Lgh-A2a, il vero problema sono le società partecipate

5 Dicembre 2021

Il vero problema non è la modalità della fusione di Lgh con A2a, tema del dibattito politico amministrativo di queste settimane. Dibattito iniziato con un pronunciamento dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) avverso all’operazione. Proseguito con due sentenze del Tar contrarie ad altrettanti ricorsi contro tale pronunciamento. Deflagrato, infine, con l’indagine della Corte dei conti. Il vero problema, il peccato originale, è l’evoluzione delle partecipate della nostra
provincia. Da società legate al territorio, controllate dagli enti locali, diventate prima centri di potere e di spartizione di cariche e prebende per i partiti e poi, con l’operazione Lgh-A2a, regredite ad asset di gruppo quotato in Borsa. Il vero problema è credere che una società di questo tipo, con azionisti sparsi per il mondo, America compresa, si preoccupi del territorio. In Piazza Affari le priorità sono il valore del titolo e la consistenza dei dividendi. Il territorio è importante, ma solo se produce profitti adeguati agli investimenti. Se l’interesse per Cremona fosse indipendente dal guadagno, probabilmente A2a non avrebbe difficoltà a spegnere l’inceneritore prima del 2029, ma non è babbo Natale. Già, si definisce Life company che oggi, per l’immagine e il marketing, è meglio di Babbo Natale.

Il vero problema è la gestione non sempre efficiente di queste società. Carlo Cottarelli, eccellenza cremonese, ex commissario per la spending review, nel 2014 indicava la riduzione delle partecipate da 8.000 a 1.000, con un risparmio per le casse pubbliche stimato in circa 3 miliardi di euro. Una delle 8 mila società era l’Aem, partecipata del Comune di Cremona e azionista di Lgh. L’8 aprile 2019, Cremonaoggi, spiegava la situazione finanziaria della partecipata con queste parole. «A poche settimane dalla chiusura del bilancio, che sarà approvato presumibilmente entro la scadenza elettorale, Siboni affiancato dai consiglieri Fiorella Lazzari e Luca Grignani ha spiegato le ragioni per cui a giugno 2015 si rese necessario inviare ai creditori finanziari la richiesta formale di moratoria nei pagamenti in vista dell’elaborazione di un piano di risanamento: in pratica, l’anticamera del fallimento. 114,5 milioni, di cui 87,8 debiti finanziari, l’esposizione complessiva di Aem alla fine del terzo trimestre 2016, una voragine, ha sintetizzato Siboni, dovuta alla gestione caratteristica dell’azienda, ai dividendi di Lgh in costante diminuzione, ai penalizzanti accordi con la stessa Lgh; e, goccia che ha fatto traboccare il vaso, alla vendita nel 2012 da parte del Comune alla sua municipalizzata dell’ex mercato ortofrutticolo e dell’ex macello».

A Crema operava invece Scrp, partecipata dei Comuni del Cremasco e azionista di Lgh, anch’essa con qualche criticità. Nel 2017, in occasione di un cambio di statuto della società, otto Comuni, insoddisfatti e perplessi sulla sua conduzione, malessere evidenziato in più occasioni, esercitano il diritto di recesso. Scrp si oppone al divorzio ma, in accordo con i Comuni recedenti, accetta di dirimere la questione con un arbitrato. Perde, paga le spese, ma non ci sta. Come i bambini dell’oratorio, non gioca più, porta via il pallone e non liquida i soci in base alle loro quote. Ricorre alla Corte d’appello di Brescia. La sentenza è prevista fra un anno circa. Dopo l’esito dell’arbitrato viene difficile comprendere quale vantaggio tragga Scrp a incaponirsi e a spendere soldi pubblici per costringere i recedenti a restare nella società. Nel frattempo Scrp viene messa in liquidazione, ma il recesso da lei contestato complica l’operazione. Lo spiega Beppe Bettenzoli di Rifondazione comunista «il contenzioso voluto da Scrp con i soci recedenti non permette alla stessa di essere liquidata, con ulteriori costi relativi al commissariamento» (Blog vittorianozanolli,it  3 dicembre). Costi pagati dai Comuni soci rimasti nella società e, secondo qualche legale, motivo di possibile interesse per la Corte dei conti. Il vero problema è il sostegno e l’applauso, nella buona e nella cattiva sorte, sempre e comunque garantito dalla politica alle partecipate.

