Comune-Tamoil: macché vittoria, c’è da vergognarsi

19 Dicembre 2023

Commentare le reazioni al risarcimento per il Comune di Cremona è faticoso, non riesco a sopportare il giubilo degli amministratori pubblici e di alcuni ambientalisti della domenica che celebrano la cosa come una vittoria. Si potrebbe ambientare questo fervore indirizzato ad annebbiare la realtà in due romanzi di grande spessore “Les Misérables” di Victor Hugo oppure in “La Misère” di Louise Michel, perché il fumo sollevato dalle dichiarazioni di questi personaggi nasconde la miseria che invece ammanta la vicenda. Ad oggi non c’è una bonifica in atto che rassicuri in futuro i cittadini di Cremona e non solo, dall’inquinamento della falda (vedi analisi fatte dalla Canottieri Bissolati).

Mi domando cosa c’è da gioire quando una azienda contamina un territorio per decenni (aria, acqua, suolo), quando decide che non si fanno abbastanza profitti e se ne va e ci lascia una eredità di cui non conosciamo le proporzioni. Certo Cremona ha beneficiato per molto tempo di uno sponsor munifico e generoso e di conseguenza è difficile avere la schiena dritta per costituirsi in giudizio, ma va da sé che la storia ci insegna che la generosità dovrebbe appartenere all’anima non a far passare in secondo piano il rispetto per la vita delle persone.

Quante persone dovranno ammalarsi e forse morire per far spegnere il sorriso dalle facce di personaggi degni dei suddetti romanzi. Il solo pensiero che si possa, con una manciata di soldi, chiudere la vicenda della raffineria mi ricorda che il potere è capace di creare qualsiasi illusione.

Chiudo per non annoiare con una citazione che mi sembra logica : “S’ils n’ont plus de pain, qu’ils mangent de la brioche”, ma ricordate l’epilogo di chi ha pronunciato la frase.

Ferruccio Rizzi

Gentile direttore,
L’ennesima notizia che certifica la presenza di surnatante (ben 70cm m nel pozzo nei pressi della piscina da 50 metri della Società Canottieri Bissolati) conferma che il caso Tamoil non è ancora chiuso e mi fa nascere spontanea una domanda. Cosa ha fatto fino ad oggi la politica e chi ha amministrato la città? Oltre che rassicurarci che la messa in sicurezza procedeva benissimo (e non era vero), a stringere mani per incassare un assegno di indennizzo (ottenuto grazie ad altri) e fantasticare su progetti di rigenerazione con parcheggi e campi fotovoltaici dimenticandosi il tema della bonifica, e convocare con il contagocce l’osservatorio, poteva fare altro?
Sí. I consiglieri comunali hanno la possibilità di accedere più semplicemente agli atti rispetto ad un normale cittadino, e chi guida una giunta comunale ha gli strumenti per poter garantire la salute della propria comunità. Non solo. In termini di relazioni, di ruolo istituzionale e di peso, un primo cittadino può muoversi in modo più efficace nei confronti della prefettura, degli organi di controllo, come Arpa e ATS, e di altri livelli istituzionali. Inoltre Cremona città ha avuto sempre una forte rappresentanza di senatori, parlamentari e anche sottosegretari. A nessuno è mai venuto in mente di spingere sull’acceleratore per inserire il sito Tamoil tra i SIN e inserire il profilo di salute dei propri cittadini nei filoni di indagine epidemiologica del progetto Sentieri finanziato dal ministero della salute. Brescia con la Caffaro, Mantova con il petrolchimico, lo hanno fatto. Ed oltre ad aver ottenuto i fondi per la bonifica (termine dimenticato e sconosciuto dalle parti di Cremona) hanno ottenuto un costante monitoraggio epidemiologico oltre che ambientale. Cosa che non sarebbe di poco conto nella città italiana più inquinata.
Ma dalle nostre parti non funziona così, e viene confermato il detto “chi sa fa, chi non sa insegna”.

Strano caso quello Tamoil. Chi doveva vigilare e agire con fermezza ha dormito pesantemente e non si è mosso per tempo per garantire i controlli, per tutelare l’ambiente e la salute. Nel frattempo gli idrocarburi contaminavano e continuano a contaminare parte della città. Ma a cosa servono le elezioni, se chi dovrebbe fare aspetta e non fa?

“O si salvavano i posti di lavoro o l’ambiente”. Questo è stato il mantra abbracciato sia dalle forze di centrodestra che di centrosinistra (chiamiamolo così …). E nel mentre si recitava il mantra, e si cercava di disinnescare la bomba sociale, per evitare licenziamenti, quella ambientale e sanitaria finiva nel dimenticatoio. Dall’autodenuncia del 2001 vengono presi, con sei anni di ritardo, i primi provvedimenti di messa in sicurezza. Per l’apertura del processo, in sede penale, bisognerà attendere il 2012.
Eppure già nel 2007, Ezio Corradi, un cittadino che non aveva sottovalutato il problema e confidente nel ruolo delle istituzioni scriveva un esposto in cui si chiedeva alla politiche e agli enti proposti di fare quello che fino ad allora non avevano mai fatto e dare delle risposte. Negli anni successivi il processo, le condanne, e l’azione risarcitoria avviata da Gino Ruggeri. Un altro cittadino che si è sostituito al Comune, mentre i sindaci si alternavano e rimanevano a guardare.

