Perché gli adolescenti stanno male? Dialogo il 24 al Filo

22 Ottobre 2023

Martedì 24 ottobre 2023, ore 17, il cinema Teatro Filo di Cremona ospiterà un incontro a ingresso libero sul tema «Vicino agli adolescenti. Dialogo sull’amicizia, il disagio giovanile e la fragilità degli adulti». Questo è il titolo della proiezione-dibattito. L’iniziativa è promossa dal Consultorio di Cremona e dall’Ufficio comunicazione e relazioni esterne dell’Asst Cremona, con il patrocinio del Comune di Cremona. Il programma prevede la proiezione del film «Close» di Lukas Dhont e l’intervento di Antonio Piotti, filosofo, psicoterapeuta e docente di prevenzione e trattamento delle condotte autolesive e del tentato suicidio in adolescenza (Alta scuola di psicoterapia psicoanalitica dell’adolescenza e del giovane adulto, l’Istituto Minotauro di Milano).

Per l’Asst di Cremona saranno presenti Paola Mosa (direttore socio sanitario), Enrica Ronca (responsabile Consultorio di Cremona) e Fabio Santini (Educatore professionale sanitario).

  «Il disagio adolescenziale è un tema centrale del nostro tempo, parlarne attraverso l’esperienza di un professionista come Antonio Piotti e il supporto del linguaggio cinematografico, offrirà l’occasione per provare a comprendere le ragioni di questo malessere così pervasivo. Sempre di più, il compito di chi si occupa di comunicazione in un luogo di cura è creare spazi di incontro e confronto fra operatori e cittadini per provare a capire cosa sta accadendo e cosa si può fare per stare meglio; soprattutto come, quando e a chi chiedere aiuto» spiega Stefania Mattioli (curatrice dell’iniziativa e responsabile Comunicazione e relazioni esterne Asst di Cremona).

LA DIFFICOLTÀ È DI TUTTI, SBAGLIATO CERCARE COLPEVOLI

La complessità del mondo mette in crisi i giovani, ma anche gli adulti.

A domanda risponde Antonio Piotti

Gli esiti della ricerca «La salute mentale conta», condotta dall’Unicef nel 2022 sugli adolescenti, ha messo in evidenza che il 61% del campione intervistato si sente angosciato. In sostanza 6 ragazzi su 10 manifestano sentimenti negativi e uno stato di ansia costante. Professor Piotti, perché gli adolescenti stanno male?

«Le difficoltà che coinvolgono la Generazione Z sono molte e diverse fra loro. Alcune appartengono al normale passaggio dall’infanzia all’adolescenza e riguardano la gestione del sé, del corpo che cambia. Altre sono determinate dal narcisismo che caratterizza la nostra epoca: il bisogno di apparire e di essere performanti. Poi c’è il confronto fra pari, con il gruppo e una certa liquidità di genere, elementi che possono originare insicurezza. Per certi aspetti, viviamo un tempo di grande libertà che di contro favorisce l’incertezza e una difficoltà a definire l’identità. Questo è uno dei temi trattati nel film “Close” che vedremo insieme martedì 24 ottobre al cinema Filo».

Un altro fattore di malessere può ritenersi legato alla crisi della speranza?

«Sicuramente. La generazione bei boomers, in passato, si è affacciata a un mondo pieno di futuro, il progresso inarrestabile sembrava garantire certezze e benessere. I ragazzi e le ragazze di oggi, invece, pensano ad un futuro con poche speranze, quasi catastrofico. La prospettiva è quella di vivere una vita attraversata dal rischio del fallimento, dall’insuccesso. I fattori scatenanti del malessere dei giovani non sono solo psicologici, ma anche sociologici».

In tutto questo, quali sono secondo lei le responsabilità degli adulti, ammesso che ci siano?

«Anzitutto quando si parla di adulti è necessario distinguere se si intende decisori politici, economici oppure genitori, educatori, insegnanti. In ogni caso è difficile individuare una responsabilità adulta, qui non si tratta di cercare colpevoli: penso che la difficoltà sia di tutti. Oggi è difficile essere giovani, ma è difficile essere padri, insegnanti, educatori. Le questioni che pone l’adolescenza mettono in crisi anche i grandi, non possiamo incolparli per questo. Dentro a un mondo sempre più complesso, fatto di pandemia, guerre, crisi economica, cambiamento climatico, si fa fatica ad assumere un ruolo di guida per adolescenti confusi, senza punti di riferimento, ma non dipende dal singolo adulto. Nel film, ad esempio, gli adulti non sono cattivi, freddi, insensibili, disattenti. Anzi. Semplicemente non sanno bene come prendere la faccenda, non sanno cosa fare».

