Ospedale, contano più le persone della struttura

4 Marzo 2021

Contano le strutture, ma sono gli uomini a fare la differenza. Il finanziamento del nuovo ospedale di Cremona per 300 milioni di euro, annunciato dall’assessore regionale al welfare Letizia Moratti e con toni trionfali dal direttore generale dell’Azienda Giuseppe Rossi, non risolve il problema di fondo del Maggiore: l’esodo dei camici bianchi. La professionalità del personale e la sua valorizzazione sono essenziali in ogni ambiente di lavoro. Nell’ambito sanitario tali requisiti assumono importanza massima in virtù del rapporto fiduciario tra medico e paziente. E’ una verità lapalissiana, ma ignorata quando altre motivazioni, perlopiù di ordine politico, prendono inopinatamente il sopravvento. Da tempo nel nosocomio cittadino si registrano dimissioni di responsabili di reparti, abbandoni che appaiono inspiegabili ai non addetti. Ma le voci di un disagio diffuso a più livelli corrono all’interno e si propagano all’esterno. Diventano di dominio pubblico e suscitano sconcerto tra la gente perché l’ospedale è molto più di un luogo di assistenza e cura. E’ il punto di riferimento di una comunità e il suo impoverimento sotto il profilo delle professionalità danneggia l’intero territorio.

Ben vengano l’ammodernamento e il potenziamento strutturale, necessari dopo mezzo secolo di onorato servizio di un complesso che oggi denuncia limiti e inadeguatezza. Ma è più importante conservare un organico di medici e infermieri preparati e motivati.

La relazione sulle performance ospedaliere del 2019, presentata lo scorso luglio, sottolineava numerose criticità, a partire dalla carenza del personale. In Anestesia mancavano 14 unità e questo deficit provocava la contrazione delle sedute operatorie. Il che ha generato una grave situazione nel reparto e un forte calo di attività. In quella stessa relazione sulla situazione generale del 2019 si evidenziavano anche difficoltà nel ricambio di responsabili di unità operative complesse, tra le quali Otorinolaringoiatria.                                                                     Sempre due anni fa si è assistito al ridimensionamento di Cardiologia col taglio di 20 posti. Medici di lungo corso se ne sono andati anticipando la pensione o per svolgere la professione privata.

Carenze si registravano anche in Ortopedia: nel 2019 si era dimesso il direttore dell’Unità operativa Piero Budassi, seguito da quattro specialisti. Una vera e propria fuga. Stesso percorso ha fatto Antonio Cuzzoli, primario dal 2014 e artefice dell’attuale struttura di Medicina d’urgenza, una realtà da mille dimissioni di pazienti l’anno e tremila osservazioni brevi con 14 posti letto.

Massimo clamore e una vera e propria sollevazione popolare con flashmob e raccolta di firme ha provocato la chiusura del reparto Utin, Unità di terapia intensiva neonatale.

E veniamo ai giorni scorsi. Tre stimate professioniste della Radiologia ospedaliera, specialiste in senologia, hanno annunciato a febbraio l’abbandono dell’ospedale, creando un vuoto di medici in un reparto multidisciplinare come la Breast Unit. Si sono dimesse Maria Bodini, già trasferita alla Poliambulanza di Brescia, Angela Tira e Maria Cristina Marenzi che approdano a strutture private. Da un anno Allevi ha lasciato l’Unità multidisciplinare di patologia mammaria per la pensione  e a effettuare visite e interventi sono rimasti i medici Aguggini, Azzini e il responsabile Daniele Generali. L’emergenza dovuta al Covid 19 ha reso problematico il reperimento di sostituti.