Un posto in un consiglio di amministrazione di una di queste società vale come il Parco della Vittoria nel Monopoli e nessuno partito vuole perderlo. Se si prende anche Viale dei Giardini non ce n’è per nessuno, ma è da miopi. Con Scrp è successo nel 2010. Centrodestra e Lega non hanno lasciato neppure una briciola alla minoranza. Si sono intestati cinque membri su cinque. Tra costoro Simone Beretta, attuale consigliere comunale di Crema. Ride se i sindaci dei piccoli centri chiedono una più equa distribuzioni dei costi nelle iniziative sovracomunali, ma il prossimo 18 dicembre si candida per rappresentarli in consiglio provinciale (Cremonasera 3 dicembre).

Il vero problema è l’accondiscendenza verso le scelte di queste società non solo della politica, ma anche della quasi totalità dei soci. È comprensibile. La materia è complessa e spesso le spiegazioni fornite sono poche e supportate da perizie e pareri che incutono rispetto, anche se non sono le tavole della legge. Poi la maggioranza dei soci porta una maglietta con il nome dello sponsor che detta la linea. Se per qualche arcano motivo si arriva allo scontro, le ferite vengono curate dalla sera alla mattina.

Il vero problema è la suddivisione manichea, radicale e intollerante tra chi sta con le partecipate e chi osa criticarle. E la presunta superiorità del Pd rispetto al resto del mondo politico. Abituato a montare in cattedra (Cremonasera, 22 novembre), non sempre risponde alle domande degli studenti, anche le più semplici (Cremonasera, 23 novembre). Preferisce tacere e, in politica, la risposta non soffia nel vento. Blowin’ in the wind è solo una canzone.

Il vero problema è il ricorso ad un armamentario obsoleto di chi difende errori veri e presunti. In tempo di droni e di armi laser, sparare la pallottola dello sciacallaggio politico (La Provincia, 4 dicembre), senza controbattere ai fatti contestati, è fuori tempo. È inadeguato ed obsoleto. Non il modo migliore per un confronto dialettico e costruttivo. Buttarla sul fascismo-antifascismo, argomento tanto importante quanto complesso, è come lanciare il pallone in tribuna. Il vero problema è la minoranza. Lega quasi inesistente, Forza Italia gracilina e attaccata a una flebo ricostituente. Fratelli d’Italia più in forza, ma con i tempi e i toni della narrazione non perfetti.

Il vero problema è la sicumera e l’arroganza dell’amministrazione comunale di Cremona e di Scrp. Nel capoluogo, dopo il pronunciamento dell’Anac, la richiesta al sindaco di quattro consiglieri comunali di porre una prudenza maggiore nella vendita del 49 per cento di Lgh è stata respinta (Cremonasera, 21 novembre). Nella repubblica del Tortello, il presidente di Scrp ha informato, sul filo di lana, i soci della cessione del 51 per cento di Lgh e non c’è stata votazione dell’assemblea. Ha spiegato che la decisione non era di competenza dei soci, ma del consiglio di amministrazione.

Il vero problema, infine è quello che tutti dicono di conoscere, ma nessuno ci mette mano per modificarlo. È Il decadimento della politica, la disaffezione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica e del bene comune, il declino dei partiti. Anche la mancanza di teste pensanti. Stefania Bonaldi ha sostenuto la ricchezza a Crema di questa merce (La Provincia, 4 dicembre). Ha ragione. Ce ne sono tante. Ma ce ne sono anche molte di altro tipo. In posti decisionali della politica e della pubblica amministrazione. Questo il vero problema.

 

Antonio Grassi

Una risposta

  1. Io la seguo sempre con grande interesse. Condivido l’osservazione lampante circa la disaffezione della società civile per la politica, ma come si può fare politica quando è la “casta” stessa che si chiude a riccio per timore di dover dividere se non addirittura perdere la fetta di torta già accaparratasi?

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