Piante a rischio a Cremona, errori e come evitare danni a cose e persone

29 Settembre 2023

Esaminati brevemente i disastri arborei dell’estate 2022 a Cremona, è consequenziale valutare la
situazione attuale, in quanto a pericolo/rischio delle piante rimaste in piedi. Che cosa dobbiamo aspettarci rispetto ad una nuova tempesta che dovesse colpire la città, ma anche in condizioni di apparente normalità? Mentre pensavo a quest’articolo, mi capitava di leggere l’annuncio da parte del Comune di Cremona dell’avvio di un monitoraggio da parte di uno staff di agronomi, dello stato di salute delle piante cittadine. Obiezione: il monitoraggio dovrebbe essere continuo, permanente, anche perché basta un singolo evento per trasformare una pianta sana in una a rischio. Purtroppo il tema è vastissimo, e pertanto mi toccherà limitarmi ad alcuni aspetti, in particolare ad uno dei più controversi: l’inclinazione delle piante. Certamente a vedere l’inclinazione di questa Robinia pseudoacacia L. In via Cavalieri di Vittorio Veneto (foto 1), in una delle zone più devastate dalla tempesta, viene qualche brivido all’idea di passarci a fianco
in macchina. Eppure alla tempesta la pianta è sopravvissuta!!

Lo stesso dicasi per quest’altra in via Massarotti, presso l’Ocrim (foto 2) . E per quest’altra ancora, poco più su verso il passaggio a livello (foto 3). Tant’è che istintivamente tendo a spostarmi verso il centro della carreggiata, quando percorro la via in discesa in questo tratto. Ma quanto realistici sono questi timori?

Premesso che anche alberi sani ed apparentemente “normoconformati” possono cedere
improvvisamente, non tutte le inclinazioni, anche vistose, sono ritenute pericolose. Il 7 giugno 2021 comparve la notizia di una campagna allarmistica a Genova sull’inclinazione di certi
pini, in particolare d’Aleppo (Pinus halepensis Mill.). Questo pino, tuttavia, essendo un albero pioniere, di prima linea delle scogliere a picco sul mare e quindi particolarmente esposte alle burrasche, deve necessariamente inclinarsi e contorcersi assumendo la forma che più gli consente di resistere alle intemperie. Paradossalmente, quindi, un pino diritto in quelle condizioni durerebbe senz’altro meno; le esigenze di sopravvivenza pertanto condizionano la forma, l’aspetto e non viceversa, anche se è risaputo che la forma a cui tendono “normalmente” gli alberi è quella con i fusti eretti e le chiome variamente conformate a seconda della specie, quella che meglio consente in linea generale la migliore distribuzione delle energie che si scaricano sulla pianta, comprese le opposte forze gravitazionali, la migliore stabilità ed anche la maggior acquisizione della luce solare.

Ne deriva che l’immagine dell’albero perfettamente diritto è una pura utopia, forse riproducibile solo nei vivai, ma certamente alberi che crescono storti anziché diritti qualche problema in più degli altri ce l’hanno. Il 5 novembre 2019 si segnalò a Pisa l’avvio del taglio di tre pini nella centrale piazza Toniolo, per un’anomala inclinazione che avrebbe potuto cagionare danni a mezzi e persone essendo quella una zona centrale molto trafficata.

A proposito di “anomalie”, è la comparsa di una repentina, improvvisa modificazione dell’assetto di una pianta che deve allarmare e portare con maggior celerità all’abbattimento di un albero o di parti di esso perché indice di un grave cedimento dell’apparato radicale. A Palermo, nel maggio scorso 2023, l’Ordine degli agronomi segnalò che lo schianto di un pino in via Crispi a causa del maltempo si poteva evitare se si fosse eseguito un monitoraggio frequente delle alberature, che riguarda anche i mutamenti dell’ambiente circostante. Non si trattava del senno di poi; bastava cogliere i segnali di un crollo imminente: nell’area erano stati fatti degli scavi, la falda idrica era molto superficiale e alla base della pianta c’era stata una repentina rotazione della zolla basale. Limitatamente all’inclinazione, si ritiene tanto più pericolosa una pianta, quanto più il baricentro del tronco si situa al di fuori della base del tronco stesso, e quando l’angolo di inclinazione supera i 15/20 gradi.

Ma sono ammesse inclinazioni maggiori quando la pianta, in apparente buono stato, presenta validi sistemi di rinforzo, quali robuste radici che funzionano come corde che la tengono in trazione, o legni di supporto, che le permettono di ampliare la base di ancoraggio al terreno, o infine costolature che provvedono a rinforzare il tronco stesso. Ma fino a che punto possiamo essere sicuri, soprattutto rispetto ad eventi estremi?

A considerare questa pianta in via Chiese (foto 4 e 5) ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli, vista l’inclinazione e le condizioni generali, le ampie decorticazioni (foto 6) , che fanno pensare ad una pianta molto decaduta e quindi particolarmente a rischio, tant’è che a vedere le immagini mi sembrava che la pianta stesse in piedi grazie alla macchina, la seconda, appoggiandosi ad essa.
A proposito di appoggio, guardate quest’altro grande albero su dove gravita! (foto 7 ). Su un’altra pianta mettendo a repentaglio il suo delicato equilibrio. Una situazione ad elevato rischio a mio avviso, e dove ci troviamo? Nientemeno che in pieno centro e cioè su un lato dei giardini pubblici di piazza Roma, verso via Manzoni. Incredibile che sia ancora lì!

In via Piave, di fronte all’edificio della Guardia di Finanza, un’altra robinia facente parte di un’area arborea particolarmente vecchia e malandata, presenta una severa inclinazione. (foto 8). Vista dalla parte opposta (foto 9), più che ad una potatura maldestra vien da pensare ad un enorme sfregio, fatto laddove cresceva un fungo della carie tanto bello quanto dannoso, il Laetiporus sulphureum (Bull.: Fr.) .(foto 10 effettuata recentemente su altra pianta vicina).
Non basta togliere la parte infestata, ammesso che non fosse poi stata danneggiata dalla tempesta o da altri eventi, per considerare la pianta sicura; quella robinia rimane comunque e vistosamente pericolante e quindi a rischio per chi transita nei pressi.

In via Caudana, infine, un altro albero di un boschetto incomprensibilmente devastato dall’uomo (foto 11), appare fortemente sbilanciato a causa anche dell’edera che lo sovrasta per ampi tratti e che sappiamo essere uno dei maggiori fattori di destabilizzazione naturale delle piante.. Anche a far seccare l’edera alla base, difficilmente questa pianta reggerà a lungo. Questa a mio avviso è la situazione di moltissime piante nel territorio comunale, che richiederebbero pertanto urgenti interventi di manutenzione/demolizione.

A conclusione, non rimane che citare il Codice Civile. Secondo l’articolo 2051 (danno cagionato da cose in custodia), delle piante schiantate a terra risponde il proprietario che non ha vigilato sul loro stato di salute, salvo caso fortuito, comprensivo anche della causa di forza maggiore.
Ne è esclusa la responsabilità quindi per eventi dalle caratteristiche di imprevedibilità e di eccezionalità, ovvero eventi meteorici di straordinaria intensità non preceduti da attendibili previsioni.

Ebbene il fusto inclinato viene considerato come una forte alterazione strutturale o sanitaria e
pertanto non rientra nella casistica imputabile a caso fortuito (cosedicasa.com) per cui la sua presenza dimostra la responsabilità del custode (pubblico o privato) in caso di danni a terzi.
Considerato questo ed anche che i cosiddetti eventi meteorici eccezionali stanno diventando sempre meno eccezionali, non tanto come frequenza quanto come violenza, (ne è bastato uno solo lo scorso anno per abbattere 300 piante!!) e quindi che rientrano sempre meno nella fattispecie del caso fortuito, è evidente anche a titolo puramente cautelativo che i criteri di salvaguardia arborea, limitatamente almeno alle vie alberate e trafficate, le piazze cittadine, i parchi pubblici ampiamente usufruiti, vadano rivisti al “ribasso”, dispiace dirlo, ammesso che non ci siano altre soluzioni conservative, laddove almeno l’evenienza di un possibile crollo possa ragionevolmente e facilmente cagionare danni a cose o persone in sosta o in transito.

Certamente a ciò si sarebbe potuto in tanti casi ovviare se ci fosse stata sempre ed ovunque un’adeguata manutenzione, ma è anche evidente che rispetto a tempeste per le quali anche gli alberi i più sani e vigorosi possibili sono costretti a capitolare, non si può disalberare un’intera città.

 

Stefano Araldi

5 risposte

  1. Data la mia ignoranza in materia, mi limito a dire che l’articolo è “pericolosamente” bello e istruttivo, come bella è la parte iconografica. Mi auguro, come sempre e non solo per questa interessante indagine, che il messaggio raggiunga chi di dovere per evitare nuovi disastri che, da quel che capisco, si possono evitare.

  2. Articolo veramente interessante corredato da foto che rappresentano la situazione attuale di incuria del patrimonio arboreo della nostra città. È auspicabile che al più presto si adottino misure idonee a salvaguardare il benessere delle piante e, quindi, dei cittadini.

  3. Lavoro centrato.Purtroppo troppo spesso ci dimentichiamo che tutto ciò che è vivo richiede controllo e cure, probabilmente gli eventi estremi tenderanno ad aumentare poiché non ci decidiamo a fare cose concrete .

  4. Anche questa volta l’argomento è stato trattato con sensibilità e competenza. Probabilmente ciò che distingue l’autore da chi dovrebbe sorvegliare il patrimonio arboreo della città sta proprio nell’amore per la natura indipendente dal lavoro che si i svolge, l’ interesse personale a fronte del dovere professionale.

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