L’allieva, l’adultera e la putain respecteuse

19 Agosto 2022

A Lorenzo piaceva molto “la donna” e scapolo impenitente qual era, a quarantatré anni, ne aveva conosciute parecchie. Ogni tanto, prima di addormentarsi o al risveglio mattutino mentre indugiava tra le coperte, richiamava alla memoria quelle che più l’avevano coinvolto e si divertiva a farne mentalmente la classifica in ragione del loro fascino e della
sensualità con cui l’avevano gratificato: il materiale non gli mancava davvero. A volte pareva persino che, ancor più delle avventure stesse, lo avvincesse il loro ricordo. Docente universitario alla facoltà di lettere, disponeva di un patrimonio
di famiglia che, pur senza smodatezze, gli avrebbe tuttavia consentito una vita agiata da rentier. E allora una quota di quell’eccedenza di mezzi che si ritrovava, la destinava al suo passatempo preferito. Quando poi lo stuzzicava il desiderio di una trasgressione estemporanea e un po’ diversa dal solito, si concedeva un’ avventura notturna con qualche prostituta
molto bella su cui investiva senza rimpianti buona parte del proprio stipendio.

Come insegnante era però irreprensibile, ammirato dagli studenti e soprattutto – è inutile dirlo – dalle studentesse che erano la maggioranza: il suo corso di letteratura medievale era tra i più frequentati e le sue lezioni si concludevano quasi sempre con l’applauso. Di recente Lorenzo aveva flirtato, in successione rapida l’una dall’altra, con tre giovani donne che lui accomunava, pur essendo tra loro completamente differenti, per la somiglianza dell’approccio iniziale; e nella sua singolare inclinazione tassonomica, sicuramente un po’ frivola, cercava di stabilire quale delle tre, in quel primo rapporto, gli avesse procurata un’ emozione più intensa.

* * *
Nicoletta – l’allieva – era iscritta al quarto anno e stava preparando la tesi. Due anni prima aveva dato con Lorenzo l’esame di Letteratura medievale ed era stata promossa con la lode. Nel frattempo si era accorta di sentirsi attratta da quel professore che giudicava, come dire, d’annata e, forse anche per questo, dotato di un fascino per lei irresistibile: aveva quindi deciso di ottenerne il consenso a farle da relatore. E c’era riuscita. Con improntitudine giovanile non priva di malizia, peraltro subito assecondata da Lorenzo, aveva scelto di discutere “Etica ed erotismo nel Fiore di Dante”, sposando così senza indugi l’attribuzione di Contini. Un argomento complesso e all’un tempo intrigante per i risvolti licenziosi del Roman de la rose di cui il Fiore è una geniale riscrittura in fiorentino. Alle cinque del pomeriggio Nicoletta si presentò nello studio di Lorenzo per sottoporgli la parte di lavoro settimanale. Sotto il cappotto il suo abbigliamento insolitamente elegante e succinto ne valorizzava le belle forme piene e sostenute e ne sottolineava la sensualità spontanea e vivace. Lorenzo si sforzò di ignorare la provocazione e prese ad esaminare le nuove schede, ma, investito da quella ventata inebriante di freschezza, faticava a reprimere l’eccitazione. Eppure non gli difettava l’esperienza e avrebbe dovuto mettere in conto che prima o poi il problema si sarebbe presentato. Tuttavia, simulando un’indifferenza palesemente artefatta, si concentrò sugli elaborati. Nicoletta aveva di colpo intuito l’imbarazzo di Lorenzo e osservava la preda con la certezza che non avrebbe potuto sfuggirle: si trattava di trovare il momento giusto per l’affondo finale. Dunque l’aspettava al varco e il varco si aprì di lì a poco.

“Allora… l’Amante si trova nel giardino d’Amore alla ricerca di Bellaccoglienza. La trova e lei gli rivolge un invito molto esplicito: gli offre di baciare il fiore…” – intervenne Lorenzo sollevando lo sguardo dalle schede – “ purché non ne vìoli, almeno per ora, la verginità…” Nicoletta gli si avvicinò con naturalezza come per seguire meglio la lettura del testo e, standogli alle spalle, accostò il proprio viso a quello di lui che, un po’ impacciato, cercò di proseguire col sonetto successivo in cui l’Amante continua il suo racconto.

“ Del molto olor ch’al cor m’entrò basciando
Quel prezïoso fior, che tanto aulia,
Contar né dir per me non si poria…”

E qui Lorenzo si interruppe col cuore che andava a mille perché sentì sull’orecchio l’alito caldo di Nicoletta e l’umido delle sue labbra. Restò fermo, col fiato sospeso, mentre lei gli sussurrava: “Però che scortese Bellaccoglienza… se non era ancora pronta per l’amplesso, avrebbe almeno potuto ricambiare l’omaggio… io avrei fatto così…” e con rapidità e destrezza raggiunse lo stelo, già irrobustitosi, e se ne impadronì.

“ La porta… se arriva qualcuno…” trovò ancora la forza di spiccicare Lorenzo.
“L’ho chiusa a chiave entrando…” bisbigliò Nicoletta prima di concentrarsi sullo stelo con baci delicati e profondi.