La Breast Unit venne costituita da Alberto Bottini in un territorio ad alta incidenza di tumore alla mammella. Nell’ultimo anno ci sono stati rallentamenti dell’attività causati dall’emergenza sanitaria, ma la Breast Unit non ha mai smesso di funzionare. Non dimentichiamo che l’Unità operativa multidisciplinare di patologia mammaria e ricerca traslazionale diretta da Generali è un’eccellenza dell’ospedale di Cremona: sta rinnovando la certificazione Eusoma, la rete europea delle breast unit che soddisfano determinati livelli di qualità, multidisciplinarità e numero di interventi. Quella di Cremona è una delle 18 accreditate in Italia.

Si investe nella costruzione di un nuovo ospedale, anche se in questo momento è prioritario rilanciare la medicina del territorio, che in Lombardia è ridotta al lumicino come hanno drammaticamente messo in luce le carenze e i ritardi nell’affrontare l’epidemia del coronavirus. I cospicui finanziamenti ai privati hanno impoverito la sanità pubblica. Urge porre rimedio ai danni fatti, cambiando radicalmente la politica sanitaria regionale. Ma i primi passi di Letizia Moratti non fanno ben sperare. Tanto più che il ritorno di immagine per i politici che sostengono il progetto di un nuovo nosocomio è di gran lunga superiore al ripristino di una medicina del territorio efficiente.

Ad una conviviale rotariana, lo scorso settembre il direttore Giuseppe Rossi ha teorizzato la necessità che nel limite del possibile i dirigenti di un ospedale provengano da strutture esterne per potere espletare al meglio le funzioni direttive. Disse anche che i medici che se n’erano andati da Cremona erano stati sostituiti da altri migliori di loro. Il che è tutto da dimostrare

2 risposte

  1. Egr. Direttore,
    chiedo ospitalità nella sua rubrica per esprimere un mio punto di vista.
    Rammentiamo tutti la caduta della prima Repubblica con l’evento dello scandalo del Sig. Chiesa per tangenti legate al Pio albergo Trivulzio, a seguire la seconda Repubblica e così via.
    Tanti politici a tutti i livelli di investitura partitica e di tutti i partiti sono stati coinvolti in queste nefandezze e porcherie. Per un po’ questi presunti onesti cittadini non si fecero più vedere in giro. Pensai che si vergognassero della brutta figura fatta, mi sbagliavo.
    Il mese scorso nel guardare una delle tante tribune politiche
    televisive, (una volta spiccava la signorilità, la cultura, sia dei politici e dei moderatori, uno su tutti Ugo Zatterin,) ho sentito nominare Paolo Cirino Pomicino. Che vergogna! Rammento quando pomposamente come vice ministro della sanità riuscì a tacitare con pochi denari il personale paramedico in sciopero dopo 5 anni di scadenza del contratto.
    Ma nooo., impossibile! Ma questi Politici definiti all’epoca “cavalli di razza”, quante vite hanno, dico io!
    Mi torna alla mente il cosiddetto statista per eccellenza : alto, grosso, calvo con una bionda al suo fianco, l’attrice Sandra Milo che tranquillamente, senza colpo ferire, nella trasmissione domenicale condotta da zia Mara affermò che il suo beneamato statista, inventore del motto “le convergenze parallele” era abitudinario sommergerla di garofani rossi.
    Andando a trovare i miei cari defunti vidi una signora anziana che piangeva, alla mia domanda se avesse bisogno di qualcosa mi rispose : “i fiur i custa trop al de d’incoo”….a buon intenditore poche parole.
    Un altro esempio di quanto la politica possa interferire nella gestione dei reparti e modificare un indirizzo di eccellenza ( tipo terapie intensive neonatale)in reparto valido ma senza picchi di prestazioni.
    Condivido appieno quando nel su articolo evidenzia un malcostume di tipo programmatico: io ricordo infatti quando anni fa la Direzione Generale ospedaliera decise, per motivi di riordino e snellezza procedurale, di spostare dal terzo piano al settimo corpo A il reparto di terapie intensive.
    La decisione fu presa nonostante il parere contrario degli addetti ai lavori e tutto perché sacrificato a non so quale potere politico.

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