La Provincia di Cremona che non c’è: danni e occasioni perdute

16 Aprile 2023

C’è la Polo, la caramella con il buco e intorno la menta.  Poi c’è la Provincia di Cremona che è un buco con intorno il nulla. Manco la liquerizia. Neppure il rabarbaro. O l’anice.

Inutilità che si è fatta istituzione. Fantasma che si muove per il territorio. Zombi. La Provincia di Cremona è ectoplasma.

Regressione annunciata, la disastrata situazione territoriale deriva dalla legge nazionale Delrio, pensata con un organo diverso dal cervello.   Ha tolto ai cittadini il diritto di eleggere direttamente presidente e consiglieri provinciali per assegnarlo a sindaci e consiglieri comunali con un meccanismo di calcolo ponderato. Più cittadini si rappresentano, più pesa il voto di chi lo esprime.  Il sindaco e il consigliere comunale di Crema o Cremona contano quanto la somma di tutti i consiglieri di un Comune al di sotto dei tremila abitanti. Si è passati dalla democrazia di una testa, un voto, a quella dei muscoli, tipica delle società quotate in borsa. Ma la provincia non è una spa.

Il sistema Delrio permette ai partiti di condizionare in maniera decisiva l’elezione di presidente e consiglio provinciale.  Favorisce accordi sottobanco, consorterie tipiche della spartizione dei posti.  Mercato entrato nella prassi abituale del sottobosco politico, lascia indifferenti chi patisce le conseguenze del tanto al pezzo. Del do ut des dei disperati in cerca di una sistemazione.

Ribellarsi è giusto, ma Sartre è archeologia e oggi nessuno se lo fila. Si preferisce l’omologazione con la cremonese Chiara Ferragni, celebrata superstar dell’effimero. E non è una critica all’influencer che, con ottimi risultati, fa gli affari suoi. È una constatazione, accompagnata dallo sconcerto per una società toppo fluida e priva di ideali. Per un mondo in riserva di speranza. Che è eterno presente. Permanente status quo. Frustrante. Coazione a ripetere.  Che è palude stagnante. Asfittica. Che è provincia di Cremona.  

I segretari di partito determinano, di fatto, il governo provinciale, con margini di errore insignificanti. Su questo meccanismo geneticamente malridotto si innesca la peculiarità del nostro territorio legata alle Sturmtruppen dei politici locali. Sturmtruppen meno divertenti di quelle di Bonvi, ma dannose come possono essere, giustappunto, le truppe tempesta. Tanto incapaci e incompetenti, quanto arroganti e supponenti, partiti e politici sono riusciti nella titanica impresa di presentare un candidato presidente ineleggibile. Poi ad eleggerlo. Ad annullare la sua elezione. A mandarlo in tribunale.  Ad eliminare la causa di ineleggibilità. A convocare un’altra tornata elettorale. A rieleggerlo. A sostenerlo. A ridurre la Provincia un’ameba. A proseguire con nonchalance e indifferenza. Tutto vero. Un capolavoro di inettitudine che, per evitare l’accusa di sparare nel mucchio, è da ascrivere al Pd con il contributo degli altri attori non protagonisti. Probabilmente sodali.  Ma la discesa agli inferi non si è ancora arrestata. Prosegue.

A inizio aprile viene convocato il consiglio provinciale. All’ordine del giorno l’approvazione del bilancio di previsione e relativo Dup, Documento unico di programmazione. Non la concessione del patrocinio alla festa del patrono con annessa sfilata in costume.   Manca il numero legale.  Salta la seduta. Nessun problema.  La delibera viene licenziata nella riunione successiva. Una figura di palta secondo i canoni classici della politica.  Ma i tempi sono cambiati. Giacca e cravatta sono fuori moda e la maggioranza che doveva garantire il numero legale preferisce il casual meno impegnativo.  La minoranza non si agita.  Avanti, Savoia. Tutto va bene, madama la marchesa. Ma il palazzo brucia.

In queste settimane nel cahiers de doléances ci è finito l’impianto di biometano che A2A intende costruire in via Bosco a Cremona, al confine con Gerre De Caprioli. La Provincia non si è schierata. Ha preso atto della richiesta della stessa società di sottoporre l’insediamento alla procedura di Valutazione di impatto ambientale e si è scansata. Nient’altro. Zitti e mosca. Ponzio Pilato, un dilettante.

C’è poi l’inquinamento dell’aria. Gli effetti nefasti sulla salute sono noti e una riflessione sui morti di cancro nel territorio (Pietro Cavalli, in Vittorianozanolli.it, 10 aprile) potrebbe essere utile. Anzi, sarebbe doveroso. Ma la provincia non proferisce parola.

E l’Associazione temporanea di scopo (Ats) per implementare il Masterplan? Plateale dimostrazione di asservimento della Provincia all’Associazione industriali, è sparita dei radar. Inghiottita nelle pastoie degli azzeccagarbugli cremonesi resta tra color che son sospesi. E quei Comuni che hanno pagato la quota di adesione rimangano in attesa di sviluppi.  Campa cavallo che l’erba cresce. Ma la Provincia non si scompone.

