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Inceneritore, nulla si crea nulla si distrugge

22 Febbraio 2021

 

Da quando ‘Homo erectus’ ha imparato a dominare il fuoco 1,5 milioni di anni fa, questo ha sempre esercitato un’attrazione fatale ed i suoi adoratori, superstiti dell’antica religione di Zoroastro (di cui pare, facessero parte anche i Re Magi), sono ancora presenti tra di noi. Ignorano sicuramente che la maggior parte dell’inquinamento ambientale è dovuto proprio ai processi di combustione. Citando Paul Connet: ‘Il Diavolo Brucia, Dio Ricicla’. Perciò i Mazdeisti (adoratori del fuoco) hanno cambiato il nome degli infernali strumenti. Dapprima in termodistruttori (ma faceva paura), poi in termoutilizzatori (un po’ meglio), poi in termovalorizzatori (geniale!), con l’intento di conferirgli un’immagine più tecnica, più accettabile, più pulita. Ma la sostanza non è mai cambiata. Restano dei volgari recipienti di ferro dove bruciare la spazzatura. Gli inceneritori rientrano fra le industrie insalubri di classe I° in base all’articolo 216 del testo unico delle leggi sanitarie (G.U. n. 220 del 20/09/1994). Vi sono centinaia di studi epidemiologici di popolazione in letteratura scientifica internazionale, che ne attestano gli effetti avversi sulla salute. Incenerire è una scelta completamente irrazionale: non si possono distruggere i rifiuti bruciandoli (Lavoisier insegna), li si trasforma solo in altri più pericolosi (ceneri e fumi tossici), e se ne producono di nuovi. Gli inceneritori bruciano principalmente carta, plastica, legno, prevalentemente i materiali che potrebbero essere recuperati. Una volta avviati, hanno bisogno di bruciare a ritmo costante, e costruire inceneritori significa castrare la raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio. 

Il padre-padrone di ASM Brescia, l’ing. Renzo Capra (cacciato poi in malo modo da A2A nel 2009) è stato l’ideatore del sistema inceneritore-discarica, un business che grazie ai famigerati Cip6, ha fatto incassare all’inceneritore di Brescia dalla sua costruzione, oltre ai proventi derivanti dai rifiuti bruciati, circa 1 miliardo di euro di soldi pubblici. Lo ‘scandalo’ dei CIP6 iniziò nel 1991, anno cui il II° governo Andreotti afferma il concetto di fonte di energia ‘assimilata’ alle rinnovabili (legge 9 gennaio 1991 n. 10). I rifiuti diventano per legge fonti rinnovabili.  Linea proseguita da Pierluigi Bersani, ministro dell’Industria del I° governo D’Alema  (D.Lgs. 16 marzo 1999  n. 79), fino ad arrivare  al  II° governo Berlusconi in barba a tutte le direttive europee (legge 30 dicembre 2008 n. 310). Poiché il business è trasversale. Senza questo ‘doping’ del mercato dell’energia (perché i rifiuti non sono una fonte rinnovabile), gli inceneritori sarebbero morti da tempo perché antieconomici. L’inceneritore di Cremona costruito nel Parco sovracomunale del ‘Po e del Morbasco’ istituito ai sensi della legge 86/83, senza che sia mai stata avviata una richiesta di VIA (Valutazione impatto ambientale) al ministero dell’Ambiente prevista dal D.P.C.M 27/12/1988 (nonostante l’impianto sia stato edificato nel 1997), e come ricordato dal direttore Zanolli, contro la volontà dei cremonesi.  Nel periodo di tempo intercorso dal ‘Referendum tradito’, alle promesse elettorali (due volte disattese) della giunta Galimberti, l’inceneritore ha avuto il suo più strenuo difensore nell’on. Pizzetti. Per inciso, anche l’attuale Pd come gli inceneritori, ha cambiato più volte il nome (PCI, PDS, l’Ulivo, DS), non so se per gli stessi motivi. Mi sembra però, da comune cittadino elettore, che abbia a differenza degli inceneritori, cambiato completamente la sostanza. Tornando a noi, l’on. Pizzetti salvò l’inceneritore dal risultato referendario, sostenendo che sommando i No (favorevoli alla ubicazione dell’impianto) al numero degli astenuti, aveva ragione la giunta Garini-Tadioli. nonostante (con quorum valido) quasi il 60% dei cremonesi si fosse espresso contro. Alla faccia del Partito Democratico della Sinistra!. La stessa cosa ha poi ripetuto più volte nel corso degli anni (quindi non si era sbagliato, ne è proprio convinto!), l’ultima mi pare in occasione del suo secondo salvataggio dell’inceneritore, quando lo ha fatto inserire nell’art. 35 del Decreto Sblocca Italia come struttura strategica. Nei fatti è il secondo  più vecchio dei 13 inceneritori regionali. E’ quello con la minore efficienza energetica: efficienza elettrica del 5,6% (valore bassissimo rispetto agli impianti termoelettrici), efficienza termica ridicola del 27% (in Lombardia, non si può accendere il caminetto a casa se non ha efficienza superiore al 63%), copre il 2,7% della capacità di incenerimento lombarda e  l’1,2% di quella nazionale. Secondo il rapporto di Legambiente del 2013, è l’inceneritore più inquinante in Lombardia,  per polveri emesse (1,9 mg/m3) , il secondo più inquinante a livello di diossine (0,0199 ng/m3) ed il terzo per  ossidi di azoto (112,9 mg/m3). 

