Narrazioni nazionali: per l’Ucraina è la persecuzione, ecco perché combattono

3 Aprile 2024

Settimana scorsa dicevamo che ogni nazione per stare a galla ha la sua narrazione: l’Inghilterra ha l’impero che adesso si chiama Commonwealth, la Francia ha la Grandeur e la Rivoluzione, l’Italia ha la Resistenza e la demilitarizzazione, gli Usa l’esportazione della democrazia e l’esaltazione della libertà individuale.

La narrazione della Russia è la vittoria, e la vedremo nel prossimo editoriale.

Ci crediate o no, ancora oggi le narrazioni nazionali sono estremamente influenti sui comportamenti dei lori popoli. Basta pensare a quanto in Italia sia impraticabile la via delle riforme costituzionali: perché la sacralità della Costituzione si è cementificata nel suo essere figlia della Resistenza, e quindi intoccabile perché coincide con la narrazione nazionale antifascista.

La narrazione dell’Ucraina, al contrario della Russia, è da sempre la persecuzione. E questa narrazione nazionale la ha in comune con altri tre popoli: gli Ebrei, gli Armeni e i Palestinesi.

Tutti questi popoli-nazione hanno in comune decenni e a volte secoli di persecuzione e genocidio. Non è del resto forse un caso che il presidente dell’Ucraina sia  proprio un ebreo di Ashkenaz. E non è un caso che quasi tutti i centri culturali ebraici del mondo propongano mostre sui genocidi degli Armeni o sulla guerra in Ucraina, come ha recentemente fatto il Memoriale della Shoah di Milano. È la narrazione comune di un destino tristemente comune, e in questo certamente emerge la tragica contraddizione che vede Israeliani e Palestinesi uniti e contemporaneamente contrapposti nell’essere vittime e di poi carnefici tra di loro.

Nel caso dell’Ucraina, da sempre, la narrazione persecutoria e vittimista è figlia di quella rivoluzionaria e vittoriosa della Russia. Ecco perché gli ucraini resistono. Ecco perché combattono oltre ogni logica resistenza. Perché la loro narrazione è essere perseguitati e resistere, esattamente come per i russi è farsi ammazzare piuttosto che perdere.  E resistendo gli ucraini hanno convinto il mondo a dargli soldi e armi: se, come forse pensava Putin, fossero bastati alla Russia pochi giorni per prendere Kiev il mondo non se ne sarebbe accorto più di tanto, come per la Crimea e il Dagestan. Invece gli ucraini resistono, e il mondo è costretto ad aiutarli, perché sono Davide che fronteggia Golia, sono le vittime del gigantesco carnefice russo. E lo sono almeno per la terza volta nella loro storia.

Lenin da vincitore della Rivoluzione fece una sola guerra e una sola invasione: proprio contro i bolscevichi ucraini che volevano staccarsi dalla Russia. E perse, perché da vittime non si arresero e Lenin dovette riconoscerli come Repubblica Socialista Sovietica.

Nel 1932 saranno i Soviet ucraini a volersi staccare da quelli moscoviti, e saranno i contadini ucraini a non volersi assolutamente arrendere alla collettivizzazione delle terre decisa da Stalin. E poiché non si arrendevano, allora come ora, Stalin chiuse i confini dell’Ucraina, ritirò tutte le derrate alimentari e in sei mesi fece morire di fame 6 milioni di ucraini: fu il terribile Holodomor, la Morte per Fame, un genocidio paragonabile a quello della Shoah. Di nuovo perseguitati, di nuovo vittime. E però sarà proprio quello stesso Stalin a dare alla Ucraina i territori attuali e riconoscerli nuovamente come Repubblica, negli accordi russo nazisti di Molotov e Ribbentropp. E dirà poi di non aver mai preso terra agli altri per la Russia ma di averla distribuita agli altri popoli e sopratutto agli ucraini.

Leonid Breznev che era ucraino  si farà “russificare” (era proprio una procedura anagrafica dell’URSS) per scalare il Partito fino ad essere il capo assoluto della Russia per 20 anni. Da ucraino non avrebbe potuto, e da russificato cercava la vittoria e non la persecuzione.

Nel 2022 ancora una volta la Russia invade l’Ucraina in cerca di una vittoria per esistere, e ancora una volta l’Ucraina si erge a vittima resistente per esistere. Nessuno mai come Zalensky è stato la reppresentazione mediatica mondiale della vittima.

Che sarà dunque degli Ucraini dopo questa guerra? Cambierà la loro narrazione nazionale? Potranno dismettere i panni delle vittime combattenti e indossare gli abiti di una ordinaria vita quotidiana? Vogue ha fotografato alcuni combattenti ucraini, donne e uomini bellissimi e feroci…guardatevi i loro profili Instagram e vedrete che combattere è ben più che una reazione obbligata, ed ecco forse perché quella richiesta di bandiera bianca del Papa tanto criticata nasconde in realtà una analisi e una conoscenza dell’Ucraina ben più profonda di quanto si sia pensato.

 

Francesco Martelli

sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

docente di archivistica all’Università degli studi di Milano

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