Pd consociativo e omologato: dai duri e puri del Pci ai dem acchiappapoltrone

2 Ottobre 2022

«Noi siamo uguali agli altri, noi siamo come tutti gli altri, noi siamo diversi, noi siamo diversi, ma siamo uguali agli altri, ma siamo diversi, ma siamo uguali agli altri, ma siamo diversi». Settembre, 1989, nelle sale cinematografiche debutta Palombella rossa, forse il miglior film di Nanni Moretti. 

 Michele Apicella, il protagonista, parlamentare comunista e incarnazione del militante del Pci, orgoglioso di viversi limited series, reclama, vuole, pretende la parità con i soggetti politici ordinari, senza rinunciare al privilegio d’essere speciale.

A novembre, due mesi dopo, cade il muro di Berlino.  Due anni più tardi, il Pci si scioglie. Inizia la marcia verso l’omologazione. 

Nasce il Pds. Nel simbolo, falce e martello – arnesi da scasso – vengono ridotti al minimo sindacale. 

Nel 1998, altro giro, altro regalo. Arrivano i Ds. Falce e martello scompaiono. Iniziano i sogni di gloria.

Nel 2007, nuovo restyling.  Il Pd scalza i Ds. Nel simbolo non si riconosce il passato.

Il partito entra nel club degli uguali. Una mutazione genetica attenua la diversità. L’auspicio di Michele Apicella  si squaglia. Il Pd diventa uno dei tanti commensali seduto alla tavola delle spartizioni e del consociativismo. In un nanosecondo si adatta al nuovo ruolo. Vorace, recupera gli anni di astinenza e partecipa con ottimi risultati alla lotta per l’accaparramento di poltrone e prebende.  Così l’assembla dei soci di Padania Acque per la nomina dell’attuale consiglio di amministrazione e quella, successiva, del collegio sindacale, si trasformano in suk mediorientali dove  trattare ingressi ed esclusioni.  Tra i protagonisti del mercato, il Pd  si dimostra una spanna sopra tutti,  circostanza che basta e avanza per recitare l’orazione funebre della diversità.

Ma il peggio del peggio si manifesta con l’elezione del presidente della Provincia. Pilotata dal  Pd che tiene il mazzo,  annullata la prima volta, finita in tribunale,  la vicenda tocca uno dei livelli più bassi della politica locale. Il mazziere precipita nel nono girone dantesco, riservato a coloro che hanno fottuto le anime candide e idealiste  fiduciose nella asserita diversità degli ex comunisti. Il Pd non si scompone. La Provincia non brilla. Il territorio è penalizzato. L’evoluzione del Pci  ha cambiato il partito, ma non il mondo.  Al contrario, il Pd si è adeguato al mondo e il mondo lo ha inglobato, senza togliere ai militanti la supponenza d’essere i migliori. Ma Palmiro Togliatti era di un altro pianeta. Il Migliore con la emme maiuscola. L’affollata corte dei miracoli di intellettuali o pseudo tali, di giornalisti marchettari, di professionisti in cerca di incarichi, ingaggiata per rendere più credibile il gioco di prestigio di un partito uguale agli altri, ma diverso non ha funzionato. 

 Il Pd ha dimenticato la propria storia.  Le origini. E’ di sinistra solo nel nome della coalizione.  Non nei fatti.  Ha guardato a Blair e a Obama, ma non ha visto i film di Ken LoachHa strizzato l’occhio al neoliberismo, corteggiato l’imprenditore e trascurato il suo dipendente. Ha ottenuto il voto dal primo e perso quello del secondo.

A Cremona non si muove foglia che l’industriale non voglia. E’ accaduto con il Masterplan 3c. Con la cessione di Lgh ad A2a. Con il nuovo ospedale, presentato in anteprima alle associazioni di categoria e ancora sconosciuto ai cittadini. Con il Pd che non ha obiettato. A Cremona circola aria mefitica, con polveri sottili alle stelle, ma non polvere di stelle.  Il Pd, pasdaran verde a parole, non fiata.  Se parla la sua voce è flebile, ma è giustificato. In città si respira male.