Poi c’è la brillante idea del consigliere provinciale, con delega alla viabilità, di spostare sette milioni di euro, già destinati alla tangenzialina a nord di Crema, alla realizzazione del ponte sull’Adda a Spino.  Non merita alcun commento, ma una citazione evangelica, padre perdona loro perché non sanno quello che fanno. 

La Provincia Casa dei Comuni. Bella definizione.  Suggestiva e accattivante.  Ma quale casa? Ma dove? Quella del bosco delle fiabe, che i genitori impongono ai propri pargoli di evitare? Oppure quella di Sam Raimi? Dei fantasmi. Degli incubi. Del «Perché avete disturbato il nostro sonno?»

E i sindaci hanno capito e si arrangiano. Fanno da sé. Aiutati che dio ti aiuta, ma al diavolo i santi protettori politici che oggi  salvaguardano solo il proprio scranno. 

Esperti di bricolage politico, si organizzano da soli. Michel Marchi, sindaco di Gerre De Caprioli è l’ultimo esempio. Ha preso cappello per l’impianto di biometano previsto in una zona ambientalmente critica, a due passi dal confine del suo Comune e ha organizzato la resistenza. Sarà costituito un comitato e mercoledì prossimo, 19 aprile, si terrà un’assemblea sull’argomento.

I sindaci cremaschi sono andati oltre. Hanno accelerato sulla costituzione e l’operatività dell’Area omogenea. Hanno capito che adeguarsi ai tempi della Provincia conduce nel baratro.  Non vogliono rompere l’unità del territorio, ma si sono stancati del ruolo di vittime sacrificali dei capintesta provinciali.  Dell’attendismo e della inconsistenza di gran parte di politici locali.  Della loro mancanza di autonomia decisionale. Del rapporto simbiotico tra politica e associazioni di categoria. Dei generali che si comportano da attendenti. Dei leader che operano da servi, eterodiretti e supini a non si sa quale entità superiore. Dell’inedia.

I sindaci cremaschi hanno detto cambiamo insieme a Casalasco e Cremonese. L’Area omogenea è lo strumento per raggiungere lo scopo. È prevista dallo statuto della Provincia.

Era il 29 aprile 2016 e il consiglio provinciale approvava all’unanimità la costituzione dell’Area omogenea cremasca. Il presidente Carlo Vezzini ci metteva timbro e imprimatur.  «Nel rispetto delle volontà del territorio – dichiarava – abbiamo sottoposto al Consiglio provinciale l’approvazione, tramite delibera, della costituzione dell’Area-zona omogenea cremasca, che verrà poi sottoposta all’assemblea dei sindaci della provincia di Cremona per approvazione e da qui al tavolo istituzionale di confronto sugli ambiti territoriali e omogenei competenti per il nostro territorio provinciale» (Cremaoggi, 30 aprile 2016). Nell’occasione Vezzini aggiungeva: «Ora procederemo ad avviare il percorso di individuazione dell’Area-zona omogenea del Cremonese e del Casalasco, nell’attuale ambito territoriale provinciale».  A tutt’oggi Cremonese e Casalasco non si sono costituiti Area omogenea e le indicazioni dell’ex presidente provinciale sono rimaste delle pie intenzioni.

L’ostruzionismo per prolungare i tempi e rinviare la costituzione di un nuovo assetto provinciale, più aderente alla realtà attuale e più favorevole allo sviluppo dell’intero territorio è autolesionismo. Dilazionare alimenta malcontento e insofferenza. Invoglia ipotesi centrifughe dei Comuni più distanti dal centro dell’impero.  Lo stesso Mirko Signoroni, presidente della provincia e sindaco di Dovera, ha ammesso: «È inevitabile considerare Cremona lontana» (Cremaoggi, 15 gennaio 2019), con tutto ciò che questa affermazione sottende.

La provincia deve restare compatta, ma va contro la realtà e l’evoluzione della società credere che Cremona possa tenere al guinzaglio Cremasco, Cremonese e Casalasco. Uniti in una federazione, può essere la soluzione. Poi c’è il macigno dell’idiosincrasia degli amministratori del capoluogo a condividere le proprie scelte con il resto del territorio. Allergia che non favorisce il dialogo e la condivisione.

L’altro giorno i sindaci cremaschi si sono recati a Roma all’udienza di papa Francesco.   Hanno portato anche uno striscione con il logo dell’Area omogenea. Nulla di straordinario. Ma i simboli contano. Identificano e danno un significato al gruppo. Costituiscono un brand. Danno forza e coesione.

«Siamo qui in sala Nervi – ha sottolineato Gianni Rossoni, presidente dell’area omogenea – è stato un momento molto bello ed emozionante. Noi sindaci dell’area omogenea cremasca abbiamo voluto fare una foto tutti insieme ed è un modo per sentirci uniti e più vicini uno all’altro” (Cremonasera, 15 aprile).

Giuseppe Torchio, uno dei presidenti più significativi della provincia, pubblicizzava la sua candidatura con lo slogan, Torchio c’è.  Anche l’area omogenea c’è. Eccome.  Al contrario, la Provincia è assente. 

Un buco con intorno il nulla.

 

Antonio Grassi

  

Una risposta

  1. Complimenti: l’Area Omogenea Cremasca ha arruolato anche papa Francesco. Chissà come si sarebbe posizionato papa Ratzinger sulla questione di planetario rilievo.

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