L’altro giorno la cronaca ci ha raccontato l’epilogo, con i sorrisi e le strette di mano per la sentenza di risarcimento di 2,4 milioni di euro. Briciole spacciate per successo e, ovviamente, per la photo opportunity le istituzioni erano in prima fila.

Siamo nel 2023. Ma non è finita. Anzi. È ormai evidente che non si possano limitare gli interventi alla messa in sicurezza dell’area del sito, ma vada quindi affrontato il tema della bonifica in modo solerte anche delle aree circostanti: non è più rimandabile. Ogni giorno che passa la salute dei cittadini è messa a repentaglio.

Ma non solo. Andrebbero subito interessate l’Ats, l’Ispra, Arpa e l’istituto Superiore di Sanità, assieme agli altri soggetti pubblici o privati, con l’obiettivo di valutare la possibilità che il sito venga riconosciuto come SIN (sito di interesse nazionale). Sarebbe altresì utile interpellare anche il MiTE (ministero della Transizione Ecologica) visto che servono fondi per la bonifica, oltre che per la messa in sicurezza. In tutto questo iter va considerata anche la componente sanitaria, ed è evidente che non si sia fatto abbastanza su questo fronte.È ormai da tempo che lo sostengo e ora lo ribadisco: lo studio epidemiologico sulla Tamoil va riaperto immediatamente, non è più possibile aspettare. Se infatti, così come ha spiegato il professor Paolo Ricci, ex direttore dello studio epidemiologico di Cremona, lo studio portato avanti dall’Università di Milano presenta alcune criticità dovute ai dati di base insufficienti che l’ex Asl di Cremona ha fornito ai tempi.

Gli elementi scientifici alla base del mio ragionamento arrivano dalla testimonianza rilasciata qualche tempo fa del professor Paolo Ricci, ex direttore dello studio epidemiologico di Cremona, durante un convegno da me organizzato in Regione Lombardia. Lo studio, secondo la logica scelta dell’ex Asl, ha provato a dimostrare che se nessun lavoratore fosse risultato ammalato, allora nemmeno i cittadini più lontani dall’impianto potevano essersi ammalati. Una logica, come spiegato dal dottor Ricci, completamente priva di fondamento. Infatti la popolazione lavorativa considerata, non è confrontabile con la popolazione generale il cui stato di salute è tra l’altro influenzato da altri fattori che qui non sono stati presi in considerazione. In primo luogo perché la coorte dei lavoratori, per di più solo maschile e formata da poco più di 800 dipendenti non differenziati secondo il ruolo (impiegati o operai), non solo è stata “spalmata” in un arco temporale di 40 anni senza nemmeno distinguere le mansioni, ma sono anche stati esclusi dalla coorte tutti i lavoratori delle ditte in appalto. Così facendo si sono create le condizioni per una sottostima dei rischi riportati dai risultati”.

In definitiva è stata creata un’uniformità irrealistica del dato, ossia si è in realtà creata un’ indubbia operazione di diluizione. Secondo Ricci, poi, i dati che l’Asl ha fornito non prendono in considerazione i malati, i fragili, i bambini e neppure donne: tutti soggetti che potenzialmente potrebbero risultare più ricettivi ad esposizioni inquinanti. Manca inoltre il così detto periodo di latenza. Ossia un periodo di osservazione sufficientemente valido per evidenziare l’insorgere di eventuali patologie, come ad esempio i mesoteliomi associati ad amianto, di cui tutte le raffinerie ne hanno fatto ampio utilizzo.

Cosa farà l’Amministrazione comunale? Rimarrà a guardare e ci presenterà un nuovo rendering o per una volta deciderà di prendere iniziative senza attendere la buona volontà di qualche altro cittadino?

 

Marco Degli Angeli

5 risposte

  1. Egregio signor Rizzi, probabilmente non ha letto bene la notizia o non è stata interpretata nel modo corretto.
    Il risarcimento di 2,4 milioni di euro ottenuto dal Comune di Cremona RIGUARDA UNICAMENTE IL DANNO D’IMMAGINE ALLA CITTÀ; era la sola azione civile che il Comune poteva fare.
    Il risarcimento per il danno ambientale può essere richiesto unicamente dal Ministero dell’ambiente, che al momento non ha ancora fatto nulla, nonostante le sollecitazioni.
    La vicenda dunque non è affatto conclusa !!!

  2. Mentre iniziano le patetiche scaramucce preelettorali tra i politici nostrani che si stuzzicano l’un l’altro, Marco Degli Angeli si preoccupa della città e dei cremonesi. Della salute ambientale. Non si parla addosso, ma propone soluzioni e strade da percorrere.

  3. E’ incredibile, i cremonesi (alcuni, almeno) hanno smesso di mugugnare e di stare schissi ed esprimono le loro opinioni pubblicamente. Oggi si discute su la Baldesio e l’ospedale, domani chissà. Molto bene, anche questa è democrazia e partecipazione. Anche grazie a Zanolli e al suo blog.

  4. Direi che quanto esposto da Marco degli Angeli gli faccia molto onore. Si preoccupa della salute dei cittadini. Preoccupazione che non ho riscontrato nelle passate e presenti amministrazioni. Ricordatevi quando andrete a votare. Non chiacchiere ma operare per il bene di Cremona e dei suoi abitanti….

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