In una provincia che è già al 75% di raccolta differenziata, ha senso tenerlo in ancora in vita? Cui prodest? Verrà chiuso definitivamente nel 2029? La lobby Mazdeista delle Federutility è sempre al lavoro, ed all’orizzonte si preannunciano nuovi cupi nuvoloni. E’ vero che l’Europa ha detto basta discariche e basta inceneritori (per bruciare quello che si può riciclare), ma la Decisione di esecuzione della Commissione Europea del 12 novembre 2019 che ha stabilito le nuove BAT per l’incenerimento dei rifiuti (se dobbiamo smettere, che senso ha stabilire delle nuove BAT?) non ci lascia tranquilli. Non ci lascia tranquilli neppure l’idea che gli impianti di trattamento meccanico biologico, che dovrebbero sostituire gli inceneritori, potranno essere  finalizzati alla produzione di CSS (Combustibile Solido Secondario). Il CSS  (DM22/2013) una volta prodotto, non è più un rifiuto, ma un combustibile liberamente commerciabile nell’ambito della filiera produttiva riconosciuta, per alimentare centrali termoelettriche e cementifici (che hanno molti meno controlli degli inceneritori). Il CSS è il ‘cavallo di Troia’ per continuare a bruciare indisturbati. Talvolta i rifiuti per legge dello Stato diventano energia rinnovabile, talvolta diventano ‘prodotti’, speriamo che fra 30 anni non diventino per legge, commestibili.

 Non ci lasciano sereni nemmeno i piani di sviluppo sostenibile per ‘Cremona 20/30’, dove l’AD di LGH Claudio Sanna ha annunciato che i rifiuti organici saranno trattati con impianto di biogas (da bruciare), e sarà costruito anche un impianto di alghe per produrre olio combustibile (da bruciare). Insomma non riescono proprio a separarsi dal fuoco.  Gestire la transizione alle vere energie rinnovabili (solare, eolico, maree) con il gas naturale o di sintesi senza date precise, è una scelta assai rischiosa. Gli impianti infatti richiedono cospicui investimenti, che poi dovranno essere ammortizzati nel tempo. Per quanto tempo non è dato saperlo, ma in questo modo la transizione sarà certamente rallentata, se mai ci sarà. Fino a quando si continuerà a seguire la logica del profitto economico a breve-medio termine, non si potranno mai raggiungere significativi risultati positivi sia per l’ambiente, ma soprattutto per la salute. Anche il Recovery Plan è ancora estremamente carente sulle risorse da indirizzare per la prevenzione primaria, come ISDE Italia ha esposto recentemente in una audizione al Senato. Il primo cardine assoluto di prevenzione primaria è la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi. E’ ampiamente dimostrato dall’epidemiologia, come lo stato di salute possa essere tutelato solamente in un ambiente non inquinato da sostanze dannose per l’organismo umano. La recente pandemia dovrebbe avere insegnato qualcosa. Sappiamo che in futuro nuove pandemie emergeranno e arrecheranno enormi danni all’economia mondiale causando la morte di molte più persone rispetto a quelle uccise dal Covid-19. E’ l’allarme lanciato dalla Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services, se non verrà cambiato l’approccio globale alla tutela degli ecosistemi, alla revisione delle politiche economiche ed energetiche, alla gestione delle politiche sociali e di sanità pubblica. La tutela degli ecosistemi naturali ed il risparmio (non la nuova produzione) delle risorse energetiche, rappresentano infatti il principale e più importante intervento di prevenzione primaria.

Sappiamo che la maggior parte delle malattie infettive emergenti hanno origine dalla fauna selvatica, che a causa della pressione antropica sull’ambiente naturale (deforestazione, allevamenti intensivi, consumo di suolo), vede sempre di più ridotto il suo habitat naturale e la sua biodiversità. E’ stato stimato che i costi causati dal Covid-19 siano stati fino ad ora di circa 16 trilioni di dollari a livello globale. Se 1/100 di questo denaro fosse stato utilizzato per la conservazione ambientale, forse non ci troveremmo in questa situazione. E’ il momento di cambiare rotta! Poiché non è l’ambiente ad essere a rischio, ma la sopravvivenza dell’intero genere Homo cosiddetto Sapiens. Perchè i Mazdeisti continuano a volerci far credere che la Luna è una forma di Grana Padano?

Federico Balestreri

 

 

 

Una risposta

  1. Condivido con Federico da sempre la battaglia contro l’inceneritore (si, a noi piace ancora chiamarlo così) e mi permetto di aggiungere che il secondo enigma nel marasma delle false verità sui rifiuti è su come viene gestita la raccolta differenziata e su come vengono gestiti i rifiuti raccolti in modo differenziato a Cremona. Basta osservare i vari mezzi addetti alla raccolta e la gestione della piattaforma di San Rocco. Quali sono le quantità effettivamente raccolte, quali sono le frazioni che vengono effettivamente differenziate e che possono essere quindi riciclate; domande a cui non si riesce ad avere risposte adeguate. I numeri ci dicono che finché l’inceneritore avrà vita dovrà essere alimentato con materiali che servano da buon combustibile e quindi finché l’inceneritore esiste la raccolta differenziata, così come è gestita fino a oggi, è solo un palliativo e fumo negli occhi. La possibilità di incenerire azzera la volontà di impostare una raccolta differenziata che sia veramente differenziata, la comodità di incenerire blocca il reale sviluppo di tutta la catena sulla differenziata. Enigma numero uno, perché tutte le giunte che da Garini in poi si sono succedute non hanno mai avuto il coraggio di spegnere l’impianto, quali interessi minano la volontà di chiudere definitivamente un impianto nato vecchio, nocivo per la salute???

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