Stakhovsky, l’ex tennista in guerra contro i russi

1 Marzo 2022

Attaccava all’arma bianca Sergiy Stakhovsky, ultimo mohicano del serve and volley e saggio rifinitore da fondo campo. Ora l’ex-tennista ucraino, originario di Kiev, ha deciso di imbracciare le armi per davvero, arruolandosi con i riservisti per difendere il Paese dall’invasione della Russia. Una presa di posizione concreta in un mondo dello sport che, soprattutto via social, si è schierato dalla parte della democrazia.

L’arruolamento di Stakhovsky

“Certo che combatterò, è l’unico motivo per cui sto cercando di tornare in Ucraina.” Lo ha annunciato in un filmato per Sky Sport News, Stakhovsky, dopo che la settimana scorsa si era iscritto alla riserva. Il governo ucraino ha praticamente eliminato la burocrazia dalle pratiche di arruolamento, permettendo a chiunque di prendere parte alla difesa armata. Altri sportivi a raggiungere i ranghi sono stati Vasyl Lomachenko e i fratelli Klitschko campioni di pugilato, oltre che all’allenatore ucraino dello Sherif Yuriy Vernydub. In carriera Stakhovsky ha vinto 4 titoli in carriera, sciorinando un tennis rapido e intelligente e guadagnandosi la posizione numero 31 in classifica mondiale. Nel 2013 il match perfetto: al secondo turno di Wimbledon elimina in quattro set il campione in carica Roger Federer. A 36 anni il ritiro, per dedicarsi alle sue passioni. O almeno così pensava.

Il ritiro, il vino, le armi

Prima di questo burrascoso febbraio ucraino, nella vita di Stakhovsky oltre al tennis c’era già altro. Era il 2015, molto tempo prima di pensare di appendere la racchetta al chiodo, quando Stakhovsky ebbe il primo contatto con il mondo del vino. Siamo a Bordeaux, Francia, terra di sole e vigneti, dove sorge il grazioso circolo del Villa Primrose per cui Stakhovsky gioca la coppa a squadre. L’ucraino rimane così affascinato dal mondo del winemaking da decidere di affittare 20 ettari di terra nell’Oblast della Transcarpazia (Ucraina), producendo un vino che porta il suo nome. La prima vendemmia nel 2018. Forse Stakhovsky pensava già alla vita dopo il professionismo sportivo, magari a casa propria, con l’Ucraina che nel 2014 già rivendicava un futuro di democrazia, poi in parte conquistata con il sangue dell’euro-rivoluzione di piazza Maidan. Dopo 8 anni di tensione, la Russia ha ora riacceso il conflitto e Stakhovsky ha risposto presente. “Non ho esperienze militari” ha detto l’ucraino “ma privatamente ho imparato ad usare le pistole.”

Le critiche di Stakhovsky all’Occidente

“Fa un mondo di differenza per le nostre forze armate sapere che non sono sole, almeno mediaticamente, ma siamo realistici: in otto anni di guerra con la Russia, dove sono stati tutti? Nessuno di noi credeva che questo potesse accadere, eppure è successo.”

Non è la prima volta che Stakhovsky si espone con posizioni nette in favore del suo Paese. Senza nascondere quel patriottismo fiero che il popolo ucraino ha già mostrato nell’inverno infuocato di piazza Maidan, ai cui eventi e conseguenze Stakhovsky si riferisce. Sempre nel 2014, Stakhovsky si era rifiutato di giocare un torneo in Belgio dopo che la federazione belga aveva chiesto di spostare la trasferta di Coppa Davis con l’Ucraina per motivi di sicurezza. La sfida, molto attesa dagli ucraini, si era poi giocata in campo neutro, mentre gli eventi di calcio UEFA si continuavano a giocare tranquillamente a Kiev. Da qui la ripicca di Stakhovsky.

Per cosa essere sorpresi

E ora che la guerra con la Russia si riaccende, l’Occidente reagisce con una sorpresa comprensibile per quanto riguarda l’invasione militare russa, ingiustificata, ma piuttosto sordo per quanto riguarda le macro-ragioni che vi ci hanno portato. In primis l’espansione della NATO, che pare ignorare consapevolmente la dottrina militare russa (simile per certi aspetti a quella dell’autodifesa americana nell’Iraq invasa da Bush), richiamando tutti sotto il suo tetto. Cosa legittima in un mondo in bianco e nero fatto di buoni e cattivi, ma più complicata nella scala di grigi della geopolitica internazionale. Molti leader politici avevano fatto notare come la neutralità dell’Ucraina fosse una condizione chiave per la pace. L’alternativa sembra comportare un rischio alto. Eppure la miccia ucraina, escludendo per un attimo le strategie da superpotenze, contiene ancora un desiderio legittimo, e per il quale gli ucraini sono disposti a combattere: la democrazia e il diritto alla propria autodeterminazione, indipendente da Mosca. 

Stakhovsky rimanda così alla radice del problema, questo quasi decennio di tensioni, diplomazie saltate in aria e perdite civili. Del quale mediaticamente ci eravamo scordati (come il covid di questo febbraio) e che d’improvviso ci riguarda ancora tutti.

 

Marco Massera

 

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