L’illusione della guerra: non produce né vincitori né vinti

15 Aprile 2022

Confesso che non volevo parlare di guerra; ne hanno già parlato in tanti ed io ero sicuro di non poter aggiungere nulla di significativo all’argomento. Però, dopo aver letto l’intervento di Krugman – premio Nobel per l’economia 2008 – sulla inutilità della guerra, ho cambiato idea. Voglio parlarne quindi perché mi sembra che il modo in cui è stata trattata la materia non sia affatto scontato. Con straordinaria umiltà l’economista si rifà al libro di Norman Angell The Great Illusion, A Study Of The Relation Of Military Power To National Advantage, pubblicato nel 1909, per il quale l’autore fu insignito del Nobel nel 1933, il riconoscimento prestigioso per antonomasia che tuttavia non riuscì a scongiurare i grandi conflitti del Novecento (c’è da chiedersi se la Letteratura possa contribuire in qualche misura al riscatto del genere umano). L’uomo lo sa da sempre: la guerra è un’illusione; Euripide, nella sua tragedia, Elena, racconta che la moglie di Menelao in realtà non è mai andata a Troia; al suo posto Era aveva creato un fantasma del tutto simile a lei ‘dotata di respiro…un vuoto miraggio’ ordinando che la vera Elena fosse nascosta lontano, in Egitto.

L’allusione quindi è chiara: la guerra di Troia , considerata dai più il primo conflitto mondiale della storia, fu combattuta a causa di ‘un vuoto miraggio’. Da allora, a dispetto delle differenze dovute alle circostanze storiche, le cose sono andate ripetendosi con tediosa regolarità,. In epoca pre moderna (cioè fino ad un secolo e mezzo fa) si combattevano guerre di conquista tramite le quali gli Imperi si arricchivano; è accaduto per Roma in Europa e, più tardi, per gli imperi europei nelle Americhe. La guerra quindi era considerata come un prolungamento
dell’economia.

A partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento le guerre di espansione sono diventate sterili; in quegli anni la tecnologia compì un grande salto di qualità: la strada ferrata, le navi a vapore e il telegrafo hanno contribuito a generare un mondo interconnesso, dando l’abbrivio al
cambiamento epocale noto come globalizzazione. Tuttavia ancora per molto tempo, nonostante le evidenze, la guerra è stata vista come un prolungamento dell’economia. L’Inghilterra, pur uscendo fra i vincitori dal secondo conflitto mondiale, dovette affrontare anni di austerità esacrifici e gli Stati Uniti conobbero un periodo post bellico caratterizzato da una spinta inflazionistica con picchi del venti per cento. Sempre durante l’ultimo conflitto la Germania occupò territori molto ricchi; però, nonostante lo spietato sfruttamento, riuscì a recuperare ben poco rispetto a quanto investito nello sforzo bellico: qualsiasi regime predatorio non può suggere risorse all’infinito senza fare crollare il sistema produttivo.

D’altro canto e contro ogni aspettativa, Germania e Giappone – messe da parte le velleitàespansionistiche – raggiunsero uno stato di prosperità senza precedenti. Oggi è impossibile conquistare un Paese senza tagliarlo fuori dalla comunità internazionale; se ciò avvenisse si attiverebbero costi immensi per tutti i soggetti coinvolti. A ciò si aggiunga il congelamento dell’attività finanziaria che, com’è noto, ha una dimensione planetaria. Queste premesse rendono le conquiste poco durevoli e, come appena accennato, non assicurano il recupero dei costi bellici. Le guerre moderne richiedono un’immensa quantità di risorse; al contrario di quanto avveniva in passato in cui gli invasori possedevano armamenti limitati e le esigenze logistiche potevano essere parzialmente soddisfatte con saccheggio e bottino, oggigiorno la logistica è troppo impegnativa sotto tutti gli aspetti e il rischio di perdita di tempo e denaro senza risultati incisivi, risulta troppo elevato.

Anche la guerra russo-ucraina, di triste attualità, lascerà il segno in tutti noi (migrazioni fuori controllo, revisione di schemi economici, cambiamento delle politiche sociali …) e non solo nei due contendenti: da un lato la Russia, aggirandosi fra le macerie di un Paese che non accetta l’occupazione, ne uscirà esausta e con inquietanti problemi interni, pronti ad affiorare. Dall’altro l’Occidente, dando spazio alla finanza a scapito della politica, dovrà fare i conti con una globalizzazione e una tecnologia esasperate, buone solo a generare mostri. Ancora una guerra quindi, pur sapendo che non paga e che costa.

A questo punto è lecito pensare che i potenti della terra non sono migliori di noi comuni mortali, come diceva Oriana Fallaci dopo aver intervistato i politici più importanti del suo tempo. Come accennato poc’anzi, dobbiamo accettare che la Letteratura non è in grado di riscattare l’uomo; speriamo almeno che sia in grado di instillare qualche dubbio nelle nostre menti assopite. Meglio di niente. A proposito vanno ricordate le storie relative ai ritorni degli eroi omerici (nostoi), quasi tutte finite malissimo (omicidi, tradimenti, naufragi…): vinti e vincitori sono accomunati da un tragico destino, come la guerra che hanno scatenato.

 

Giuseppe Pigoli

5 risposte

  1. Io vorrei che qualcuno dicesse come deve comportarsi l’Ucraina dopo essere stata brutalmente aggredita dalla Russia. Non con le solite frasi fatte del tipo tutti vogliamo la pace, la guerra produce solo miseria,alla fine tutti sono perdenti ecc. Desidero che si indichi il nome del mediatore. Secondo me c’e’ una sola persona al mondo in grado di far sedere al tavolo delle trattative prima di tutto l’aggressore ,Putin, e poi l’aggredito, Zelenski. Questa persona e’ Papa Francesco. E tutti sappiamo perché’.

  2. È vero, occorre un autorevolissimo mediatore “terzo’ rispetto ai contendenti. O almeno, si tenti anche questa strada. Condivido tutto l’intervento di Giuseppe Pigoli. Noi umani siamo proprio così: razionali sulle piccole cose e tragicamente irrazionali sulle grandi.

  3. Ma papa Francesco non è Leone Magno. Purtroppo. Non lo vedremo mai a Kiev … anche se continuerà a viaggiare, ma lontano dall’ Ucraina.

  4. D’accordo sulla mediazione di un “terzo “ autorevole, nutro però il sospetto che i contendenti non siano. , al momento, interessati alla pace e non è una prospettiva confortante.

  5. Se da un lato è auspicabile l’intervento dell’ autorevole mediatore, dall’altro il mediatore stesso deve essere convocato…chi lo convoca se nessuno è veramente interessato alla pace ?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *