Ospedale, tumore al cervello rimosso a paziente sveglio

21 Dicembre 2023

IN SALA OPERATORIA SUONA LE PERCUSSIONI AL RITMO DEI BLUES BROTHERS

E CHIEDE: «POSSO CONTINUARE ALTRI DIECI MINUTI?»

Per il buon esito dell’intervento è stata fondamentale la collaborazione fra neurochirurghi, neuroradiologi, anestesista e neuropsicologa.

 Qualche giorno fa, l’équipe di Neurochirurgia dell’Ospedale di Cremona, diretta da Antonio Fioravanti, ha eseguito il 65° intervento complesso di «chirurgia da sveglio». Il paziente – 39 anni, Fisico criogenico, ricercatore a Barcellona – sta bene. Seduto sul letto dell’ospedale, gambe incrociate, non si capacita di quello che è accaduto: «Mi fa impressione pensare che qualcuno abbia toccato il mio cervello, il luogo dei pensieri, dei sentimenti e della memoria; una specie di organo sacro, ben protetto nella sua scatola cranica».

FAR SUONARE IL PAZIENTE IN SALA OPERATORIA È STATO CLINICAMENTE DECISIVO

Dell’intervento Sergio ricorda poco: la preparazione, il momento dell’anestesia e un sapore cattivo in bocca. I medici che lo chiamano per nome mentre è “sotto i ferri”, il risveglio e l’occhio destro che non si apre bene. In sala operatoria riconosce la musica di sottofondo che ha scelto e, su indicazione dei sanitari, inizia a tenere il ritmo, con gesti fluidi e precisi, battendo su due piccoli tamburi recuperati per l’occasione.

Alle sue spalle, i chirurghi stanno ultimando le manovre per rimuovere un grosso tumore dall’Insula, «Un’area molto delicata del cervello da cui dipendono funzioni importanti come il linguaggio, il movimento e la creatività. Per questo – spiega Fioravanti – far suonare il paziente durante l’operazione è stato clinicamente decisivo».

«CONTENTO DI TORNARE A CASA PER NATALE»

Sergio, che sino a qualche anno fa suonava la batteria, racconta: «Mai avrei pensato di esibirmi in sala operatoria in una condizione così difficile, mi sembrava di vivere dentro un sogno». Quando i chirurghi gli hanno chiesto di smettere, ha rilanciato: «Posso suonare ancora 10 minuti?».

Tutto è andato per il meglio, «Sono sorpreso di essermi potuto alzare subito dal letto, parlo normalmente, le mie mani si muovono come voglio. So che mi attendono cicli di terapie, ma sono molto contento di tornare a casa per Natale e stare con la mia famiglia che mi è stata di grande conforto».

HO SCELTO DI «METTERE LA MIA VITA IN BUONE MANI»

La diagnosi di Glioma (a basso grado) è arrivata il 10 novembre scorso, dopo alcuni accertamenti fatti in un ospedale di Barcellona, in seguito a improvvise crisi epilettiche. Da quel momento ci sono stati due consulti in Spagna (dove Sergio vive da otto anni) e uno in Italia, poi la visita in telemedicina con la Neurochirurgia di Cremona e la scelta: «Quando ho incontrato il dottor Fioravanti ho deciso. La sua umanità, le spiegazioni cliniche accurate e rassicuranti rispetto alle possibilità di riuscita dell’intervento, i tempi brevi prospettati, mi hanno subito convinto. Affrontare un’operazione come questa spaventa, ma non l’ho vissuta come una violazione del corpo, anzi. È stato come mettere la mia vita in buone mani. La paura c’è ed è grande, ti segna», dice Sergio, che aggiunge: «Ho deciso di fidarmi ciecamente dei medici e della scienza; ho accettato quello che mi stava accadendo e reagito di conseguenza. A una persona che si trova nella mia situazione direi di non scoraggiarsi, se non affronti l’intervento poi non lo racconti!».

«CHIRUGIA DA SVEGLIO», TECNICA SOFISTICATA

«La chirurgia da sveglio, praticata all’Ospedale di Cremona da cinque anni – spiega Fioravanti – è una metodica molto sofisticata che consente di dialogare e interagire con il paziente durante l’operazione. Questo garantisce una specie di doppio controllo in tempo reale rispetto all’andamento dell’intervento che, nel caso specifico, era molto complesso. Sergio, infatti, oltre ad essere un giovane uomo, è ambidestro e bilingue: riuscire a preservare entrambe le funzioni (linguaggio e movimento) era il nostro obiettivo». Per raggiungerlo oltre all’interazione fra medico e paziente «In sala operatoria abbiamo utilizzato anche il “navigatore”, una guida di massima precisione che, insieme alla fluorescenza (tecnica che colora le cellule tumorali) ci ha aiutato circoscrivere l’area da rimuovere e creare le migliori condizioni per mantenere integre le sue abilità», spiega Fioravanti.

La chirurgia da sveglio è una tecnica molto coinvolgente, «Si crea una relazione simbiotica con il paziente, ogni volta è un’emozione diversa. Mentre parlavo con Sergio e lui rispondeva, muoveva le mani, suonava, mi rendevo conto dell’andamento dell’intervento, è difficile spiegare cosa ho provato in quel momento», conclude soddisfatto Fioravanti.

QUESTA CHIRURGIA NON È PER TUTTI.

FONDAMENTALE LA PREPARAZIONE CON LA NEUROPSICOLOGA E L’ANESTESISTA

«Non tutti pazienti sono candidabili alla “chirurgia da sveglio”, ci vuole una certa attitudine psicologica e cognitiva, un buon controllo dell’ansia, delle emozioni e dello stress», afferma Sara Subacchi (Neuropsicologa). «Nei giorni che precedono l’ingresso in sala operatoria il paziente viene preparato attraverso la simulazione di quello che accadrà: la postura da tenere, il momento del risveglio, i test a cui verrà sottoposto. Non ci devono essere sorprese», spiega Subacchi. «Nel caso di Sergio la preparazione ha previsto anche l’uso delle percussioni, un elemento a lui familiare, che lo ha aiutato a restare calmo e concentrato. La sua performance durante l’intervento è stata fondamentale per valutare sua capacità di muovere le mani, di tenere il ritmo in modo coordinato, di misurare la forza e molti altri aspetti».

La responsabile della Neuroanestesia, Elena Grappa aggiunge: «Sergio sì è dimostrato una persona lucida, molto razionale, pacata. Per questo è stato possibile intraprendere un simile percorso. In questi casi, il paziente viene addormentato con una tecnica anestesiologica particolare che contempla la necessità di poterlo risvegliare, al momento opportuno, con la massima tranquillità. La fase da sveglio è la più delicata, richiede il continuo monitoraggio dei parametri, la gestione dei tempi. Con Sergio tutto è stato calibrato in modo ottimale e lui è stato decisamente collaborativo».

PRIMA DELL’INTERVENTO, I NEURORADIOLOGI DISEGNANO LA MAPPA DEL CERVELLO A COLORI

«La Neuroradiologia offre alcune informazioni fondamentali per il Neurochirurgo attraverso l’utilizzo di tecniche funzionali», spiega Claudia Ambrosi (Direttore della Neuroradiologia). Ad esempio, «La Risonanza Magnetica è in grado di rilevare le aree cerebrali che consumano maggiormente ossigeno (e che quindi sono più attive) mentre un soggetto esegue determinati compiti; in questo modo è possibile ricostruire mappe a colori delle aree eloquenti della corteccia cerebrale che il neurochirurgo può vedere sul navigatore mentre opera, per evitare di danneggiarle».

Sergio è stato quindi sottoposto a due test specifici: «Abbiamo eseguito un test di produzione verbale, sia in italiano che in inglese, mappando le principali aree del linguaggio. Il secondo test era di tipo motorio, mediante esecuzione di movimenti fini delle dita, per tracciare, in modo analogo, la mappa dell’area motoria», conclude Ambrosi.

L’EQUIPE IN SALA OPERATORIA

Al fianco del dottor Antonio Fioravanti c’erano: Carmine D’Onofrio (Neurochirurgo), Ettore Bresciani (Specializzando in neurochirurgia), Elena Grappa (Neuroanestesista), Sara Subacchi (Neuropsicologa), Sara Erico e Marina Cusumano (Infermieri strumentisti), Erica Maestri (Infermiera di sala), Laura Carini e Galelli Beatrice (Nurse d’anestesia), Valentina Lanza e Chiara Castellazzi (Tecnici di neurofisiologia).

 

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