A Cremona il Pd il 25 settembre prende una scoppola che tramortirebbe un toro e Vittore Soldo, segretario provinciale, ineffabile dichiara: «Da una parte aver dato a questo voto la valenza di un referendum su Draghi è stato perdente, dall’altro l’intuizione del campo largo era corretta. Non essere riusciti a mettere in campo questa suggestione è frutto di diversi errori commessi da più parti, giusto che ognuno si assuma la responsabilità della quota parte che gli compete. Ha inciso molto anche il mancato tempo per far prendere forma all’alleanza», (Cremonaoggi, 26 settembre).

«Ma che cazzo è suggestione? Compagno, chiediti perché Cottarelli, il nostro candidato locale, la nostra punta di diamante ha preso la metà dei voti della forestiera Santanchè. Suggestione dei miei coglioni», avrebbe sbroccato il militante dei tempi d’oro, quello uguale, ma diverso. Prima dell’evoluzione, o involuzione, dipende dai punti di vista, il partito non era politicamente molto corretto. Non era stiloso. Non era pieno di fighetti, che mangiano pizza gourmet, dissertano sul bouquet dei vini e digitano su un computer  Apple.  Il partito non era una scorciatoia per la carriera. Non era un algido algoritmo.  Era una squadra. Aveva un’anima. Trasmetteva entusiasmo.  Anche coraggio.

«Siete un partito da rifare. Siete scomparsi. Galleggiate a mezz’aria. Mancate di identità. Avete almeno tre anime. Chi siete? Siete un partito inutile. Innocuo», sentenzia un personaggio di Palombella rossa. Sono passati 33 anni, ma la battuta sembra di ieri e non bello constatarlo. Deprimente ci sta tutto. Scoraggiante va meglio.

Tre decenni   di promesse non mantenute e di illusioni cocenti  giustificano l’antipolitica, il populismo, la diserzione alle urne.  Spiegano il 25 settembre rosso sangue del Pd, non per il colore delle bandiere, ma per l’emorragia di voti. Ricordano la storia dei quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo, e poi si accontentano della speranza di ritrovarsi un giorno al Roxi bar. 

Non tutto però è perduto. 

«Il Pd deve cambiare pelle e, prima ancora di definirsi all’interno di un profilo politico identitario, deve imparare a non essere un solo partito di potere» (Cremonaoggi, 26 settembre).   Non male:  Andrea Virgilio, vicesindaco pd di Cremona come Michele Apicella. Alla malora le suggestioni. Con loro, si perde. Si resta uguali senza essere diversi.  

E allora vai  I’m On Fire.. Come in Palombella rossa. E poi Bruce Springsteen è un grande.

 

Antonio Grassi

 

4 risposte

  1. Con tutto il rispetto per gli ideali, ma se coi tempi che viviamo al pd viene in mente di proporre quali cavalli di battaglia lo ius scholae e il ddl Zan, ad es, vuol dire essere più su Marte che sulla Terra

  2. Caro Grassi, la seguo sempre con molta attenzione, il più delle volte concordando… ma stavolta per me la questione è altra e dirimente: non è più questione del vecchio che non c’è più (e del come potrebbe reinventarsi); è questione del nuovo che già c’è (da tempo) e che il 25 settembre è stato semplicemente conclamato. È finita un’epoca. Non solo quella della falsa sinistra d’accatto, ma più in generale della sinistra. Sia chiaro la destra (falsamente intesa) era già finita da tempo. È finalmente iniziata la 2 repubblica (anche se con un ventennio di ritardo). Gli italiani al solito sono più accorti, maturi ed attuali di qualsivoglia politico o commentatore. Fuor di ogni polemica, ma solamente come spunto di riflessione. Buon we a lei e al caro Vittoriano (Gianni è nel cuore, sempre con me).

  3. Bellissimo articolo in cui traspare tutta la delusione per la assenza di un grande partito riformista e “laico”. Letta stava tranquillo alla Sorbona, ma è bastata una telefonata dal Vaticano per farlo rientrare. Siamo messi bene.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *