Nessuno studio sulla situazione sanitaria cremonese, si pensa solo all’ospedalino

9 Agosto 2022

Florence Nightingale, una che di assistenza ai pazienti  se ne intendeva, ebbe a dire una volta: “Apprensione, attesa, incertezza, aspettative, paura delle novità fanno a un paziente più male di ogni fatica”. Certamente erano altri tempi e probabilmente il problema dell’attesa non riguardava ancora le odierne “liste d’attesa” per prestazioni sanitarie. Anche perché non abbiamo ancora capito se questi giorni di attesa siano riferiti ad una settimana lavorativa di cinque giorni, nel qual caso una endoscopia sarebbe erogata addirittura quasi sei mesi dopo la richiesta mentre si potrebbero attendere quasi due mesi per una visita ortopedica e poco meno per il dermatologo. Alla fine chi può permetterselo ricorre al privato (in certe strutture una gastroscopia può costare sino a 800 euro, per un costo medio di 300), mentre chi non ha i mezzi aspetta e spera, oltre a condividere maledizioni ed improperi su Whatsapp. Qualcun altro sceglie di affidarsi a conoscenze ed amicizie oppure si rivolge ad altri ospedali. Tutti gli altri invece finiscono per affollare il Pronto Soccorso, con il risultato di mettere ulteriormente in difficoltà l’intero meccanismo dell’ospedale ed il personale che ci lavora. Senza contare il problema di una Guardia Medica che lavora a singhiozzo.

Neppure è possibile chiedere a medici ed infermieri più di quello che hanno dato e continuano a dare, in una situazione in cui il personale è scarso, demotivato, malpagato e alla mercé di una burocrazia tanto pervasiva quanto supponente. Se poi si aggiunge che ormai l’età media dei medici ospedalieri è 52 anni e quella degli infermieri è molto vicina e che nei prossimi mesi le cose dovranno per forza peggiorare, allora è chiaro che ci attendono momenti difficili, almeno nell’immediato e nelle strutture pubbliche.

In questo contesto, la riforma della sanità del territorio (case di comunità, ospedali di comunità) oltre non avere le gambe su cui camminare, non mostra alcuna integrazione e rapporto con l’ospedale, lasciando intravedere la concreta possibilità che ogni struttura sanitaria vada per la propria strada e possa determinare ulteriori difficoltà per i cittadini, che non saranno in grado di capire dove, come e a chi rivolgersi.

Ad aumentare la preoccupazione, sembra che nessuno dei nostri politici si sia accorto che il documento di programmazione finanziaria (DEF) prevede una prossima contrazione delle risorse da destinare alle sanità regionali, tra l’altro già in deficit di 4 miliardi a causa delle spese sostenute a causa del covid.

Basterebbero questi dati per imporre qualche riflessione sulla gestione della Sanità pubblica e magari per indagare, anche a livello locale, quali siano la situazione della realtà sanitaria, le sue esigenze, le sue necessità. Purtroppo non è così, visto che, ad esempio, si afferma che nel territorio che va da Spino d’Adda ai confini con il Veronese i maschi si ammalano di tumore più o meno come nel resto del Nord Italia, ma muoiono molto di più. Destino condiviso anche dalle femmine, che però presentano anche un’incidenza maggiore di tumori.  Il guaio è che tutto si ferma qui, senza alcuna analisi di dettaglio e senza che nessuno verifichi se esistono condizioni ambientali particolari, ad esempio se l’aria eccellente e salubre che i cremonesi sono costretti a respirare è di grande giovamento alla loro salute oppure no. Insomma, visto che i risultati della gestione della Sanità pubblica sono sotto gli occhi di tutti e che nessuno riesce a conoscere e tantomeno a verificare i dati necessari per un monitoraggio dello stato di salute della popolazione, come è possibile affrontarne i problemi? In un contesto che richiama “il nulla che avanza”, parlare di aspetti analitici e di programmazione sanitaria sembra del tutto fuori luogo, sempre che non si intenda spacciare per programmazione l’erigendo nuovo ospedalino di Cremona. Continua a sfuggire infatti la comprensione di cosa e a chi dovrà servire, anche perché non esiste alcuno studio sulla situazione sanitaria reale del nostro territorio.  Non si comprende se ed in che modo servirà ad abbattere le liste d’attesa, anche perché ad un numero di posti letto ridotto dovrebbe corrispondere una diminuzione dei servizi e del personale. Neppure si capisce come la nuova piccola struttura potrà coordinarsi con le strutture del territorio (Case e Ospedali di Comunità), anche perché nulla si conosce ancora sul ruolo svolto dai medici di medicina generale.

Insomma, sembra proprio che la programmazione sanitaria sia limitata ad un gagliardo e tangibile sostegno all’edilizia, tra cui il nuovo ospedalino di Cremona rappresenta forse la ciliegina anemica su di una torta ammuffita: come riuscirà il nuovo ospedale piccino picciò a soddisfare le esigenze sanitarie dalla popolazione cremonese? Per intanto, tra liste di attesa, Ferragosto senza Guardia Medica, il West Nile virus e le zanzare (ma provvedere alla disinfestazione, no?) a rasserenare gli animi dei pochi cremonesi preoccupati, va sottolineata la meritoria iniziativa di sanità pubblica per favorire le passeggiate in gruppo e all’aperto delle persone anziane. Un progetto da sostenere a spada tratta, ma che non considera il fatto che spesso, per diventare anziano, bisogna sopravvivere alla vita ed alle malattie e che con questi chiari di luna tale prospettiva sembra farsi sempre più remota.

 

Pietro Cavalli

2 risposte

  1. Un grazie sincero al dottor Cavalli, perché con competenza e passione ci informa del disastro della “nostra” sanità, mentre la politica si interessa purtroppo, della spartizione delle poltrone.

  2. Chiedo, possibile che nessuno contrasti la decisione dell’ospedalino e non intervenga per un potenziamento della struttura già esistente con adeguamento di medici e infermieri? Cosa servono muri nuovi se non c’è una assistenza adeguata alle necessità territoriali? Uno schifo!

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