L’archivista

4 Luglio 2022

Il commendator Gelasio Castagna era il plenipotenziario – se così si può dire, assommando in sé le cariche di amministratore delegato e presidente – de La Lorena di Sicurtà, la compagnia di assicurazioni fondata sul finire dell’ ‘800 da un gruppo di nobili fiorentini e di finanzieri ebrei ed il cui nome voleva essere un omaggio postumo al granduca Leopoldo II, vulgo Canapone. Batteva il tocco ai campanili di Firenze mentre lui iniziava a pranzare insieme al principe G*** – uno degli azionisti più influenti – al ristorante Le Rampe, sulla salita che porta a piazzale Michelangelo: non
era un ristorante di lusso, ma sobrio e riservato, e si mangiava dell’ottima carne. Castagna ci andava spesso, soprattutto d’inverno, per intrattenersi con qualche ospite a parlare di lavoro approfittando dell’intervallo del pranzo e da qualche tempo aveva notato, sempre seduto da solo ad un tavolo d’angolo, l’archivista della compagnia che consumava rapidamente il proprio pasto per poi andarsene in silenzio come era venuto: dava l’impressione che si tenesse di proposito in disparte, come se cercasse di rendersi invisibile e, quando proprio non poteva farne a meno, si sprecava con un saluto
deferente, ma appena accennato, quasi furtivo. Quel giorno Castagna si rese conto di aver incrociato l’archivista pochissime volte in azienda e sempre di sfuggita; si accorse anche di non ricordare come si chiamasse e se ne stupì, dal momento che si faceva un vanto di conoscere per nome, uno per uno, tutti gli altri dipendenti dell’azienda, e non erano pochi. Arrivato in ufficio fece chiamare Giannetti, il direttore del personale.

“ Oggi ho incontrato l’archivista al ristorante Le Rampe… ” – esordì – “anzi, le volte che mi capita d’andarci lo vedo sempre lì, ad un tavolo d’angolo… molto appartato…” non voleva far capire che non ne ricordava il nome e sperava che glielo dicesse l’altro. Infatti, dopo un attimo di esitazione Giannetti rispose: “Ah sì… è il ragionier Bedeschi… un tipo solitario, non dà confidenza a
nessuno, ma è un funzionario molto attento…” Giannetti intanto rovistava nella propria memoria in cerca di altre informazioni che però non riusciva a trovare, sicché concluse: “Guarderò subito sulle schede del personale, sul registro delle presenze e farò qualche domanda in giro… le saprò dire al più presto.” E si congedò pensieroso: in effetti anche a lui sfuggiva la personalità dell’archivista. Ricordava soltanto che le richieste di documenti o di informazioni fatte all’archivio venivano puntualmente evase con rapidità e precisione.

Dopo un paio d’ore Castagna ricevette da Giannetti un rapporto molto conciso: il ragionier Lorenzo Bedeschi aveva cinquantotto anni e da poco meno di trentacinque lavorava in azienda. Abitava in via Cimabue – una parallela di viale Amendola – e non aveva mai fatto giorni di malattia; prendeva le ferie sempre negli stessi periodi e aveva chiesto pochissimi permessi; sei anni prima era rimasto vedovo e in quella circostanza aveva ottenuto un congedo straordinario di quattro giorni. E questo era tutto. ‘ Trentacinque anni…’ – si disse Castagna – ‘ non è poco… un impiegato che svolge le proprie funzioni in modo esemplare, ma è per così dire trasparente… incorporeo…’ e scosse la testa perplesso prima di tornare agli incartamenti che gli affollavano la scrivania.

Nei mesi che seguirono Castagna non ebbe più occasione di andare a Le Rampe e l’archivista uscì dai suoi pensieri; finché, a primavera inoltrata, non lo rivide, seduto sempre ad un tavolo d’angolo, in un ristorantino di Porta al Prato dove si mangiava dell’ottimo pesce. Castagna ci rimase di stucco e nelle settimane che seguirono non perse occasione per pranzare ancora al medesimo ristorante. L’archivista era sempre là, allo stesso tavolo. ‘D’inverno alle Rampe e con la buona stagione qui…’ – si disse Castagna vivamente incuriosito – ‘ che strana coincidenza… parrebbe quasi che ci fossimo messi d’accordo…’ E quel passare inosservato dell’archivista gli sembrava tanto più strano in quanto il suo aspetto era per lo meno singolare: tarchiato, con due gambe arcuate e abbastanza corte su cui posava un torace ampio e robusto; le spalle erano larghe e le braccia si intuivano forti, con mani piuttosto grandi. La faccia poi era davvero il clou: Bedeschi era il sosia sputato di James Whitmore, un caratterista molto noto del cinema americano. Come fosse riuscito in tutti quegli anni a defilarsi così bene era proprio un mistero: altro che l’uomo ombra! Comunque il suo rendimento era ineccepibile: e però si aveva l’impressione che fosse il suo rendimento e non lui ad essere sempre presente in azienda. ‘ Sicuramente lo fa di proposito…’ – si diceva Castagna – ‘ non può essere un caso che si mimetizzi così bene… e ci sarà pure un motivo… non lo fa certo tanto per fare… magari un segreto inconfessabile… vuoi vedere che la moglie l’ha accoppata lui…’

