avvicinano alle abitazioni ed aggressivi. Tendono ad attaccare più facilmente della vipera ed il loro morso può essere molto tenace. Si racconta di un tale che, essendo stato morso a un dito, non riusciva a staccarsi dalla bestia e perciò con l’animale penzolante s’era così recato al Pronto soccorso per farselo togliere.

Per ovvii motivi non posso andare oltre nella trattazione. Quanto scritto rappresenta solo una goccia nell’oceanica enciclopedia dei funghi primaverili della città di Cremona. Funghi fotografati rigorosamente in città ed in quest’ultima stagione.

Ho sentito dire di una mostra di funghi tenutasi domenica 28 maggio 2023 in città. Le mostre sono utili, ma forniscono  un dato parziale di questo mondo grandioso. Non tengono conto degli habitat. Ad esempio  i funghi vengono tolti dal loro contesto e, devitalizzati, tendono più o meno rapidamente a deteriorarsi e questo generalmente impedisce di vedere specie come la seconda e la terza da me presentate. Per una conoscenza integrata è fondamentale pertanto una ricerca sul campo, anche perché il riscontro di funghi vivi, è tutt’altra cosa!!

A completamento di questo articolo aggiungo fotografie di funghi di particolare interesse fatte in città nella stagione in corso o poco prima, riportando semplicemente il nome scientifico e la data del ritrovamento.

Foto 11 Amanita vittadinii (Moretti) Vittad.1826 (20/05/023). Foto 12 Polyporus alveolaris (DC.: Fr) Bondartsev e Singer 1941 (20/05/2023)  Foto 13 Calvatia fragilis (Vittad.) Morgan 1890 (28/05/2023) Foto 14. Agaricus campestris var squamulosus (Rea) Pilat 1951 (20/05/2023). Foto 15 Amanita strobiliformis ( Paulet e Vittad.) Bertill.1866. Foto 16 Amanita pantherina (DC.: Fr) krombh 1846 (24/05/2023) Foto 17 Amanita rubescens Pers.:Fr 1797 (29/05/2023). Foto 18 Entoloma sepium ( Noul e Dass.) Richon e Roze 1880 (06/05/2023). Foto 19 Suillellus (ex Boletus) luridus (Schaeff.:Fr) Murrill 1909 (29/05/2023) . Foto 20 Suillellus (ex Boletus) queletii ( Schulzer) Vizzini, Simonini e Gelardi 2014 (24/05/2023)

 

Stefano Araldi

 

5 risposte

  1. Possiamo cucinarli fritti o in umido? E se fossero velenosi, a chi potremmo offrirli per cena? Io un’idea ce l’avrei.

  2. Accolgo con simpatia la burla dell’offerta e posso immaginare a chi, quelli velenosi. Tuttavia c’è da aggiungere che il pregiudizio della commestibilità/velenosità è quello che ha degradato questo mondo affascinantissimo, per cui i più pensano ai funghi solo per metterli nella pancia. disinteressandosi di tutto quanto di altro possono offrire, sul piano culturale ma anche estetico e questo è innanzitutto fonte di gravi danni, non solo per l’uomo che accidentalmente si mangia il fungo sbagliato, ma anche per l’ambiente…

  3. Visto, letto ed apprezzato, soprattutto tenendo in considerazione il luogo dell’indagine. Non ti smentisci mai, saluti Alberto Molinari.

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