Antonella – l’ adultera – era la giovane moglie di Corrado Cebrelli, un docente a contratto di letteratura inglese, palestrato e coi lineamenti morbidi da bambolotto, che insegnava nella stessa università di Lorenzo. Pur non molto alta, Antonella era attraente e dotata di forme ben proporzionate. Sapeva di piacere agli uomini anche se finiva spesso col
diventare un po’ stucchevole per eccesso di civetteria. Era inoltre affetta da una patina di snobismo che a volte sfiorava il ridicolo e ciò le derivava dall’essere figlia di un self made man delle valli bresciane che, partito da semplice carpentiere, aveva fatto fortuna trasformando la piccola officina in un’azienda metalmeccanica dal fatturato cospicuo. Si era laureata i lingue e aveva sposato il proprio insegnante di letteratura inglese, da esibire in società, in buona parte come riscatto per dei genitori che ignoravano l’uso del congiuntivo e faticavano a leggere il giornale. Dal canto suo il professor Cebrelli, di famiglia modesta della Lomellina, non si era lasciata sfuggire un’occasione così ghiotta per sistemarsi con una moglie ricca e Antonella, ben consapevole della sua posizione preminente, non si faceva scrupolo di essere, ancorché con prudenza e moderazione, infedele.

‘Lo faccio vivere nell’agiatezza…’ – diceva tra sé e sé per allontanare ogni ombra di rimorso  per altro pallida – ‘ e dunque qualcosa deve pur pagare anche lui…’ Lorenzo, terminate le lezioni, uscì dal portone dell’università. Da qualche minuto nevicava: aveva iniziato con pochi fiocchi che volteggiavano nell’aria in volute ampie e lente, ma ben presto si erano
rinforzati e adesso turbinavano numerosi, agitati dal vento gelido. Si era stretto nel montgomery e aveva alzato il cappuccio, ma la neve ghiacciata lo colpiva ugualmente in volto e rimbalzava sul vetro degli occhiali infastidendolo. Risaliva di fretta Strada Nuova maledicendo il maltempo quando gli si affiancò una Jaguar. Dal finestrino abbassato lo
chiamò Antonella. “ Sali che ti accompagno… sembri uno sbandato nella ritirata di Russia…” Antonella e Corrado occupavano una parte abbastanza marginale delle frequentazioni di Lorenzo e lui ne accettava gli inviti per non sembrare
scortese; ma non si sentiva a proprio agio e quando poteva trovava qualche scusa per sottrarsi alla loro insistenza. Le serate nella casa lussuosa e un po’ kitsch dei Cebrelli per lo più lo annoiavano: spesso trionfava il pettegolezzo, dominava l’effimero e quando la conversazione voleva sembrare impegnata scadeva nel radical chic convenzionale… e poi l’unica donna veramente piacente era quasi sempre Antonella che selezionava le amiche in modo da non doverne temere la concorrenza.

“Vai a casa?” chiese Antonella
“ Beh… e dove se no?”
“Non mi terresti compagnia?” – proseguì lei – “ Corrado arriva col treno da Ferrara tra circa un’ora… poi potremmo pranzare tutti insieme…”
“ Sarà un piacere…” – accettò Lorenzo che si sentì stretto alle corde e fingendo interesse continuò – “ Come mai a Ferrara, se non sono indiscreto?”
“ A un convegno su Lawrence Durrell… l’autore del Quartetto di Alessandria… l’hai letto?”
“ Non completamente.” – ammise Lorenzo – “ Saltando un po’ qui e un po’ là…”
“ Allora non ti è piaciuto” si stupì lei.
“Quelle atmosfere acri ed eccessivamente decadenti… mah!”
Nel frattempo erano arrivati. Antonella fermò la macchina fra due piante nel viale che dalla Minerva porta al piazzale della stazione e spense il motore. Dal sedile posteriore prese un ampio mantello di cachemire firmato Versace e lo dispose in modo che coprisse il grembo di entrambi.

“ A motore fermo non va il riscaldamento…” – si giustificò lei – “ non voglio farti patire il freddo…”
La neve aveva ancora aumentato d’intensità e la gente andava di fretta curva e infreddolita: era uno sciame di persone, per lo più studenti, che si dirigevano ai treni e altrettanti ne arrivavano in senso opposto; molti passando ai lati della Jaguar, alcuni sfiorandola. Mentre parlavano del più e del meno Antonella, da sotto quella coperta improvvisata, cominciò con l’accarezzargli la coscia e pian piano risalì fino all’inguine. Lui le scoccò uno sguardo d’intesa.
‘ Non mi resta che fissare subito l’appuntamento per portarmela a letto…’ pensò Lorenzo.
“ Domani pomeriggio sei libera?” le chiese. Lei annuì sorridendo.
“Da me alle quattro?”
“Da te alle quattro…” – confermò lei – “ ma adesso voglio darti un anticipo… conosci le jeu de la veuve ?”
“Il gioco della vedova ?” replicò lui stupito.
“ Non hai letto Durrell attentamente…” – proseguì lei con malizia – “ è una metafora… un modo di dire delle puttane degli angiporti francesi… la vedova è anche la ghigliottina che in questo caso diventa la dentatura della donna… e la testa…”

Lorenzo non si era ancora ben reso conto di quanto stesse per capitargli che Antonella, infilatasi sotto il mantello e armeggiando abilmente, con sveltezza insospettata glielo prese in bocca.