Passavano i mesi, ma l’archivista proseguiva diligente e appartato il proprio lavoro senza lasciar trapelare nulla della sua vita privata. Castagna infine si arrese di fronte a quel mistero impenetrabile e il ragionier Bedeschi tornò ad essere anche per lui, come per tutti i dipendenti de La Lorena di Sicurtà, l’archivista inesistente che forniva però un buon servizio: un lavoratore invisibile di cui non si avvertiva la presenza, ma neppure si poteva lamentare l’assenza. “Senta Giannetti…”- il commendator Castagna non nascondeva la propria irritazione – “ questo cretino di Pernati mi sta creando delle grane sindacali… lecchìno dei superiori fa il prepotente coi sottoposti… e pure dagli agenti mi arrivano lamentele… com’è che quell’imbecille si trova in una posizione di responsabilità così delicata?”

“ Il direttore Stival…” accennò Giannetti.

Castagna fece una smorfia di disappunto. Stival era un personaggio ambizioso e infido: gli era stato messo tra i piedi dall’istituto di credito che con l’ultimo consistente aumento di capitale era diventato un azionista di riferimento della compagnia.

“Ho capito.”- concluse Castagna – “ Allora lo assegni al recupero crediti: almeno si sfogherà con i debitori inadempienti…” Giannetti si sentiva tra l’incudine e il martello e non vedeva l’ora di cambiare argomento. Aveva l’asso nella manica per distrarre Castagna. “Ieri l’altro l’archivista ha chiesto quattro giorni di permesso. Solo oggi ha comunicato che è per la morte del figlio… non sapevamo neppure che ne avesse… è dai tempi del mio predecessore che non percepisce assegni
familiari…”

“Quanti anni aveva il figlio?” chiese Castagna turbato.

“ Mi hanno detto trentadue…”

Castagna congedò Giannetti e scrisse un breve biglietto di condoglianze che consegnò alla segretaria. Tre giorni dopo ricevette la risposta: Ringrazio della sentita partecipazione. Lorenzo Bedeschi. Ma le brutte sorprese non erano finite. Non passarono molti giorni che l’archivista, per la prima volta in più di trentacinque anni, si mise in malattia. A Castagna fu riferito che era stato ricoverato a Careggi con una leucemia fulminante. Poi, in meno di due settimane, era morto. Il crollo era stato improvviso e totale. Il ragionier Bedeschi aveva però predisposto per le proprie esequie con la precisione e la riservatezza che aveva sempre usato in vita e ciò che restava del suo piccolo patrimonio, non avendo parenti prossimi, l’aveva destinato ad un centro per disabili. Al funerale c’erano quattro gatti: gli inquilini del condominio di via Cimabue e, naturalmente, il commendator Castagna. Era l’occasione buona per sapere qualcosa di più della vita privata dell’archivista. E chi meglio della portinaia del condominio avrebbe potuto soddisfare la sua curiosità? Castagna le allungò un biglietto da diecimila per incoraggiarne le confidenze. “ Una gran brava persona… distinta e riservata… ne ha avute di disgrazie! Ah sì… quindici anni fa l’incidente del figliolo, col motorino appena comprato… e gli è rimasto paralizzato dalla cintola in giù… la su, la moglie… poverella anche lei… ‘un glielo voleva regalare… c’aveva paura… tante volte il destino… ma come si fa con codesti ragazzi… poi dopo nove anni anche la su’ moglie… l’è morta di crepacuore… ‘un s’era più rimessa… e da ultimo il figliolo… ora il ragioniere l’avrà almeno finita
di penare…”

“Come faceva con il figlio?” intervenne Castagna.

“E’ la su’ sedia a rotelle…” – rispose prontamente la portinaia indicando verso un angolo della portineria – “ tutti i santi giorni il ragioniere lo portava al centro disabili e l’andava a prendere a sera… ultimamente i reni del ragazzo ‘un funzionavano più e si dovette provvedere con la dialisi… un calvario davvero… ma il ragioniere, pover’omo, mai un lamento… il su’ figliolo se lo portava su e giù di casa per le scale, sempre a spalle… e dal terzo piano…”

“ Ma come!” – si stupì Castagna – “ con un ascensore così comodo? Ce ne stanno due di sedie…”

“ Glielo si disse tutti quanti… e più d’una volta… ma lui no, ‘un se ne dava per inteso… scrollava il capo e diceva sempre che l’era il su’ compito preciso… che toccava a lui…”

Ora Castagna non aveva più alcuna curiosità, ma solo una malinconia profonda. Si avviò alla macchina mentre l’autista gli apriva la portiera posteriore; si accomodò sul divanetto e disse brevemente: “ In azienda.”

Non avrebbe parlato a nessuno di quanto aveva saputo dalla portinaia; neppure a Giannetti, che sicuramente gli avrebbe fatto delle domande. Avrebbe rispettato il riserbo che l’archivista aveva voluto mantenere per tutta la vita.

 

Gianni Carotti

Tratto da “ L’occhio di Samuele” – Racconti – Ed. Campanotto

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