Oggi le relazioni degli adolescenti sono prevalentemente fondate sulla prestazione (scolastica, sportiva, relazionale): in che misura questo ha ripercussioni negative sul loro benessere psicofisico?

«Anche qui è importante distinguere fra la richiesta di prestazioni sociali (elevate e meno elevate) e il vissuto prestazionale individuale. Per intenderci, i genitori non chiedono ai figli di essere perfetti, sono gli adolescenti che vogliono essere perfetti. La scuola, seppur fondata su un sistema di valutazione, non chiede ai ragazzi la perfezione. Il problema è di natura mass mediale; è l’espressione di una cultura che spinge a desiderare sempre il massimo, lasciando un individuo deluso ogni volta che non lo raggiunge. In sintesi, non è la società o il sistema a fare richieste assolute, sono gli individui che chiedono a sé stessi di essere sempre al massimo».

 Lei ha affermato che un adolescente oggi «non vuole essere solo bello/bella, ma molto bello/bella; non gli basta essere felice, vuole essere molto felice». È davvero così?

«Penso che il vero problema stia nella difficoltà ad accettare il fallimento. Se vogliamo individuare una responsabilità adulta è nella resistenza a educare i giovani alla sconfitta. Un atteggiamento troppo protettivo da parte dei genitori può rendere i figli più fragili».

La vita si svolge in larga misura online, internet è davvero la causa di tutti i mali?

«Internet non è la causa ma la conseguenza, in fondo è solo uno strumento. È vero, i ragazzi vivono in rete, ma di per sé non è un male, bensì una possibilità di incontro, conoscenza, cultura, gioco e svago. Il problema può nascere quando diventa un luogo alternativo alla vita reale, intendo la vita in cui oltre al corpo immaginario è richiesta la presenza del corpo in carne e ossa. Nei soggetti più fragili internet funziona come compensazione: in rete si fa quello che non si fa altrove. Se le relazioni sono solo immaginarie può risultare difficile accettare il proprio corpo reale».

Close è un film che parla di un forte sentimento di amicizia fra Léo e Rémi del loro percorso di crescita che deve fare i conti con l’identità, il pregiudizio e il giudizio degli altri. Perché questo film è importante e a chi consiglierebbe di vederlo?

«La questione fondamentale di “Close” di Lukas Dhont, come del resto di “Girl” il suo film precedente, è quella dell’acquisizione dell’identità, in questo caso maschile. Penso che il vero tema sia la crisi e la difficoltà del genere maschile. In tal senso è un film importantissimo perché acuto, profondo, critico. L’aspetto interessante è legato all’originalità del soggetto, di solito la narrativa si concentra sul femminile, qui si parla della difficoltà di diventare maschio. La visione è consigliata a tutte le persone che desiderano fare un viaggio, anche doloroso, negli accadimenti possibili della vita e capirne le diverse sfaccettature, l’intensità emotiva e gli aspetti psicologici».

 «CLOSE», UN FILM DA NON PERDERE

Vincitore del Gran prix speciale della giuria al festival di Cannes (2022), ha ricevuto otto nomination nei concorsi più prestigiosi del mondo: Oscar, Golden globe, Césare e European film awards.

Regia: Lukas Dhont

Léo e Rémi (Eden Dambrine e Gustav de Waele) hanno tredici anni e un’amicizia profonda. Sono abituati a dimostrarsi affetto in pubblico, senza preoccuparsi di cosa possa pensare chi li osserva. Tutto cambia quando un giorno una compagna di scuola chiede loro se sono una coppia, di fronte all’intera classe. Léo specifica che sono solo amici, come fratelli, ma quell’episodio lascia un segno profondo sul loro rapporto: inizia ad evitare l’amico, timoroso dello sguardo altrui. Rémi si sente ferito e non riesce a capire il vero motivo di questo cambiamento. Léo si troverà presto a fare i conti con questa situazione, quando la sua vita sarà colpita da una tragedia inaspettata, che lo porterà a riaffrontare la scelta fatta.

(Durata: 105 minuti).

Una risposta

  1. Immagino la necessità di supporto psicologico dei giovani dell’ Ucraina, della Palestina e di Israele, senza contare gli adolescenti sopravvissuti ai barconi nel Mediterraneo. Noi invece ci preoccupiamo dei poveri cagnolini e di ragazzini viziati da genitori che giocano a fare gli amici e menano i professori per un voto considerato ingiusto.

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