“Ma la gente che passa… può vedere…” azzardò lui sconcertato.
“ E come farebbe con i vetri appannati? Sta zitto e rilassati!” – gli giunse attutita e tuttavia perentoria la voce di lei.
Mentre Antonella si dedicava con passione al gioco della vedova, Lorenzo si convinse una volta di più che il comportamento delle donne è sorprendente e insondabile. Ma furono brevi attimi perché fu subito invaso da un’ondata di piacere così forte e improvvisa da stordirlo. Intanto la gente continuava a passargli accanto inconsapevole e il
nevischio turbinava sempre più fitto.

Francesca era uno splendido esemplare di bionda venticinquenne: purtroppo però sfilava solo per gli stilisti poco conosciuti e posava nuda o in déshabillé per le riviste di seconda – o terza – fascia che inserivano foto piccanti fra le notizie di gossip e l’elenco dei programmi televisivi. Insomma non era riuscita ad entrare nel giro delle top e dal momento che i suoi compensi di modella erano piuttosto modesti, aveva deciso di integrarli con delle prestazioni extra, pagate profumatamente: la tariffa oscillava dai mille euro per una notte ai duemila euro per l’intero week end. Selezionava molto scrupolosamente i clienti e limitava gli incontri a non più di una decina al mese; quando andava in vacanza sospendeva ogni attività. Anche Lorenzo, in un paio d’occasioni, aveva avuto modo di apprezzarne la sensualità elegante e garbata e stava proprio pensando a lei mentre cenava nel solito ristorantino del centro. Un pasto frugale, per poi rientrare a casa prima delle nove e non perdere la partita di Champions alla tv dove giocava l’Inter, di cui era tifoso. Nel pomeriggio aveva telefonato a Francesca che aveva accettato di andare da lui verso le undici: avrebbe piacevolmente festeggiato con lei la vittoria dell’Inter o, in caso contrario, si sarebbe consolato della sconfitta. Sprofondato in poltrona davanti alla tv, Lorenzo vide la volata di Eto’o – velocissima gazzella nera – creare lo scompiglio tra le linee del Chelsea fino a trafiggerne la difesa… Goal! Esultò per poi rilassarsi soddisfatto. Subito dopo guardò l’orologio: erano già passate le dieci e mezza, a
Londra la partita si avviava ad una conclusione trionfale per i nerazzurri e Francesca sarebbe arrivata di lì a poco.
Si presentò alla porta luminosa e sorridente, con una bottiglia di champagne in mano, lasciandolo di stucco… era ancor più bella di quanto ricordasse.

“Me ne ha regalato una cassetta un amico…” – esordì lei – “è fredda al punto giusto… così brindiamo alla tua squadra che ha vinto… e a noi, naturalmente…”

Mentre sorseggiavano il vino lei cominciò con lentezza a spogliarsi, elegante nei movimenti e priva di affettazione, finché rimase in piedi davanti a lui con indosso solamente le mutandine e le calze di seta autoreggenti: Lorenzo ne ammirava rapito il corpo slanciato e la raffinata lingerie.
“Che meraviglia… ” mormorò.
A letto, dopo i preliminari, era giunto il momento dell’amplesso e Francesca frugò nella trousse – che aveva appoggiato sul comodino, a portata di mano – cercando il preservativo: sapeva applicarlo con agilità, rapidamente, in modo che il partner quasi non se ne accorgesse. Questa volta però andò diversamente.
“Che stupida… che stordita!” – imprecò Francesca d’improvviso – “Non è possibile!”
“Cosa c’è?” chiese Lorenzo preoccupato riscuotendosi.
“ E’ imperdonabile! Ho scordato i preservativi…” confessò Francesca non riuscendo a credere che proprio lei, così precisa, una perfezionista, potesse aver commesso una dimenticanza simile.
“ Beh… rivestirsi e uscire adesso alla ricerca di un distributore automatico o della farmacia di turno mi sembra fuori luogo… e poi rovinerebbe l’incanto…” chiosò lui.
“ Hai ragione… ma mi sento in debito… non so che fare…”

“ Macchè debito… hai portato lo champagne… e poi ci rifaremo la prossima volta con gli interessi” la confortò.
Vederla così in colpa e combattuta sul da farsi lo intenerì: ‘Davvero une putain respecteuse, non c’è che dire’ pensò divertito.

“No… no… sono in debito!” – protestò lei ormai decisa – “ E siccome non si può scopare senza protezione ti farò ugualmente un piccolo cadeau… sei un cliente così simpatico, un vero signore… stasera offro io… di tutto cuore, credimi.”
E prese a baciarglielo dolcemente, con abilità consumata.

 

 

Gianni Carotti

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